personaggio Lego con cicatrici

(Photo © by Pascal on flickr)

Le cicatrici, come trattarle oggi

La storia del trattamento delle cicatrici ha visto grandi evoluzioni negli ultimi anni: le tecniche oggi utilizzate presso la nostra struttura sono di ultimissima generazione. Per farvi capire meglio come affrontiamo il problema ci è sembrato utile realizzare questa piccola Guida alle Cicatrici.

Da cosa deriva il termine cicatrice?

L’origine latina Cicatrix, dalla radice Cingere – legare attorno – indica il significato della cicatrice, ovvero quello di connettere i tessuti circostanti, rimasti illesi o comunque in grado di partecipare alla guarigione della ferita.

La cicatrice è il tessuto fibroso che ripara le ferite e le perdite di sostanza dei tessuti e degli organi.

Il tessuto cicatriziale, infatti, si forma tutte le volte che si verifica un’interruzione della continuità della cute in seguito ad un evento patologico o traumatico.

Inevitabilmente le cicatrici lasciano sempre un segno più o meno evidente sulla pelle. Possono essere i segni lasciati dalla varicella, dall’acne durante l’adolescenza, oppure dai punti di sutura che sono stati praticati in seguito a delle brutte cadute o dopo essersi sottoposti ad interventi chirurgici.

Le cicatrici possono metterci a disagio, creandoci dei problemi di non accettazione del nostro aspetto a livello estetico, o addirittura comportare limitazioni funzionali per i movimenti.

immagini di cicatrici da acne
1A: Cicatrici atrofiche da acne sul volto di una giovane paziente B: La scomparsa delle cicatrici dopo un ciclo di 3 sedute laser CO2 frazionale

Come si presenta una cicatrice?

Dal punto di vista clinico la cicatrice si mostra con una superficie liscia, priva di peli, ghiandole sudoripare e solchi cutanei, di colore diverso rispetto al tessuto circostante.

La cicatrice può apparire piana, rilevata o infossata a seconda del processo che l’ha determinata.

Il tessuto cicatriziale non è identico al tessuto che sostituisce ed è sempre di qualità inferiore, non è un caso infatti che le cicatrici cutanee siano più sensibili ai raggi ultravioletti.

La prima considerazione da fare è che il processo cicatriziale non è un processo patologico, ma l’ultima fermata di un lungo percorso fisiologico che l’organismo compie verso la guarigione delle ferite.

La durata e ed il risultato di questo processo dipendono dalle dimensioni, dalla profondità della lesione, e soprattutto dall’origine di quest’ultima; quindi si rileva una notevole variabilità del tempo di cicatrizzazione, a seconda che sia una ferita traumatica più o meno contusa e sporca, di un’ustione elettrica, termica o chimica.

La cicatrizzazione non è uguale per tutti, in genere più la pelle è scura e la persona è giovane maggiori sono i rischi di una cicatrice antiestetica, brutta. Inoltre alcune zone del corpo cicatrizzano meno bene di altre (torace, sterno, dorso e articolazioni).

Le cicatrici sono tutte uguali?

Nel processo di cicatrizzazione si possono presentare alterazioni: per eccesso (cicatrice ipertrofica) o per difetto (cicatrice atrofica).

Nella cicatrice ipertrofica, il tessuto cicatriziale si forma in modo eccessivo rimanendo poi sempre rilevato e dolente.

Nella cicatrice atrofica, il tessuto che si forma è insufficiente e l’area assume un tipico aspetto depresso.

La cicatrice ipertrofica spesso viene scambiata per un cheloide, ma a differenza di questo il tessuto cicatriziale in esubero rimane all’interno dei confini della cicatrice che si presenta arrossata e rilevata; si può accompagnare ad una sintomatologia pruriginosa e talvolta a fastidio locale.

Che cos’è il cheloide?

Il termine cheloide deriva dai greci antichi che utilizzavano questo termine per la similitudine con la chela del granchio.

Si tratta di una crescita anormale di tessuto fibrotico che supera abbondantemente i margini della ferita iniziale, deformando la cute circostante; il cheloide infatti appare esteticamente estraneo alla zona anatomica dove è localizzato e comporta un forte senso di prurito e talvolta dolore.

Lo sterno, i lobuli dell’orecchio, le spalle e le guance sono le sedi più frequenti delle cicatrici cheloidee.

La formazione di un cheloide è più comune durante l’adolescenza e la gravidanza.

In alcune culture africane questa forma di guarigione eccessiva, esuberante, viene impiegata per creare dei disegni decorativi, simili a tatuaggi.

Il cheloide si manifesta come una abnorme cicatrice, rilevata, a superficie liscia e lucida spesso attraversata da grossi vasi sanguigni di colore rosso-violaceo. Inoltre col passare degli anni il cheloide può aumentare le sue dimensioni sviluppando proiezioni ed estroflessioni simili ad artigli.

Dal punto di vista psicologico il cheloide può determinare spiacevoli ripercussioni: il continuo bisogno di giustificazioni, il senso di inadeguatezza, il disagio e a volte la vergogna di chi non lo può nascondere.

Sono frequenti? E cosa li favoriscono?

La frequenza di cicatrici ipertrofiche e cheloidi è sostanzialmente sovrapponibile nel sesso maschile e femminile, mentre la prevalenza è nettamente più alta nella popolazione nera, ispanica ed asiatica rispetto ai caucasici; i principali fattori favorenti sono i seguenti:

  • Storia familiare di cicatrici ipertrofiche e cheloidi
  • Pigmentazione scura della pelle
  • Particolari regioni cutanee del corpo: regione deltoidea, tronco, lobi delle orecchie
  • Gravidanza
  • Adolescenza

Come si curano?

La gestione terapica delle cicatrici varia in rapporto al tipo di cicatrice o cheloide:

  • Massaggio ripetuto più volte al giorno
  • Compressione continua
  • Dermoabrasione
  • Trattamenti con basse dosi di radiazioni
  • I trattamenti chirurgici (non per i cheloidi) :
    Escissione intralesionale
    Escissione completa
  • Vitamina E
  • Lamine sottili di Silicone
  • Infiltrazione locale di Corticosteroidi
  • Crioterapia
  • Imiquimod al 5%
  • Infiltrazione locale di Verapamile
  • Infiltrazione locale di Fluorouracile
  • Infiltrazione locale di Bleomicina
  • Laser : Pulsed Dye Laser e Laser CO2 frazionale
  • Lipofilling

La gestione delle cicatrici/cheloidi fino ad oggi?

Tipicamente nei 4-6 mesi successivi alla formazione della cicatrice, viene spesso consigliato di applicare gel o fogli di silicone; il foglio di silicone sembra agire aumentando la temperatura cutanea locale, incrementando l’idratazione e la concentrazione di ossigeno, queste tre azioni possono rendere la cicatrice più morbida e piatta. L’effetto del silicone si è sempre però rivelato piuttosto modesto e spesso il suo impiego è derivato solamente dalla praticità della contemporanea azione di schermo solare fisico.

L’infiltrazione locale di corticosteroidi iniettati nel contesto della cicatrice esplica un’azione antinfiammatoria, antimitotica e vasocostrittrice, arrestando la trasformazione ipertrofica della cicatrice.

L’infiltrazione intralesionale viene fatta ogni 3 settimane, con una tecnica particolare che spesso si rivela difficoltosa per la dura consistenza della cicatrice o del cheloide. Il trattamento va proseguito per almeno 4-6 mesi e deve essere attentamente monitorato per evitare i classici effetti collaterali dei cortisonici quali atrofia cutanea, depressioni cutanee, ipopigmentazioni locali.

Approccio chirurgico: la sola chirurgia si è rivelata quasi sempre come un’arma perdente soprattutto nei confronti dei cheloidi per la comparsa di successive recidive cheloidee anche più invasive e mostruose delle pregresse lesioni.

Le sedute di radioterapia mirata, sebbene in mani esperte possano rappresentare una terapia efficace, espongono il paziente a radiazioni dannose per la propria cute (radiodermiti), e per gli organi sottostanti.

Alcune evidenze scientifiche hanno mostrato come terapie come l’applicazione di crema di Imiquimod al 5%, l’infiltrazione locale di Verapamile, di Fluorouracile o di Bleomicina, possono costituire trattamenti alternativi, anche se la scarsa praticità del loro utilizzo ne ha limitato molto la diffusione in ambito medico.

Il presente ed il futuro del trattamento delle cicatrici/cheloidi?

Ad oggi i sistemi laser rappresentano un mezzo sicuro per trattare questo tipo di lesioni, privo di possibili effetti indesiderati.

Il Pulsed Dye Laser (PDL) agisce in modo selettivo sull’emoglobina, molto presente nei vasi sanguigni; per questo motivo trova applicazione nel trattamento di tutte le lesioni vascolari superficiali (angiomi, angiocheratomi, etc) e di tante altre lesioni non vascolari ma comunque molto vascolarizzate (cicatrici ipertrofiche, cheloidi, verruche virali, sarcoma di Kaposi, psoriasi, carcinoma a cellule basali, etc).

L’azione selettiva sulla emoglobina determina la coagulazione degli stessi vasi sanguigni della cicatrice/cheloide senza creare effetti termici sui tessuti circostanti e quindi senza effetti collaterali.

La coagulazione dei vasi sanguigni comporta la ridotta fino a quasi assente perfusione ematica della stessa cicatrice/cheloide con conseguente ridotto apporto di ossigeno e nutrimento per la stessa, che in poco tempo si atrofizza fino quasi a scomparire.

Nella pratica clinica sono necessarie tre-quattro sedute a distanza di 30-40 giorni l’una dall’altra per ottenere risultati davvero sorprendenti.

Il trattamento è così poco doloroso da non richiedere neanche l’applicazione di anestetico locale, la sensazione avvertita è solamente quella di calore; per questo motivo ci limitiamo ad impiegare un sistema di raffreddamento ad aria che rende il discomfort del paziente veramente minimo. Questo aspetto si rivela molto importante soprattutto nel caso di cicatrici o cheloidi estesi.

Nelle prime due settimane successive al trattamento è importante non esporsi direttamente al sole e proteggere la pelle con filtri solari a schermo totale oltre ad applicare quotidianamente garze imbevute di acqua fredda per ridurre l’eritema ed il tipico effetto porpora.

L’aspetto viola porpora che la cicatrice assume immediatamente dopo la seduta laser, indica che il laser ha agito in modo corretto sul suo bersaglio (l’emoglobina) e quindi viene valutato come un indicatore assolutamente positivo dell’efficacia del trattamento.

A volte preferiamo abbinare il Pulsed Dye Laser (PDL) con il laser CO2 frazionale.

Il laser CO2 frazionale determina un effetto sia termico che ablativo sulla cute, liberando fattori di crescita e soprattutto riorganizzando le fibre collagene secondo una disposizione maggiormente ordinata.

L’azione sincrona sia sulla perfusione ematica della cicatrice, che viene ridotta dal Pulsed Dye Laser (PDL), sia sulla fibre collagene della stessa cicatrice, il cui orientamento viene corretto verso una migliore disposizione dal laser CO2 frazionale, comporta il vantaggio di ottenere risultati eccellenti tramite un minor numero di sedute.

Ed il lipofilling, quali applicazioni ha?

Il lipofilling è una nuova procedura, estremamente versatile, ed estremamente promettente. Trova notevoli applicazioni dal momento che si è rivelato essere efficace nel migliorare sia le cicatrici atrofiche che quelle ipertrofiche.

Si tratta di prelevare il tessuto adiposo del paziente, generalmente dalla regione della coscia, e di sfruttarne le proprietà biologiche, data l’elevata quantità di cellule staminali e fattori di crescita, iniettandolo attraverso piccole incisure all’interno della cicatrice ipertrofica.

I risultati non sono immediati ma sono visibili dopo 2-3 settimane dalla sessione e duraturi nel tempo.

La procedura, che può sembrare complessa e rischiosa per il paziente, non ha mai comportato effetti collaterali dal momento che viene utilizzato solo tessuto adiposo autologo (il paziente è sia donatore che ricevente), e quindi non a rischio di rigetto.

L’intera seduta dura circa 40 minuti e può prevedere anche l’utilizzo di laser CO2 frazionale.

Informazioni Generali

Il ricco parco di sistemi di luce e laser presente nella Unità di Dermo-chirurgia Laser di Villa Donatello garantisce, attraverso l’utilizzo di strumenti in monoterapia o terapia combinata, la migliore e più aggiornata offerta di cure per questo tipo di lesioni cicatriziali.

P.Bonan, N.Bruscino, M.Troiano
A.Bassi, E.Schincaglia, G.Rampino
D.Vitali, F.Facchini


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