una ragazza stringe a se un cuscino

Recuperare il sonno perduto durante il weekend? Non basta ed è sbagliato!

Recuperare il sonno perduto durante il weekend? Non basta ed è sbagliato!

Molte persone, soprattutto quelle che hanno una vita piena di impegni e di situazioni stressanti, cercano di recuperare il sonno perduto durante il fine settimana. Un team di ricercatori francesi che si occupa di disturbi del sonno ci avverte però che, passati il Sabato e la Domenica dormendo di più nel tentativo di recuperare dalla stanchezza, queste persone scopriranno di essere ancora a corto di forze.

La nostra ricerca si è concentrata nello specifico sugli adulti che nei giorni feriali dormono regolarmente solo sei ore o meno – che è molto meno delle 7/8 ore a notte di cui la maggior parte delle persone hanno bisogno – dichiara Dr. Damien Leger, autore principale dello studio.

Su ben 12.000 pazienti analizzati, quelli che sono risultati dormire meno di quanto consigliato sono oltre un terzo del totale, mentre quasi un quarto del campione ha accusato di vivere in debito di sonno, prevalentemente accumulato durante la settimana lavorativa: stiamo parlando di una media di 90 minuti di sonno in meno rispetto  alla quantità di cui avrebbero avuto realmente bisogno.

La nostra indagine mostra che circa il 75% delle persone con debiti di sonno non ha trovato il modo di dormire di più nel fine settimana o facendo qualche pisolino nei giorni di lavoro – aggiunge il Dr. Leger – Il motivo spesso è banale: probabilmente non hanno pensato a farlo o non avevano le condizioni per dormire, come un ambiente rumoroso, lo stress o i bambini a casa. Quindi, il loro debito di sonno non viene recuperato.

Lo studio evidenzia come soltanto il 18% degli uomini e delle donne che soffrono di gravi carenze di sonno sono stati in grado di dormire abbastanza per compensare le carenze croniche di sonno cumulate nei giorni feriali. Gli uomini misurano il dato peggiore: solo il 15% è riuscito a bilanciare il sonno con un recupero nel fine settimana.

Si tratta di un problema molto serio che probabilmente colpisce milioni di persone – afferma il Dr. Leger – Circa un terzo degli adulti ha una carenza quotidiana di sonno: un fenomeno comune prevalentemente nei paesi occidentali, ancora più evidente nelle aree urbane.

Quali sono i principali fattori di disturbo del sonno?

La ricerca mette in evidenza

  • il lavoro notturno
  • il lavoro a turni,
  • i lunghi spostamenti tra il posto di lavoro e la casa
  • l’eccessivo attaccamento alla tecnologia, come l’uso di smartphone e computer anche in ora tarda

La preoccupazione dei ricercatori coinvolti è che, nel tempo, il debito di sonno possa tradursi in una vasta gamma di problemi di salute tra cui l’obesità, il diabete di tipo 2, le malattie cardiache, la depressione e le lesioni accidentali: si tratta di un vero e proprio problema di salute pubblica.

La mancanza di sonno è una forma potente di stress per il nostro organismo che potenzialmente è in grado di produrre effetti sul nostro DNA, sulle cellule, sugli organi, così come influire pesantemente sulle nostre prestazioni sul lavoro o durante l’esercizio fisico.

Un problema senza un semplice rimedio

Il problema che stiamo evidenziando non è risolvibile con facili ricette. In generale il buon senso è fondamentale – aggiunge Adam Krause, un ricercatore in scienze cognitive per l’Università di Berkeley, California – Dovremmo gestire il fenomeno come ormai siamo abituati a fare quando adottiamo una dieta sana ed equilibrata: è meglio mangiare sano per due giorni a settimana che non mangiare affatto, ma mangiare sano due giorni a settimana non inverte i danni causati da una cattiva alimentazione per i restanti cinque giorni. La migliore dieta del sonno è una dieta sufficiente e coerente – conclude il Prof. Krause.

Dormire di più nei fine settimana è un buon inizio – conferma il Dr Nathaniel Watson, professore di neurologia presso la Washington Medicine Sleep Center di Seattle – Ma di solito solo un giorno o due di sonno prolungato non risolvono dovutamente i problemi derivati dalla privazione del sonno cronica e abituale.

Il suo consiglio, meno banale di quanto possa apparire, è quello di

Andare a letto quando si è stanchi e svegliarsi quando si è riposati, e ripetere questa routine per due o tre settimane di seguito: questo è uno dei metodi possibili per ripagare un debito di sonno.

Lo studio di Leger e dei suoi colleghi è stato recentemente pubblicato online sulla rivista scientifica Sleep Medicine.


 

Un piatto di patatine fritte appoggiato su un tavolo di legno scuro

Quali sono le cause dell’obesità e quando una persona può dirsi obesa?

Quali sono le cause dell’obesità?

Quando una persona può dirsi obesa?

L’obesità è una condizione che incorre quando una persona è in eccesso di peso o ha una massa grassa così abbondante da mettere a rischio la propria salute.

I medici normalmete si avvalgono dell’Indice di massa corporea (BMI), che è uno strumento molto semplice per valutare se una persona ha un peso appropriato per la sua età, per il sesso e l’altezza. In buona sostaanza si tratta di un’analisi della combinazione tra altezza e peso: un BMI tra 25 e 29,9 indica che una persona è in eccesso di peso; un BMI maggiore di 30 suggerisce che una persona possa essere in condizione di obesità.

L’obesità, va ricordato, può aumentare il rischio di sviluppare una serie di condizioni di salute tra cui la sindrome metabolica, l’artrite e alcuni tipi di cancro.

La sindrome metabolica comprende una serie di problemi come l’ipertensione, il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari.

Mantenere un peso sano o perderlo grazie alla dieta e l’esercizio fisico, è un modo per prevenire o ridurre l’obesità. In alcuni casi non è da escludere la necessità di un intervento chirurgico.

Quali sono le principali cause dell’obesità?

un hamburger

1) Eccessivo consumo di calorie

Quando consumiamo più calorie di quante ne servano al nostro organismo per essere trasformate in energia, il nostro corpo le accumula sottoforma di grasso. Questo porta ad un eccesso di peso e probabilmente all’obesità.

Alcuni tipi di alimenti hanno maggiori probabilità di condurre ad un aumento di peso, specialmente quelli ad alto contenuto di grassi e zuccheri.

Tra gli alimenti che tendono ad aumentare il rischio di aumento di peso segnaliamo:

  • il cosiddetto Fast Food
  • i fritti
  • le carni grasse e processate
  • molti prodotti caseari
  • alimenti con zuccheri aggiunti come prodotti da forno, cereali per la colazione e biscotti
  • alimenti contenenti zuccheri nascosti come ketchup e molti altri in scatola e confezionati
  • succhi di frutta zuccherati, bibite e bevande alcoliche
  • alimenti lavorati ad alto contenuto di carboidrati come il pane

Consumare in eccesso questo tipo di cibi, soprattutto se in combinato ad una condizione di sedentarietà, può condurre un individuo alla condizione di obesità.

Si deve essere chiari anche su un’altra questione: persone che consumano una dieta composta principalmente a base di frutta, verdura, cereali integrali e acqua sono comunque a rischio di ingrassare se mangiano troppo o se intervengono fattori genetici che ne aumentano il rischio. Tuttavia è più probabile che esse godano di una dieta variata mantenendo un peso sano. I cibi freschi e i cereali integrali contengono fibre che fanno sentire una persona piena per più tempo e che favoriscono una sana digestione.

un uomo dorme sul divano abbracciato al suo cane

2) Condurre una vita sedentaria

  • Lavorare in ufficio invece che svolgere un lavoro manuale
  • Stare molte ore al computer o a guardare la televisione piuttosto che svolgere attività fisica
  • utilizzare esclusivamente l’auto per i propri spostamenti piuttosto che camminare o utilizzare una bicicletta

Meno ci muoviamo e meno saranno le calorie che consumeremo.

L’attività fisica è anche molto importante per regolare il comportamento degli ormoni i quali svolgono un ruolo molto importante su come il nostro organismo processa il cibo assunto.

L’attività fisica non richiede per forza un allenamento in palestra. Il lavoro fisico, camminare o andare in bicicletta, salire le scale e tutti i compiti domestici contribuiscono. Tuttavia sono la tipologia e l’intensità dell’attività ad influenzare il grado di beneficio a breve e a lungo termine per l’organismo.

una donna a letto che non riesce a dormire

3) Carenza di sonno

La carenza di sonno, ormai è accertato grazie ad una lunga serie di studi scientifici, può portare all’accumulo di peso corporeo e all’obesità perché può portare a cambiamenti ormonali che aumentano l’appetito.

Quando non dormiamo a sufficienza il nostro corpo produce la grelina: un ormone che stimola l’appetito. Contemporaneamente la mancanza di sonno determina anche una minore produzione di leptina, un ormone che invece sopprime l’appetito.

il corpo umano mostra il sistema endocrino

4) Sindrome metabolica e fruttosio

Gli scienziati credono che esista un legame tra l’alto consumo di fruttosio, l’obesità e la sindrome metabolica. Le autorità scientifiche hanno sollevato preoccupazioni circa l’uso di sciroppo di mais e altre sostanze ad alto contenuto di fruttosio per addolcire bevande e altri prodotti alimentari. I ricercatori osservano che l’assunzione di fruttosio in grandi quantità può essere un importante fattore predittivo del rischio metabolico soprattutto nei giovani.

Gli alimenti che contengono sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio includono:

  • bibite, bevande energetiche e bevande sportive
  • caramelle e gelati
  • creme al caffè
  • salse e condimenti tra cui condimenti per insalata, ketchup e salsa barbecue
  • cibi zuccherati come yogurt, succhi e cibi in scatola
  • pane e altri prodotti da forno già pronti
  • cereali per la colazione, barrette di cereali e barrette energetiche

Per ridurre l’assunzione di sciroppo di mais e altri additivi controllate sempre le etichette prima di acquistare, optate per articoli non dolcificati o meno elaborati, preparate direttamente voi i condimenti per le insalate e, più in generale, cuocete il più possibile in casa i vostri prodotti alimentari.

Alcuni alimenti contengono altri dolcificanti, che possono comunque sviluppare altre tipologie di effetti avversi.

pillole di varie forme e colori

5) Medicinali

Anche alcune tipologie di medicinali possono contribuire all’accumulo di peso.

  • antipsicotici tipici, specialmente olanzapina, quetiapina e risperidone
  • anticonvulsivanti e stabilizzatori dell’umore, in particolare il gabapentin
  • farmaci ipoglicemici come la tolbutamide
  • glucocorticoidi usati per trattare l’artrite reumatoide
  • alcuni antidepressivi

Alcuni farmaci, tuttavia, possono portare invece alla perdita di peso. Chiunque stia iniziando un nuovo trattamento ed è preoccupato per il suo peso dovrebbe chiedere al proprio medico se il farmaco può avere qualche effetto.

6) Fattore genetico

Un gene difettoso associato alla massa grassa e all’obesità è responsabile di alcuni casi di obesità. Uno studio pubblicato nel 2013 indica un collegamento tra questo gene e:

  • l’obesità
  • i comportamenti che portano all’obesità
  • una maggiore assunzione di cibo
  • una preferenza per i cibi ipercalorici
  • una ridotta capacità della sensazione di sazietà

Conclusioni

Molti fattori giocano un ruolo importante nello sviluppo della condizione di obesità. I tratti genetici possono aumentare il rischio in alcune persone.

Una dieta salutare che contenga abbondanza di cibo fresco e un regolare esercizio fisico ridurranno il rischio di obesità nella maggior parte delle persone. Tuttavia, gli individui che hanno una predisposizione genetica potrebbero trovare più difficile mantenere un peso sano.

Condividi la tua situazione personale con il tuo medico di famiglia e discutine, se serve, con un professionista in grado di accompagnarti in un percorso sanitario controllato e costruito sulla tua specifica realtà.

Testata del sito web Vivermeglio

La nostra Casa di cura, da tempo, mette a disposizione Vivermeglio: un programma dedicato ai corretti stili di vita che si giova dell’intervento multidisciplinare di varie tipologie di professionisti in grado di costruire con te e per te un percorso di cura adeguato e fornirti un punto di riferimento di continuità che spesso, da soli, non siamo in grado di portare avanti.


 

immagine di cellule staminali

Cellule staminali e diabete: nuove prospettive

Cellule staminali e diabete: nuove prospettive

Una ricerca della Washington University School of Medicine di St. Louis

Il diabete è una malattia con la quale si può convivere, seguendo le adeguate terapie ed i controlli medici. Al momento, però, non esiste ancora una vera e propria cura.

Un gruppo di ricercatori però sta lavorando ad una possibile soluzione che prevede l’uso delle cellule staminali, trasformate nell’occasione in cellule produttrici di insulina.

Milioni di persone sono affette nel mondo dal diabete

Il diabete è una condizione incurabile tra le più diffuse al mondo, con dati che annunciano una sua ulteriore crescita nei prossimi decenni, soprattutto nei paesi occidentali. Nel diabete di Tipo 2, il più comune in circolazione, il corpo non è in grado di produrre insulina o non è in grado di rispondere ai suoi normali effetti.

Il pancreas, l’organo del nostro corpo che ha il compito di fornire l’insulina al nostro organismo, reagisce in un primo momento aumentando la sua produzione. Questo però non può avvenire all’infinito. Il momento in cui il pancreas non riesce più a stare al passo con le necessità che la malattia impone, arriva inevitabilmente.

A quel punto gli zuccheri nel sangue aumentano e l’organismo non è più in grado di controllarne naturalmente i corretti livelli, in un range che rimanga salutare.  Un aumento della glicemia, giunti a questo punto, può portare a una serie di problemi di salute potenzialmente gravi.

Una delle cose più preoccupanti legate al diabete è l’alta percentuale di persone che, pur affette da questa condizione magari nei primi stadi, ancora non hanno ricevuto una vera e propria diagnosi della malattia. È stato calcolato come soltanto negli Stati Uniti vengano emesse ogni anno più di un milione e mezzo di nuove diagnosi.

Il diabete è una delle più frequenti cause di morte nei paesi occidentali: se non ben curato può condurre ad una serie preoccupante di complicazioni. Il diabete infatti può colpire gli occhi, i nervi, la pelle mentre le persone con questa condizione hanno anche una maggiore probabilità di sviluppare ipertensione e di essere colpiti da ictus.

I sintomi del diabete comprendono:

  • aumento della sete e della minzione
  • fame eccessiva
  • estrema stanchezza
  • problemi alla vista
  • tagli e contusioni che richiedono molto tempo per guarire

La nuova ricerca

I risultati di un nuovo studio a cura della Washington University School of Medicine di St. Louis, apparso sulla rivista scientifica Stem Cell Reports, potrebbero in futuro essere fondamentali per trovare finalmente una cura per il diabete.

Nel corso degli ultimi anni gli scienziati sono riusciti più volte a trasformare con successo le cellule staminali in cellule produttrici di insulina: quelle normalmente presenti nel pancreas che vengono chiamate cellule beta. Tuttavia la scienza, durante questi tentativi precedenti, si era imbattuta in una serie di problemi legati principalmente al fatto che risultasse molto complesso regolare la quantità di insulina prodotta da queste nuove tipologie di cellule.

Modificando il modo in cui hanno le cellule beta venivano sviluppate, il team dietro lo studio di cui stiamo parlando è finalmente riuscito a produrne una tipologia più reattiva ai reali livelli di glucosio presenti nel sangue.

I ricercatori hanno inoltre scoperto che quando trapiantavano le nuove cellule in topi i cui organismi non erano in grado di produrre insulina, queste iniziavano a secernere l’ormone entro pochi giorni e che, per di più, si sono rivelate di ausilio per controllare lo zucchero nel sangue delle cavie per mesi.

Siamo stati in grado di superare un importante punto debole nel modo in cui queste cellule erano state precedentemente sviluppate – dichiara il ricercatore a capo della ricerca Prof. Jeffrey R. Millman: professore di medicina e ingegneria biomedica
Le nuove cellule produttrici di insulina reagiscono più rapidamente e in modo appropriato quando incontrano il glucosio: si comportano quasi esattamente alle cellule beta che osserviamo nell’organismo di persone che non hanno il diabete.

La ricerca sarà applicabile sugli esseri umani?

Con l’incidenza del diabete in continua crescita non stupisce che i ricercatori di tutto il mondo continuino a lavorare nella speranza di trovare un nuovo trattamento per questa condizione. Il Prof. Millman faceva parte in passato del gruppo di ricerca che per primo ha lavorato alla conversione delle cellule della pelle in cellule staminali nel 2014, facendo qualcosa di simile nel 2016 con cellule della pelle di una persona con diabete.

In entrambi i casi il team aveva lavorato per trasformare le cellule staminali in cellule beta che secernono insulina che poi, però, non avevano correttamente funzionato una volta che avevano cominciato a produrre l’ormone. In alcuni casi le cellule producevano troppa insulina, mentre in altri non ne producevano abbastanza. Ovviamente nessuna di queste situazioni è ideale per gestire il diabete nelle persone umane tuttavia, grazie a questo studio, le cellule beta di nuova concezione risultano essere molto più affidabili.

Questa ricerca apre una nuova eccitante strada ai ricercatori che si occupano del diabete. La vera domanda però è: quanto emerso da questo studio potrebbe davvero aiutare l’organismo di un malato di diabete a produrre insulina e quindi funzionare bene anche negli esseri umani? Saranno i test clinici a dare delle risposte ma, in primo luogo, gli scienziati dovranno sviluppare un metodo per testare in sicurezza su pazienti veri questa nuova tipologia di cellule.

Se arrivassimo a quel punto il Prof. Millman ed il suo team avrebbero già in programma di produrre in serie le cellule beta nate da cellule staminali: sarebbero già in grado di generare più di un miliardo di cellule beta in poche settimane.

Come sempre seguiremo gli sviluppi di questa novità e vi aggiorneremo con nuovi articoli se emergessero novità di rilievo.


Vi consigliamo di visitare la sezione del nostro Sito Web dedicata al Percorso di Cura EndOsMet che offre ai nostri pazienti l’opportunità di affrontare al meglio disfunzioni come il diabete, attraverso una visione unica che prevede l’intervento congiunto di professionisti con specializzazioni diverse, coordinati sotto un’unica metodologia operativa.