pasticche di vitamina di disposte come a formare i raggi del sole

Vitamina D: quanto ne abbiamo davvero bisogno e in quali casi?

Vitamina D: quanto ne abbiamo davvero bisogno e in quali casi?

La vitamina D non è la panacea per risolvere tutti i problemi,
ma ha mostrato risultati promettenti in alcune aree chiave.

Per anni si è pensato alla vitamina D come a un integratore miracoloso in grado di ridurre il rischio di sviluppare cancro, malattie cardiovascolari, diabete, fratture ossee e un lungo elenco di altre malattie, croniche e non.

Una serie importante di studi realizzati negli ultimi anni ha dimostrato che la vitamina D non è la panacea che può risolvere tutti i problemi: la stragrande maggioranza di noi ottiene già tutta la vitamina D di cui ha bisogno grazie ad una dieta corretta e ai benefici dei raggi solari.

La domanda importante da porsi – anzi da porre preferibilmente al medico di famiglia – è: ho davvero bisogno di un integratore? Per la maggior parte degli adulti sani, la risposta è no. Abbiamo bisogno solo di quantità moderate di questa vitamina.

Nel 2009 è stato avviato uno studio in doppio cieco volto a fornire risposte più chiare sulla possibilità che l’integrazione di Vitamina D possa prevenire malattie cardiache, ictus e cancro. Lo studio randomizzato, realizzato negli Stati Uniti su scala nazionale chiamato VITAL Study, ha reclutato quasi 26.000 adulti e li ha seguiti per cinque anni. I partecipanti allo studio hanno accettato di ricevere un placebo o 2.000 unità internazionali di vitamina D al giorno, senza sapere quale stessero assumendo.

I primi risultati, pubblicati nel 2019, non hanno rilevato alcuna riduzione statisticamente significativa delle malattie cardiovascolari o del cancro. Anche altri studi randomizzati non hanno rilevato chiari benefici degli integratori di vitamina D per queste malattie. In particolare è stato pubblicato uno studio che analizzava gli integratori di vitamina D e il rischio cardiovascolare raccogliendo dati da ben 21 studi randomizzati condotti su oltre 83.000 persone. Questa analisi non ha trovato un solo studio che dimostrasse un beneficio legato alle malattie cardiovascolari.

Anche i risultati di altri studi hanno dimostrano che gli integratori di vitamina D non riducono il rischio di declino cognitivo, depressione, fibrillazione atriale o diverse altre condizioni di salute. Si deve citare anche un rapporto recente che non ha mostrato alcuna riduzione del tasso di rischio fratture ossee collegato all’assunzione di integratori da vitamina D: idea che un tempo era citata come il beneficio più comune legato a questa vitamina.

La vitamina D, quindi, non è una panacea. Ma rimane uno strumento fondamentale specificatamente per due aree di intervento.

Sempre nell’ambito dei risultati ottenuti dal sopracitato VITAL Study, si è scoperto che gli integratori di vitamina D possono avere effetti benefici sulla riduzione delle malattie autoimmuni e del cancro in fase avanzata. L’integrazione di Vitamina D sembra, in questo caso, ridurre il rischio di sviluppare condizioni autoimmuni come l’artrite reumatoide e la psoriasi di circa il 22% e il cancro avanzato del 17%.

Altri studi hanno indicato che la vitamina D può migliorare la funzione immunitaria e contribuire a ridurre l’infiammazione, il che può contribuire a spiegare il possibile legame tra la vitamina e i migliori risultati in ambito clinico.

Confrontarsi con il proprio medico

Chiunque rientri in una categoria a rischio di carenza da vitamina D, dovrebbe confrontarsi inizialmente con il proprio medico di riferimento così da valutare l’opportunità di assumere un integratore e di sottoporsi a un test dei livelli ematici di vitamina D. Tra le categorie più a rischio per questa deficienza si segnalano nello specifico

  • le persone che vivono in case di riposo, dove l’esposizione al sole potrebbe essere scarsa
  • le persone con determinate restrizioni alimentari come una grave intolleranza al lattosio
  • le persone con condizioni di malassorbimento come il Morbo di Crohn o la celiachia
  • le persone in cura per l’osteoporosi o altri problemi di salute delle ossa.

Per il resto, se vi sentite bene e siete in buona salute, il test per la vitamina D è probabilmente inutile. Tra gli studi effettuati nel corso degli ultimi anni – tra i quali questo per citarne uno – non sono state trovate prove sufficienti per raccomandare uno screening di routine legato a questa vitamina.

Qualche accorgimento

Se siete ancora preoccupati per i vostri livelli di vitamina D, ma non fate parte di un gruppo ad alto rischio, provate ad adottare alcuni semplici accorgimenti per aumentarne l’assunzione.

Per quanto riguarda la dose raccomandata di vitamina D quotidiana, fate sempre riferimento al vostro medico di fiducia. I valori infatti variano in base all’età e ad altri fattori legati alle condizioni specifiche di ogni persona.

Tra gli alimenti che consigliamo relativamente all’apporto di vitamina D ci sono i funghi selvatici e i pesci grassi come il salmone, le sardine e il tonno, ma anche burro, carne di fegato, formaggi grassi.

Inoltre, un’uscita di 15 minuti a piedi un paio di volte alla settimana a mezzogiorno è solitamente sufficiente a far sintetizzare alla pelle una quantità ottimale di vitamina D. Può trattarsi anche di un’esposizione accidentale al sole, ad esempio mentre si fanno delle commissioni. Un’idea ancora migliore per la salute è quella di fare attività fisica all’aperto, ad esempio praticando sport o andando a correre. In questo caso vi ricordiamo di utilizzare una crema di protezione solare che, sì, riduce leggermente l’assorbimento dei raggi solari, ma è fondamentale per prevenire il cancro della pelle e l’invecchiamento precoce della pelle, se l’esposizione al sole è prolungata.

Anche se è molto più facile prendere una pillola che fare attività fisica all’aria aperta e mangiare in modo sano, questi ultimi due aspetti fanno di più per mantenervi in salute e ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, cancro e diabete. L’assunzione di un integratore non potrà mai sostituire una dieta e uno stile di vita sani.


 

silohuette di un volto umano all'interno della quale appare un lampo

Il testosterone influisce sulla capacità degli uomini di dominare gli impulsi istintivi?

Il testosterone influisce sulla capacità degli uomini di dominare gli istinti?

Da dove proviene quella falsa sensazione di sentirsi “infallibili”

Le teste calde che prima sparano e poi chiedono “Chi va là?” sembrano un cliché da film western anni ’70, ma una ricerca del California Institute of Technology spiega invece come probabilmente sono reali e vivono in mezzo a noi.

Uno studio condotto da ricercatori della Caltech, della Wharton School, della Western University e dello ZRT Laboratory, ha testato l’ipotesi che livelli più alti di testosterone contribuirebbero, negli uomini, a fare affidamento più su giudizi intuitivi che sulla riflessione cognitiva, cioè quel processo decisionale grazie al quale una persona si ferma per valutare se la sua reazione di pancia, immediata, abbia senso o meno.

I ricercatori hanno scoperto che uomini, al quale era stata somministrata una certa dose di testosterone, hanno risposto compiendo molti errori ad test progettato per misurare la riflessione cognitiva rispetto ad un gruppo al quale invece era stato dato un placebo.

Quello che abbiamo potuto notare è stato che il gruppo con alti livelli di testosterone ha preso decisioni più rapide proprio su domande costruite per far compiere errori di valutazione se viene dato ascolto all’istinto – afferma Colt Camerer, ricercatore del Caltech – Il testosterone in questo caso sta inibendo il processo di controllo mentale, aumentando la sensazione intuitiva di essere nel giusto.

Lo studio, uno dei più importanti tra quelli condotti su questo argomento, ha visto la partecipazione di 243 uomini selezionati casualmente per ricevere una dose di gel di testosterone o di gel placebo prima di affrontare un test costruito per valutare la capacità di riflessione cognitiva.

Prima del test vero e proprio i soggetti selezionati sono stati sottoposti anche ad un test di valutazione matematica per capire il loro reale impegno, la motivazione a partecipare alla ricerca e le capacità di calcolo e matematiche. Attraverso questi risultati si è scremato il gruppo iniziale, più grande, in maniera da avere il minor numero possibile di falsi positivi: risultati, cioè, che avrebbero potuto inficiare la raccolta di dati che il gruppo di ricerca si era prefissato di realizzare.

Ai soggetti sotto studio sono state proposte domande tipo…

Una caramella e un lecca lecca costano complessivamente 1,10€ ma il lecca lecca costa 1€ più della caramella: quanto costano sia la caramella che il lecca lecca?

Molti soggetti che avevano assunto il testosterone sono andati dritti per dritti seguendo l’istinto e dicendo che la caramella costa 10 centesimi mentre il lecca lecca costa 1€. Ma in questo caso, ovviamente, la differenza tra i due sarebbe di 90 centesimi e non 1€. La risposta giusta, quindi, era o,5 e 1,05€.

Per stimolare al massimo l’attenzione, che fossero sotto testosterone o meno, ai partecipanti non è stato dato un limite di tempo per rispondere ma, anzi, sono stati offerti 1$ per ogni risposta esatta e 2€ addizionali se avessero completato il test senza alcun errore.

I risultati finali hanno dimostrato che le persone che avevano un livello alto di testosterone in corpo durante il test hanno compiuto mediamente il 20% di errori in più dell’altro gruppo. Va ricordato anche che si trattava di un test in doppio cieco: test cioè durante il quale neppure gli esaminatori sapevano quali soggetti fossero stati esposti all’ormone e quali al placebo, in linea con i dettami del modello scientifico.

I ricercatori ritengono che il fenomeno osservato sia collegato all’effetto che il testosterone avrebbe nell’aumentare l’autostima.

L’effetto del testosterone sull’uomo è quello di procurare sicurezza proporzionalmente ai livelli presenti nell’organismo. La sicurezza infonde la sensazione di essere infallibili, il che aiuta a livello sociale in molti casi, ma facilmente può parimenti indurre a prendere decisioni sbagliate.

La ricerca sarà pubblicata in questi giorni sulla rivista specializzata Psychological Science e i risultati saranno messi a disposizione di altri studiosi per approfondire gli effetti che alte dosi dell’ormone potrebbero stimolare soprattutto in persone che ne assumono quantità ingenti senza una reale necessità, per esempio per favorire stimoli di tipo sessuale, e senza il controllo di un medico.

Il consiglio a tutti gli uomini, a scanso di equivoci, per scherzarci un po’ sopra e per evitare il più possibile di ragionare troppo di istinto, è quello di ascoltare di più la loro parte femminile.