Donatello Neuroscienze

Disturbi Cognitivi

Oggi si può fare molto per fermare il declino cognitivo. Prima si interviene, migliore sarà il risultato. Intanto, la transizione dalla chimica dei farmaci alla terapia di Neuromodulazione (la Stimolazione Magnetica e più di recente la Photo-Bio-Modulation, efficace nella riabilitazione post Ictus) sta aprendo nuovi orizzonti di cura.

Si parla di disturbo cognitivo moderato o lieve (MCI) quando si verifica il calo di almeno una delle seguenti funzioni:

  • apprendimento
  • memoria
  • linguaggio
  • percezione motoria
  • intelligenza sociale
  • attenzione

I primi segnali sembrano trascurabili: piccoli vuoti di memoria, una parola che non ci sovviene, una password usata per anni che ci sfugge. Sintomi che non sempre si evolvono in Alzheimer, ma chi li presenta corre maggiori rischi.

L’inizio del disturbo può essere legato da eventi particolari, oppure coincidere con un momento delicato della vita, per esempio la menopausa. Può apparire dopo una malattia, un trauma cranico (ad esempio colpi subito alla testa da un pugile o da un calciatore), o un intervento chirurgico. Non di rado è correlato a un’altra patologia: diabete, ipertensione, eccesso di grassi nel sangue, stitichezza cronica.

“Devo scrivermi tutto” – “non mi sento più quello di prima”: progressivamente si riducono le attività e si evitano le novità. Ci sentiamo menomati, nel lavoro come nelle relazioni sociali. Gli altri forse non se ne accorgono ancora: siamo noi stessi a percepire che le nostre prestazioni sono peggiorate.

Come comportarsi? Spesso non si fa niente, per paura della diagnosi o perché si pensa che di fronte all’età che avanza non esistano rimedi. Per fortuna non è così. Ci sono molte cose che si possono fare, sia per arrestare il declino, sia per riportare indietro le lancette del tempo e recuperare l’efficienza perduta.

Più precoce sarà l’intervento, più efficace sarà il risultato.

La prima cosa da fare è una valutazione. Servirà per definire la diagnosi (Quali aree del funzionamento sono coinvolte? È un vero e proprio disturbo cognitivo o qualcos’altro?), per osservare le variazioni, anche lievi, delle funzioni cognitive e per sorvegliare lo sviluppo della situazione. Come sempre, dunque, è la diagnosi il punto da cui partire.

L’intervento sarà definito in base alle valutazioni individuali. Si tenga presente che il nostro cervello genera nuovi neuroni durante tutta la vita ma può aver bisogno di aiuto. Oggi è possibile stimolare la plasticità del cervello con:

Photo-Bio-Modulation (particolarmente efficace per disturbi Cognitivi post ICTUS o comunque legati a patologie circolatorie)

Stimolazione Elettrica continua (stimolazione quotidiana per 30 sedute)

Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) in casi selezionati (Ciclo di 30 o più sedute)

A tali cure devono seguire visite di rivalutazione e richiami.

Il Cognitive Enhancment è un programma per migliorare le prestazioni cognitive. può essere utilizzato per diversi obiettivi:

  • Imparare una nuova lingua o procedure
  • Ottimizzare l’apprendimento di una nuova competenza
  • Riprendere lo studio dopo un periodo di inattività intellettuale
  • Ottemperare alla richiesta di prestazioni straordinarie
  • Riprendere la funzionalità intellettuale dopo malattie infettive, cure antibiotiche protratte e chemioterapia

Come prevede il Prof. Josef Parvizi, collega del Prof. Stefano Pallanti a Stanford, dove dirige il programma di Elettro-fisiologia Cognitiva, siamo all’inizio di una nuova era, quella della transizione dalla chimica dei farmaci alla stimolazione elettrica:

Il linguaggio del cervello è una combinazione di chimica ed elettricità. Finora, nel provare a curare le malattie del cervello si è preferito l’approccio chimico, attraverso i farmaci. Ma il costo per il resto del corpo è stato alto. Prendiamo l’epilessia: se assumiamo un chilo di pillole, 900 grammi finiscono nel fegato, nel pancreas e nelle ossa e solo 100 grammi raggiungono l’organo bersaglio, cioè il cervello. Ma 99 grammi andranno ad agire su aree cognitive che con l’epilessia non hanno nulla a che fare, provocando vista offuscata, senso di svenimento, spossatezza. Un grammo solo colpirà i neuroni responsabili della malattia. Questo è un approccio brutale, che va superato. Con farmaci più mirati. Ma anche con le terapie di Neuromodulazione.

Energia magnetica, energia elettrica, semplici fotoni che promuovono la neuroplasticità: sono questi i nuovi strumenti che aprono importanti possibiiltà terapeutiche.


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