immagine stilizzata del comportamento del cervello

Uno studio del MIT svela un complesso meccanismo del cervello

Alcuni neuroscienziati provano come la corteccia inferotemporale del cervello sia in grado di identificare gli oggetti

Quando i nostri occhi sono aperti il flusso visivo passa dalla retina, attraverso il nervo ottico, fino al cervello, che assembla tutte le informazioni per ricostruire oggetti e scenari.

Gli scienziati avevano precedentemente ipotizzato come gli oggetti fossero riconosciuti nella circonvoluzione temporale inferiore (IT), che si trova vicino alla fine di questo percorso che le informazioni compiono, chiamato anche il flusso ventrale. Un nuovo studio condotto da neuroscienziati del MIT ce ne dà adesso conferma.

Utilizzando dati provenienti sia da primati umani che non umani, i ricercatori hanno riscontrato che i modelli di neuroni della corteccia IT sono correlati fortemente al successo delle attività cerebrali di riconoscimento degli oggetti.

Mentre sapevamo da lavori precedenti che le attività dei gruppi neuronali della corteccia temporale inferiore erano alla base del complesso sistema di riconoscimento degli oggetti, non avevamo fino ad oggi una mappa completa che ci permettesse di legarli alla percezione degli oggetti ed al comportamento. I risultati di questo studio invece dimostrano proprio questo, collegando la popolazione neuronale di quella zona specifica del nostro cervello al riconoscimento di diversi tipi di oggetti e al conseguente comportamento che la loro percezione stimola

dichiara James DiCarlo, coordinatore del Department of Brain and Cognitive Sciences del MIT, membro del McGovern Institute for Brain Research, e senior author dello studio apparso sul Journal of Neuroscience.

L’autore principale della ricerca è Najib Majaj, ricercatore che ha svolto il post dottorato proprio nel laboratorio curato dal Dr. DiCarlo e che adesso lavora presso la New York University. Gli altri autori, Ha Hong e Ethan Solomon, sono entrambi laureati presso il MIT.

Distinguere gli oggetti

Nella parte iniziale del percorso delle informazioni attraverso il flusso ventrale si ritiene che avvenga il riconoscimento di elementi visivi di base come la luminosità e l’orientamento. Funzioni molto più complesse invece si aggiungono nelle fasi successive: proprio il riconoscimento degli oggetti vero e proprio avverrebbe nella corteccia IT.

Per confermare questa teoria  i ricercatori hanno da prima chiesto a soggetti umani di eseguire 64 attività di riconoscimento degli oggetti. Alcuni di questi compiti erano molto banali, come distinguere una mela da un’auto. Altri – come distinguere due volti molto simili – erano così difficili che i soggetti hanno risposto correttamente soltanto nel 50% dei casi.

Dopo aver misurato le prestazioni umane, i ricercatori hanno poi utilizzato lo stesso set di quasi 6.000 immagini con primati non umani, registrando l’attività elettrica nei lor neuroni della corteccia temporale inferiore e di un’altra regione visiva nota come V4. Ognuno dei neuroni del gruppo della corteccia IT e di quelli della regione V4 si accendeva per alcuni oggetti e non per altri, dando ai ricercatori la possibilità di realizzare una vera e propria mappa da confrontare con quella realizzata studiando il comportamento del cervello dei soggetti umani.

I ricercatori hanno scoperto, nei primati non umani, che i modelli costruiti sulle reazioni dei neuroni della corteccia IT, e non quelli della regione V4, coincidevano perfettamente con le prestazioni umane che erano state misurate. Cioè, quando gli esseri umani hanno avuto difficoltà a distinguere due oggetti, i comportamenti neurali per quegli oggetti erano così simili da essere indistinguibili, mentre, come per le coppie in cui l’uomo è riuscito, i modelli neurali erano molto diversi.

Sulle stimolazioni semplici, la corteccia IT si è comportata così come negli esseri umani, sugli stimoli complessi ha fallito allo stesso modo, come ci aspettavamo – conferma Majaj -Abbiamo avuto conferma della correlazione tra comportamento e risposte neurali.

I risultati supportano l’ipotesi che i modelli di attività neurale nella corteccia IT possono codificare rappresentazioni di oggetti sufficientemente dettagliate da permettere al cervello di distinguere oggetti diversi, concludono i ricercatori.

Nikolaus Kriegeskorte, uno dei principali ricercatori presso la Cognition and Brain Sciences Unità di Medical Research Council di Cambridge, nel Regno Unito, pur non avendo fatto parte del team di ricerca concorda sul fatto che lo studio

offre la prova cruciale a sostegno dell’idea che la corteccia temporale inferiore contiene gli strumenti neuronali che portano al riconoscimento degli oggetti nell’apparato visivo umano. Questo studio è esemplare per il metodo originale e rigoroso con il quale si sono stabiliti legami tra le osservazioni cerebrali e le attività comportamentali umane.

I modelli di ricerca

I ricercatori hanno testato, inoltre,  più di 10.000 altri modelli possibili su come il cervello potrebbe codificare la rappresentazione degli oggetti. Questi modelli variano in base alla zona del cervello attivata, al numero di neuroni richiesti, e alla finestra di tempo utilizzata dall’attività neuronale. Molti di questi modelli però sono stati scartati in quanto offrivano risultati molto diversi paragonando quelli rilevati sugli esseri umani rispetto a quelli rilevati su altre forme di primati.

Volevamo che la performance dei neuroni riscontrate sui primati corrispondessero perfettamente a quelle dei modelli umani: e cioè che i compiti facili risultassero facili per la mentre i riconoscimenti complessi avvenissero, per i neuroni, con difficoltà – conclude Majaj.

Il gruppo di ricerca si ripropone adesso di raccogliere ancora più dati, attraverso la costruzione di nuovi modelli, più complessi, di riconoscimento. Nuovi test, sempre più specifici, richiederanno una più approfondita mappatura neuronale, che forse non è ancora completamente a disposizione della scienza.

Questi test, quindi, avranno il duplice scopo di permetterci di capire sempre di più, e meglio, come funzioni il rapporto tra il riconoscimento di ciò che ci circonda e il nostro comportamento, ma anche di avere una visione più chiara e attendibile dei vari livelli di reti neuronali che compongono il nostro complesso sistema visivo. Le frontiere della neuroscienza continuano ad espandersi ed è ancora difficile intuire dove potremo arrivare e che cosa scopriremo di nuovo su di noi.

fonte: MIT News