foto del Dr. Naspetti

L’endoscopia è il futuro della ricostruzione chirurgica

Pubblichiamo anche sul nostro blog questa intervista di Manuela Plastina al dottor Riccardo Naspetti, uscita in originale sullo speciale Salus (supplemento mensile di QN Salute) del 30 dicembre 2018.

Salus, 30 Dicembre 2018

L’endoscopia è il futuro della chirurgia non solo demolitiva, ma anche ricostruttiva. Ne è sicuro il dottor Riccardo Naspetti, chirurgo generale specialista in endoscopia digestiva chirurgica nella clinica Villa Donatello di Firenze.


Dottor Naspetti, l’endoscopia è la nuova frontiera della chirurgia digestiva?

È la forma di approccio più mininvasiva a disposizione. Queste metodica sta conquistando sempre più campo rispetto alla chirurgia col bisturi. Ha cambiato l’approccio all’intervento in una visione che limita al massimo il danno e il trauma chirurgico, col minimo sacrificio dei tessuti e l’ottimizzazione del risultato finale.

Dove può essere applicata in campo digestivo?

Dall’apparato digerente superiore fino alle vie biliari. Laddove nel recente passato dovevamo effettuare un taglio vasto, con maggiore invasività, grandi cicatrici, maggior rischio di infezioni, degenze più lunghe, oggi con l’intervento in endoscopia sfruttiamo la strada percorsa dal cibo, senza tagli. Ottimizziamo il risultato, riduciamo al massimo i costi per la comunità e i pazienti che devono sottoporsi a questi interventi.

Finora, soprattutto in campo oncologico, l’endoscopia veniva utilizzata solo per la parte demolitiva.

Le tecnologie prossimamente in arrivo ci permetteranno finalmente di occuparsi anche della parte ricostruttiva. Tra il 2019 e il 2020 avremo la possibilità di accedere all’apparato digerente con piccolissimi robot, delle “manine” tecnologiche che permettono di ricostruire endoscopicamente. Il mercato è pronto a ricevere questa innovazione che tanto significherà nel nostro settore.

Quali sono i casi più seguiti a Villa Donatello?

La maggior casistica riguarda i tumori al colon, la seconda neoplasia in Europa con dati in continua crescita. L’endoscopia resta lo strumento essenziale per segnare i confini del trattamento chirurgico e anche nell’approccio diagnostico.

Questa tipologia di approccio è applicabile anche in fase pretumorale?

Sì, si sta sempre più affermando nel trattamento delle forme iniziali di tumore all’esofago, legato al reflusso gastroesofageo. É un fenomeno in crescita in occidente. Individuare le lesioni precancerogene ancora prima che si creino, permette una risoluzione fondamentale. Cerchiamo anche di risolvere il problema stesso del reflusso, che ha appunto una ricaduta negativa in occidente: viene sempre meno trattata per via farmacologica per tutte le conseguenze che comporta il trattamento cronico. Puntiamo sempre più attenzione ai trattamenti mininvasivi anche in questo caso.

E sulle vie biliari?

Un tempo si trattavano per lo più chirurgicamente e solo in maniera residuale con endoscopia. Oggi l’approccio è cambiato: la via endoscopica è il primo trattamento, a partire dalle calcolosi biliari e le loro conseguenze.

Quali sono i vantaggi dell’approccio endoscopico?

Oltre alla riduzione dei rischi infettivi e cicatriziali, questo metodo è controllato sulla persona, a misura di paziente. Trattiamo senza dolore: il paziente è sottoposto a sedazione con assistenza dell’anestesista. Ad esempio nel tumore del retto, esce dalla sala endoscopica vigile, senza dolori. Non usiamo più l’aria compressa per distendere l’intestino, ma l’anidride carbonica, un gas inerte che viene assorbito senza lasciare disagi nè l’addome gonfio. Il trattamento consente dimissioni molto veloci, anche il giorno successivo.