Un cheeseburger, patatine e una bibita possono costarvi pochi Euro
ma gli esperti dicono che in realtà costi a tutti molto di più di quanto in realtà appaia sull’etichetta.
Danielle Nierenberg, presidente del think-thank no-profit alimentare chiamato appunto Food Tank, dice che si può capire meglio il concetto se teniamo una vera contabilità dei costi
“che è in realtà solo un nome di fantasia per questo modello economico che non tiene davvero conto di tutto ciò che diventa cibo – i costi invisibili o nascosti, come pure alcuni dei vantaggi nascosti “
“Si dovrebbe parlare davvero di tutto: dal fertilizzante che viene utilizzato per far crescere il grano che alimenta le mucche… fino all’inquinamento delle acque limitrofe ai distretti dove si confinano una quantità esorbitante di animali in poco spazio.”
Danielle Nierenberg
Gli americani – per utilizzare dei numeri che abbiamo a disposizione – stanno spendendo di meno per il cibo rispetto al passato e spendono meno di qualsiasi altro paese del mondo. Secondo The Atlantic, una famiglia media negli Stati Uniti spende tra il 7 e l’11% del suo reddito per il cibo. Trenta anni fa la percentuale era molto vicina invece al 20%.
A partire dal periodo tra il 1950 e gli anni ’60, il sistema alimentare dei paesi occidentali si è focalizzato su rendimenti più alti sulla produzione. I governi hanno distribuito denaro nel sovvenzionare produzioni massive piuttosto che favorire la produzione di alimenti davvero più indicati per una migliore salute della popolazione.
“I consumatori devono essere consapevoli che non stanno pagando al momento il vero prezzo. … Siamo abituati al fatto che il cibo sia molto poco costoso”, continua la Nierenberg. “Abbiamo in qualche modo dimenticato ciò che apprezziamo, o meglio ancora quello che dovremmo davvero apprezzare.”
Il cartellino del prezzo su un sacchetto di patatine potrebbe essere basso, ma Nierenberg afferma che in realtà qualcosa o qualcuno sta pagando per questo da qualche parte lungo la linea di produzione.
“Basterebbe guardare l’epidemia di obesità, di diabete o alle malattie cardiovascolari. Comprenderemmo davvero quanti costi sanitari producano”, dice la Nierenberg.
Attualmente, più di un terzo degli americani adulti (78,6 milioni di persone) sono obesi. E i costi associati con l’obesità non devono essere trascurati. I Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie stimano che le spese mediche di obesità negli Stati Uniti sono aumentati di circa 147 Miliardi di dollari nel 2008.
“Il consumatore non paga direttamente questi costi, ma tutta la cittadinanza alla fine finisce inevitabilmente per farlo in maniera indiretta”, prosegue la Nierenberg.
Sempre la Nierenberg sostiene che il costo ambientale di un buon mercato del sistema alimentare dovrebbe essere tenuto in maggior considerazione sia dalla classe politica che dai consumatori.
Tuttavia, esistono idee per modificare questo trend.
“Quando le cose sono fatte in modo più sostenibile, si può catturare il carbonio dal suolo e preservare la biodiversità”, dice la Nierenberg.
Una modifica del sistema attuale è probabile che gravi sui consumatori qualche spicciolo in più all’inizio, ma produrrà maggiori benefici nel lungo periodo.
“Non stiamo parlando meramente di costi: se ci rendessimo conto di quanto il sistema alimentare può fare per combattere il cambiamento climatico o per promuovere un miglioramento del benessere animale e sociale… il prezzo da pagare sarebbe più accettabile e diffusamente compreso. Spiegando davvero la concatenazione degli eventi non penseremmo ad esso come a un fardello o a un costo enorme.”
La Nierenberg spiega che coloro che vogliono essere più consapevoli del consumo di cibo a buon mercato possono cominciare riducendo la quantità di cibo sprecato.
“Essere davvero consapevoli di quanto si acquista, facendo in modo che i nostri occhi non siano più grandi dello stomaco, sarebbe un modo davvero concreto con il quale tutti potremmo comprendere il vero costo delle cose nella nostra vita”.
“Il cibo è e probabilmente continuerà ad essere poco costoso per i consumatori dei paesi occidentali per un lungo periodo, ma non c’è alcuna ragione che spieghi e giustifichi la quantità di cibo che stiamo sprecando.”
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