Un medico esamina la mano di un giovane

Pollice a Scatto in età pediatrica: che cos’è?

Ho notato che mio figlio ha il 1° dito della mano flesso, che scatta e/o rimane bloccato in flessione.
Percepisco un nodulo sotto la pelle. Devo preoccuparmi?

Domande e Risposte di Ortopedia Pediatrica #8

Il pollice a scatto nel bambino è una condizione relativamente rara (ne sono affetti circa 3 bambini su 1000), talvolta bilaterale, che si presenta tra i 6 mesi e i 3 anni di vita (con un 25% di casi presente fin dalla nascita).

Viene spesso notata dai genitori casualmente, o si pone attenzione alla cosa talvolta in seguito a traumi, evidenziando un caratteristico atteggiamento in flessione dell’articolazione interfalangea del    pollice, spesso irriducibile, associato alla presenza di un nodulo palpabile alla regione volare del pollice.

La causa è sconosciuta, la diagnosi è clinica.

Vi è una percentuale di guarigione spontanea di circa il 10%, ma l’unica vera terapia, quando indicata, è chirurgica, preferibilmente non oltre i 4 anni.

Deformità persistenti e conclamate non trattate possono influenzare negativamente il fisiologico sviluppo osseo, prevalentemente a carico del 1° metacarpo, causato dalla tensione persistente del tendine flessore.

articolo a cura del Dott. Salvatore di Giacinto


 

La chirurgia dell’ernia inguinale: possiamo renderla perfetta? [Simposio]

La chirurgia dell’ernia inguinale: possiamo renderla perfetta?

Simposio

Lo scorso Venerdì 8 Novembre, presso lo Starhotel Michelangelo di Viale Fratelli Rosselli a Firenze, si è tenuto il Simposio La chirurgia dell’ernia inguinale: possiamo renderla perfetta? organizzato da Pier Luigi Ipponi, chirurgo dell’Ospedale S. Giovanni di Dio di Firenze e da lui moderato insieme a Francesco Tonelli. L’iniziativa, promossa dalla nostra Casa di Cura, rientra nelle attività previste da Villa Dontello Clinica Aperta in questo caso per ciò che attiene alla convegnistica.

Sono intervenuti portando la loro esperienza i chirurghi che in ambito toscano si interessano dei difetti della parete addominale ed in particolare dell’ernia inguinale: una delle patologie più comuni in ambito chirurgico.

A partire dagli anni ’80 l’intervento di ernioplastica secondo Bassini, per più di un secolo vanto della chirurgia italiana, è stato progressivamente abbandonato grazie al diffondersi nel nostro come in molti dei paesi occidentali, dell’impiego di tecniche tension-free e dell’utilizzazione di reti in materiale sintetico (la cosiddetta tecnica di Liechtenstein).

Matteo Giannelli della Chirurgia Generale dell’ospedale San Jacopo di Pistoia, dopo aver illustrato gli aspetti epidemiologici, ha riportato l’impatto che questa affezione esercita sull’organizzazione lavorativa di un reparto di chirurgia, richiedendo percorsi assistenziali differenziati in base alle condizioni del paziente ed all’entità del difetto erniario, che spaziano dalla chirurgia ambulatoriale alla degenza ordinaria.

Grande attenzione è stata dedicata all’analisi degli errori tecnici registrati sia nelle procedure tradizionali che mini-invasive.

Paolo Negro, Ordinario di Chirurgia Generale all’Università La Sapienza di Roma e considerato uno dei massimi esperti della materia, nel corso della sua presentazione ha esplicitato i potenziali effetti collaterali dei materiali protesici impiantati sui visceri addominali, come il colon e la vescica.

Giulio Nicita, esperto urologo, ha riportato la sua esperienza personale sull’accesso pre-peritoneale, che risulta vantaggioso nel trattamento delle ernie recidive o di concomitanti patologie urologiche.

Antonio Marioni dell’Ospedale di Cisanello di Pisa e Luca Felicioni dell’Ospedale di Grosseto, hanno affrontato l’approccio peritoneale rispettivamente mediante laparoscopia o robotica sottolineando vantaggi e svantaggi della metodica. Felicioni in particolare ha sottolineato che la soluzione robotica, attualmente criticabile per tempi e costi, potrebbe in futuro diffondersi data la richiesta sia da parte dei pazienti che degli operatori di questo nuovo approccio.

I materiali sono stati oggetto della presentazione di Andrea Manetti, del Policlinico di Careggi, che ha illustrato le caratteristiche e le differenze tecniche dei vari prodotti presenti sul mercato, sottolineando la maggiore bio-compatibilità di quelli più recenti, frutto della ricerca scientifica condotta sulla risposta biologica all’impianto protesico.

La seconda parte del Simposio è stata incentrata sulla gestione delle più frequenti complicazioni post-operatorie.

L’infezione del sito chirurgico, trattata da Christian Galatioto del Policlinico di Pisa, nonostante la sua bassa incidenza rappresenta una vera sfida per il chirurgo che deve attuare una strategia terapeutica eclettica dettata dalle condizioni generali e locali del paziente, impiegando tutti i mezzi utili a scongiurare un eventuale espianto protesico.

Al pari dell’infezione, anche la sofferenza ischemica rappresenta una temibile complicanza, soprattutto nei pazienti in età fertile, come ha riferito Riccardo Piagnerelli, del Policlinico senese, che asserisce l’importanza della prevenzione al momento della liberazione del sacco erniario dagli elementi del funicolo spermatico.

Per ultimo è stato preso in considerazione il dolore cronico post-operatorio, complicanza dai risvolti sociali, data la natura invalidante della sintomatologia.

Giuseppe Canonico, chirurgo all’Ospedale di San Giovanni di Dio di Firenze, riporta la natura eziopatogenetica multi-fattoriale, quale il fattore meccanico, come il nerve entrappement, o la reazione flogistica indotta dal materiale protesico. Dall’esposizione degli esperti è emersa la necessità di seguire un algoritmo diagnostico/terapeutico precoce, condotto inizialmente in maniera conservativa, come dimostrano i promettenti risultati della scrambler therapy, illustrata da Renato Vellucci, terapista del dolore presso il Policlinico di Careggi, riservando il trattamento chirurgico solo alle forme refrattarie, come sostenuto da Massimo Ranalli chirurgo di Poggibonsi.

Il commento finale espresso da Paolo Cappellini, direttore della chirurgia dell’Ospedale S. Giovanni di Dio di Firenze, sintetizza la complessità della materia che suggerisce auspicabile in un prossimo futuro l’istituzione di una nuova branca specialistica della chirurgia generale: quella che si occupi dei difetti primitivo o secondari della parete addominale.


 

foto del Dr. Naspetti

L’endoscopia è il futuro della ricostruzione chirurgica

L’endoscopia è il futuro della ricostruzione chirurgica

Pubblichiamo anche sul nostro blog questa intervista di Manuela Plastina al dottor Riccardo Naspetti, uscita in originale sullo speciale Salus (supplemento mensile di QN Salute) del 30 dicembre 2018.

Salus, 30 Dicembre 2018

L’endoscopia è il futuro della chirurgia non solo demolitiva, ma anche ricostruttiva. Ne è sicuro il dottor Riccardo Naspetti, chirurgo generale specialista in endoscopia digestiva chirurgica nella clinica Villa Donatello di Firenze.


Dottor Naspetti, l’endoscopia è la nuova frontiera della chirurgia digestiva?

È la forma di approccio più mininvasiva a disposizione. Queste metodica sta conquistando sempre più campo rispetto alla chirurgia col bisturi. Ha cambiato l’approccio all’intervento in una visione che limita al massimo il danno e il trauma chirurgico, col minimo sacrificio dei tessuti e l’ottimizzazione del risultato finale.

Dove può essere applicata in campo digestivo?

Dall’apparato digerente superiore fino alle vie biliari. Laddove nel recente passato dovevamo effettuare un taglio vasto, con maggiore invasività, grandi cicatrici, maggior rischio di infezioni, degenze più lunghe, oggi con l’intervento in endoscopia sfruttiamo la strada percorsa dal cibo, senza tagli. Ottimizziamo il risultato, riduciamo al massimo i costi per la comunità e i pazienti che devono sottoporsi a questi interventi.

Finora, soprattutto in campo oncologico, l’endoscopia veniva utilizzata solo per la parte demolitiva.

Le tecnologie prossimamente in arrivo ci permetteranno finalmente di occuparsi anche della parte ricostruttiva. Tra il 2019 e il 2020 avremo la possibilità di accedere all’apparato digerente con piccolissimi robot, delle “manine” tecnologiche che permettono di ricostruire endoscopicamente. Il mercato è pronto a ricevere questa innovazione che tanto significherà nel nostro settore.

Quali sono i casi più seguiti a Villa Donatello?

La maggior casistica riguarda i tumori al colon, la seconda neoplasia in Europa con dati in continua crescita. L’endoscopia resta lo strumento essenziale per segnare i confini del trattamento chirurgico e anche nell’approccio diagnostico.

Questa tipologia di approccio è applicabile anche in fase pretumorale?

Sì, si sta sempre più affermando nel trattamento delle forme iniziali di tumore all’esofago, legato al reflusso gastroesofageo. É un fenomeno in crescita in occidente. Individuare le lesioni precancerogene ancora prima che si creino, permette una risoluzione fondamentale. Cerchiamo anche di risolvere il problema stesso del reflusso, che ha appunto una ricaduta negativa in occidente: viene sempre meno trattata per via farmacologica per tutte le conseguenze che comporta il trattamento cronico. Puntiamo sempre più attenzione ai trattamenti mininvasivi anche in questo caso.

E sulle vie biliari?

Un tempo si trattavano per lo più chirurgicamente e solo in maniera residuale con endoscopia. Oggi l’approccio è cambiato: la via endoscopica è il primo trattamento, a partire dalle calcolosi biliari e le loro conseguenze.

Quali sono i vantaggi dell’approccio endoscopico?

Oltre alla riduzione dei rischi infettivi e cicatriziali, questo metodo è controllato sulla persona, a misura di paziente. Trattiamo senza dolore: il paziente è sottoposto a sedazione con assistenza dell’anestesista. Ad esempio nel tumore del retto, esce dalla sala endoscopica vigile, senza dolori. Non usiamo più l’aria compressa per distendere l’intestino, ma l’anidride carbonica, un gas inerte che viene assorbito senza lasciare disagi nè l’addome gonfio. Il trattamento consente dimissioni molto veloci, anche il giorno successivo.


una donna in un letto di ospedale sta affrontanto la chemioterapia con il supporto del proprio compagno a fianco

Tumore al Seno: molte meno pazienti avranno bisogno della chemioterapia

Tumore al Seno

Circa il 70% delle donne alle quali è stato diagnosticata precocemente la forma più comune
potranno evitare in futuro la chemioterapia ed i suoi fastidiosi effetti collaterali

Grazie ad un test genetico in grado di anticipare le percentuali di recidiva della forma più comune di tumore al seno, molte donne nei prossimi anni potranno evitare i profondi fastidi derivanti dalla chemioterapia.

I medici oncologi inglesi già dai prossimi giorni hanno informato che i risultati ottenuti aiuteranno a cambiare la pratica nelle cliniche britanniche e che ben 3.000 donne all’anno, tra quelle che rientrano nelle tipologie studiate, potrebbero essere trattate in modo sicuro con la sola chirurgia e la terapia ormonale.

Ridurre l’uso della Chemioterapia

La chemioterapia viene spesso utilizzata dopo l’intervento chirurgico per ridurre la possibilità che il cancro al seno si diffonda o ritorni. Si tratta quindi di un salvavita molto importante che provoca però effetti collaterali che vanno dal vomito alla fatica, alla sterilità fino a danni neurali permanenti. In rari casi le sostanze utilizzate per la chemioterapia possono portare anche a scompensi cardiaci e leucemia.

Una ricerca che cambierà la qualità della vita di molte pazienti in tutto il mondo

Lo studio di cui stiamo parlando ha ha coinvolto ben 10.273 pazienti, analizzando i tumori grazie a un test genetico che è già ampiamente disponibile presso il Servizio Sanitario nazionale inglese e che è stato utilizzato in passato per selezionare quali pazienti necessitassero di chemioterapia dopo la chirurgia e quali no.

Se il punteggio del test fosse stato basso la chemioterapia non sarebbe stata applicata; se fosse stato alto invece sarebbe avvenuto il contrario. Esisteva però una fascia molto ampia di risultati intermedi, per i quali, in via del tutto cautelativa, si consigliava comunque il ricorso alla chemioterapia.

I dati di questa ricerca molto importante, che sono stati presentati durante il più grande incontro mondiale di medici e scienziati oncologici a Chicago e successivamente pubblicati sul New England Journal of Medicine, mostrano molto chiaramente come le pazienti che rientrano nella fascia intermedia di punteggio del test hanno gli stessi tassi di sopravvivenza con o senza chemio: il tasso di sopravvivenza dopo nove anni dalla rimozione del tumore originaio è risultata del 93,9% senza l’uso di chemioterapia e del 93,8% con chemioterapia.

Lo studio, condotto dall’Albert Einstein Cancer Center di New York, è una scoperta molto preziosa in quanto può far risparmiare denaro ai sistemi sanitari nazionali o ai pazienti, ma ancor di più contribuirà a cambiare la qualità della vita di molte donne che hanno avuto la sfortuna di essere colpite dal tumore al seno.

In quali casi sarà possibile applicare la nuova pratica clinica

Si deve specificare con attenzione che gli effetti di questa ricerca riguardano strettamente i tumori della mammella allo stadio iniziale, in particolare quelli che possono ancora essere trattati con terapia ormonale, che non si sono diffusi ai linfonodi e non hanno subito la mutazione legata all’HER2 che li fa crescere più rapidamente.

Il test viene eseguito su un campione del tumore quando viene rimosso durante l’intervento chirurgico e funziona osservando i livelli di attività di 21 geni specifici, che risultano indicatori di quanto sia aggressivo il cancro.

fonte: BBC

 

immagine di un occhio verde

Distacco di Retina: Un Convegno di esperti a Villa Donatello [VIDEO]

SOS Distacco di retina

Ne hanno parlato in un Convegno a Villa Donatello alcuni tra i più importanti esperti del settore

Video a cura del TGT

Il distacco di retina è una delle più serie patologie dell’occhio: si verifica quando uno strato della retina si solleva trascinando con sé i vasi sanguigni che alimentano di ossigeno e nutrienti l’occhio.

A sole 48 ore dal distacco inizia la morte delle cellule, con conseguente perdita progressiva della vista.

Di tecnologia applicata alla chirurgia della retina, branca di alta specializzazione nell’ambito della chirurgia oculistica, si è parlato in un Convegno svolto presso la nostra Casa di Cura a Firenze, dove periodicamente si riuniscono medici specialisti per confrontarsi.

Nel video che segue alcuni spunti e qualche intervista, che dovrebbero ricordare a tutti quanto sia importante la prevenzione, così come urgente il ricorso alla medicina sin dalla prima comparsa di sintomi importanti che coinvolgono gli occhi e la vista.

Il video è a cura del TGT che ringraziamo.


 

parte di un volto emerge dalle acque di uno stagno

Chirurgia del naso: tutto quello che vorresti sapere.

Tutto quello che vorresti sapere sulla Chirurgia del naso

Sfoglia o scarica gratuitamente il libro “La tua rinoplastica” del Dr. Fabio Meneghini

Il Dr. Fabio Meneghini, laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato in Chirurgia Maxillo-Facciale, mette a disposizione di tutti i nostri lettori il suo libro dedicato alla Chirurgia del Naso.

Scritto in maniera molto piacevole e corredato di immagini e schemi esplicativi, il libro rappresenta davvero un compendio utile per tutti coloro che stanno cercando di togliersi ogni tipo di dubbio sulla Chirurgia del Naso.

Scrive il Dr. Meneghini nell’introduzione al testo:

  • Non ti piace il tuo naso? Forse è troppo grande?
  • Respiri con difficoltà attraverso una o entrambe le narici?
  • Il tuo naso ha subito un trauma e da allora ti sembra storto?
  • Hai già fatto un intervento chirurgico ma il risultato non ti soddisfa?

Se hai risposto “Sì” almeno una volta, questo piccolo libro è per te…

Da questo articolo quindi avrete la possibilità di scaricare direttamente o di sfogliare il libro.

Se al termine della lettura vi rimanessero dubbi o domande potrete utilizzare lo spazio dei commenti più in basso per chiedere: gireremo immediatamente al Dr. Meneghini i vostri messaggi in maniera da rispondervi nel più breve tempo possibile.

Buona lettura!