un uomo e una donna sereni abbracciati nel letto

Protesi peniene per la disfunzione erettile resistente a terapia medica

Protesi peniene per la
disfunzione erettile resistente a terapia medica

Il Sistema urinario: problemi e soluzioni – 4° parte

Tutti i pazienti affetti da disfunzione erettile che non abbiano ottenuto una risposta efficace con l’utilizzo di farmaci per uso orale (iPDE5), iniettati per via intracavernosa (alprostadil) o che abbiano una controindicazione assoluta all’assunzione di detti farmaci o che, ancora, non vogliano ricorrere a terapie medico- fisiche (anche tipo vacuum device, Li-ESWT), possono essere indirizzati alla chirurgia implantologica peniena come soluzione terapeutica più appropriata.

Ad oggi, esistono differenti tipi di protesi peniene, distinte in due categorie principali: idrauliche e non idrauliche.

Le prime (idrauliche) a loro volta comprendono i modelli bicomponenti e tricomponenti. Le seconde (non idrauliche) includono le protesi malleabili monocomponenti o semirigide.

La scelta del tipo di dispositivo viene concordata dallo specialista andrologo con il paziente tenendo conto di diversi fattori come:

  • aspettative del paziente
  • età
  • compliance del paziente (accettazione ed abilità del paziente all’attivazione del dispositivo)
  • coinvolgimento della partner
  • severità della disfunzione erettile
  • malformazioni del pene eventualmente associate
  • condizioni generali (malattie associate quali diabete, ipertensione, neoplasia e cardiopatia)

Tuttavia, in entrambi i casi, vi sono dei cilindri di silicone o altro materiale biocompatibile, cavi, che vengono inseriti all’interno dei corpi cavernosi del pene. Tali cilindri sono a loro volta collegati attraverso dei piccoli tubi di raccordo a un piccolo serbatoio che contiene dell’acqua sterile necessaria a riempire gli stessi, che viene posizionato nello spazio perivescicale (nel caso dei modelli tricomponenti) o viene allocato nello scroto. In caso di protesi tricomponenti, una pompa di attivazione viene poi posizionata nello scroto per il trasferimento del liquido di gonfiaggio dal serbatoio ai cilindri nei corpi cavernosi stessi. I cilindri, la pompa e il serbatoio sono tra loro connessi mediante sottili tubi di raccordo.

La protesi idraulica bicomponente, a differenza di quella tricomponente, è composta da cilindri connessi con tubi di raccordo alla pompa che funge anche da serbatoio. La protesi pertanto si caratterizza per un maggiore ingombro volumetrico della pompa, per una minore capacità di riempimento e distensione dei corpi cavernosi e per una minore rigidità.

Le protesi non idrauliche consistono invece in una coppia di cilindri di vario materiale che, a seconda della loro consistenza e diversa rigidità possono distinguersi in malleabili e soffici; mentre le prime, di maggiore consistenza, conferiscono una sorta di rigidità permanente al pene, che non si modifica in caso di stimolo sessuale, i modelli soffici sono composti da silicone morbido che consente al pene, seppur disteso, di assumere a riposo una posizione più naturale.
L’effetto estetico sarà dunque diverso rispetto alla protesi idraulica in quanto il pene è costantemente in uno stato di semi-erezione.

La procedura chirurgica viene condotta in anestesia generale e/o periferica e prevede il posizionamento di un catetere vescicale. L’accesso chirurgico è unico peno-scrotale oppure o infra-pubico, poco al di sopra della radice del pene. Si esegue dunque un’incisione dei corpi cavernosi ed una dilatazione di essi con l’utilizzo di dilatatori progressivi, per consentire di posizionare i due cilindri espansibili a livello dei corpi cavernosi del pene. Successivamente si procede alla preparazione dello spazio scrotale per l’inserimento della pompa. Il serbatoio viene poi posizionato nello spazio a lato della vescica extraperitoneale utilizzando sempre la stessa incisione peno scrotale. In caso di impossibilità a posizionare il serbatoio in tale spazio, verrà posizionato in una sede diversa, direttamente nel peritoneo (intraperitoneale) praticando un’incisione nella parte inferiore della parete addominale oppure in sede retroperitoneale.

Il limite principale delle protesi idrauliche è rappresentato dal costo e dalla necessità di una seppur minima destrezza manuale necessaria per l’attivazione e la disattivazione dei cilindri. Il risultato estetico e funzionale è però garantito.

Questo tipo di chirurgia, tuttavia, non è scevra da possibili complicanze, anche se attualmente esse sono un’evenienza rara che si presenta in meno del 5% dei casi.
Le possibili complicanze includono:

  • ematoma peno-scrotale
  • infezione
  • lesione dell’uretra
  • perforazione dei corpi cavernosi
  • rigetto della protesi
  • necrosi del glande
  • possibili deformità peniene o incurvamento del glande
  • dolore scrotale
  • ridotta sensibilità del glande
  • malfunzionamento del sistema protesico (possibile estrusione della pompa scrotale).

L’intervento solitamente ha una durata massima di 2 ore. Il catetere vescicale viene posizionato per 24-48 ore e talvolta può essere necessario un piccolo drenaggio scrotale. Il tempo di ospedalizzazione è solitamente di 2 giorni. L’unico segno visibile dell’impianto protesico penieno è una piccola cicatrice (3-4 cm), in corrispondenza dell’angolo peno-scrotale o a livello sovra-pubico, di cui con il passare del tempo non rimane alcuna traccia.

Il grado di soddisfazione dei pazienti che hanno subito l’intervento è in genere molto elevato.

Un semplicissimo meccanismo manuale procura dunque un’erezione sovrapponibile a quella naturale con soddisfazione completa di entrambi i partner, permettendo quindi al maschio di raggiungere l’orgasmo e l’eiaculazione come se vi fosse un’erezione naturale.

Articolo a cura del Dott. Andrea Cocci e del Dott. Gianmartin Cito

 

Un uomo e una donna camminano nel verde di un parco mano nella mano

Come curare la disfunzione erettile?

Come curare la disfunzione erettile?

Il sistema urinario: problemi e soluzioni – 2° Parte

La più frequente e iniziale forma di trattamento per un paziente affetto da problemi di erezione è quella di riconoscere e possibilmente cercare di modificare o rimuovere tutti i fattori di rischio alla base di una cattiva salute sessuale, ovvero un errato stile di vita, una dieta ricca di grassi o anche assunzioni di droghe o farmaci che implichino effetti collaterali negativi sulla funzione erettiva del pene. In molti casi tuttavia, non è possibile riconoscere una sicura causa di disfunzione erettile (DE), e quindi lo specialista andrologo è portato a proporre una terapia sintomatica che permetta comunque al paziente di ottenere un’erezione soddisfacente.

Nei casi di disfunzione erettile su base psicogena, possono essere proposti vari tipi di trattamento: comportamentale, cognitivo, analitico etc., a seconda delle componenti maggiormente preponderanti dal punto di vista psicosessuologico.

Nei casi di disfunzione erettile su base ormonale invece, la terapia sostitutiva con testosterone può essere efficace quando è dimostrato un deficit androgenico, ma deve essere indicata solo quando altre possibili cause endocrinologiche di DE siano state escluse (come ad esempio iperprolattinemia, iper o ipo tiroidismo). Ricordiamo inoltre che il paziente in età fertile deve essere correttamente informato sulle implicazioni che una terapia ormonale sostitutiva a base di testosterone può avere sulla spermatogenesi e più ampiamente sulla salute riproduttiva maschile.

Inoltre, fermo restando che spesso la disfunzione erettile può raffigurare un campanello di allarme per la salute generale dell’uomo, ovvero ad esempio rappresentare un precoce esordio di angiosclerosi antecedente un episodio di ischemia maggiore, o di una microangiopatia diabetica, trattare i fattori di rischio sottostanti (es. ipertensione, iperglicemia) può portare ad un progressivo miglioramento della sintomatologia.

Tra i farmaci di prima linea nel trattamento della disfunzione erettile ritroviamo gli inibitori selettivi delle fosfodiesterasi di tipo 5 (PDE5-i). Questi farmaci determinano una vasodilatazione a livello penieno, e agiscono migliorando l’afflusso e l’intrappolamento del sangue all’interno dei corpi cavernosi, determinando quindi una migliore qualità dell’erezione. Essi possono essere utilizzati al momento di un rapporto sessuale (somministrazione acuta) o nell’ambito di un programma riabilitativo della circolazione del pene (somministrazione cronica).

É bene ricordare che questi farmaci rafforzano la dinamica fisiologica dell’erezione e quindi agiscono solo a patto che vi sia un’adeguata stimolazione sessuale e quindi desiderio. Le molecole attualmente disponibili in commercio sono il Sildenafil, Vardenafil, Tadalafil ed Avanafil, che hanno differenti velocità di azione e durata. Tali farmaci devono essere valutati e prescritti sotto stretto controllo medico specialistico a seconda delle esigenze da parte del paziente. Infatti, soltanto dopo un accurato e dettagliato percorso diagnostico e di counselling, lo specialista andrologo potrà cucire la terapia sulla base di ciascun singolo paziente e dunque adattarla alle sue necessità e abitudini sessuali. Tuttavia, nei casi di disturbi organici severi, come ad esempio nei soggetti con gravi disturbi vascolari oppure nei pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia demolitiva in cui vi è stata l’interruzione dei circuiti nervosi necessari a innescare l’erezione (asportazione della vescica o del retto, asportazione della prostata), è possibile che non vi sia una risposta alla terapia orale.

In tali casi generalmente si passa ad un trattamento di seconda linea, che prevede le somministrazione di sostanze vaso-attive (Alprostadil) sotto forma di iniezioni intracavernose o creme ad applicazione locale intrauretrale. Anche questi farmaci, come quelli somministrati per bocca, possono essere utilizzati al momento di un rapporto sessuale (somministrazione on-demand, al bisogno) o nell’ambito di un programma riabilitativo della circolazione del pene (somministrazione cronica).

Le somministrazioni vengono praticate attraverso delle iniezioni lungo la parete laterale del pene nei corpi cavernosi attraverso l’utilizzo di aghi corti e sottili (come quelli per la terapia insulinica). Questo trattamento rappresenta sicuramente una soluzione più invasiva ma molto efficace (abbiamo infatti una risposta completa in oltre l’80% dei pazienti). Queste iniezioni peniene inizialmente vengono eseguite dallo specialista per trovare il dosaggio adeguato a ciascun paziente (training ambulatoriale), poi volendo, i pazienti possono autogestirsi la terapia, imparando la semplicissima metodica manuale.

Gli effetti collaterali sono rappresentati dalla possibile insorgenza di erezioni prolungate che non recedono spontaneamente anche dopo alcune ore (stato patologico definito priapismo) e che richiede un trattamento specifico ospedaliero immediato per la risoluzione.

É importante citare tra i possibili trattamenti coadiuvanti per la cura della disfunzione erettile il Vacuum Device: un dispositivo che crea un vuoto meccanico attorno al pene richiamando sangue all’interno dei corpi cavernosi al fine di riattivare la funzione erettiva che in qualche modo si è danneggiata. Spesso tali dispositivi vengono utilizzati in congiunta ai trattamenti precedentemente citati, per potenziare la qualità dell’erezione.

Infine l’intervento chirurgico – ovvero l’impianto di una protesi peniena – ha sempre rappresentato il trattamento di terza linea, da indicare nei pazienti con DE severa che non rispondono in modo soddisfacente (non-responders) a nessuna terapia medica o intracavernosa, costituendo però al tempo stesso l’unica soluzione efficace al 100% in grado di risolvere la disfunzione erettiva in maniera permanente.

Articolo a cura del Dott. Andrea Cocci e del Dott. Gianmartin Cito

(Leggi la prima parte qui e la terza parte qui)