Quali sono le terapie mediche per l’ipertrofia prostatica?
Il Sistema urinario: problemi e soluzioni – 8° parte
Il trattamento farmacologico dell’ipertrofia prostatica ha come scopo quello di risolvere, interamente o parzialmente, i sintomi minzionali collegati all’ostruzione urinaria e, eventualmente, rallentare l’ingrossamento della ghiandola stessa.
Non tutti i farmaci disponibili sono però equivalenti nel meccanismo d’azione né scevri di eventuali effetti avversi. Sarà quindi compito dello specialista stabilire, caso per caso, il tipo di trattamento medico da adottare in base all’eventuale beneficio di una terapia farmacologica, le singole esigenze del paziente e le caratteristiche della malattia, potendo optare tra diverse molecole e diversi tipi di associazioni (monoterapie o terapie combinate).
Tra i farmaci disponibili gli antagonisti alfa-adrenergici (o alfa-litici), usati in monoterapia o in combinazione, agiscono a livello della muscolatura liscia del collo vescicale, stroma e capsula prostatici, causando un blocco nervoso adrenergico con conseguente riduzione delle resistenze uretrali.
Le molecole disponibili sono numerose, potendo agire in maniera sottotipo selettiva o non selettiva, long o short acting. L’effetto della terapia è solitamente immediato e la somministrazione quotidiana.
Tra le principali reazioni avverse si potrà avere:
calo pressorio o ipotensione ortostatica (maggiore con le molecole non selettive), palpitazioni ed eiaculazione retrograda o anche disturbi visivi, cause frequenti di scarsa adesione alla terapia.
Per i pazienti con ipertrofia prostatica di grado moderato o elevato vengono utilizzati, allo scopo di ridurre l’ingrossamento della ghiandola, gli inibitori della 5-alfa-reduttasi, enzima deputato alla conversione del testosterone in diidrotestosterone, il nutrimento della prostata.
La riduzione di tali valori ormonali comporta quindi una soppressione della crescita prostatica, carente del proprio nutrimento e cambiamenti a livello cellulare tali da ridurre fino al 20% la crescita della ghiandola.
Le molecole disponibili prevedono somministrazione giornaliera e il loro effetto può richiedere fino a 3 mesi per essere manifesto, motivo per cui possono essere usati in associazione ai farmaci alfa-litici.
Tra i principali effetti avversi, che colpiscono fino al 19% dei pazienti in monoterapia e fino a un quarto dei pazienti in terapia combinata, spesso mal tollerati, si ha:
- calo della libido
- deficit erettile
- disturbi dell’eiaculazione e disturbi mammari, legati alla riduzione dei livelli testosteronici
- meno comuni sono effetti metabolici e allergici
Altre molecole con un ruolo nel trattamento della sintomatologia dell’ipertrofia prostatica sono poi gli inibitori della fosfodiesterasi 5 (PDE5i) come il tadalafil, comunemente usato per i disturbi sessuali associati alle patologie prostatiche e farmaci anticolinergici e antagonisti beta-adrenergici, i quali agiscono nel ridurre i sintomi urinari come l’urgenza minzionale, aggravando però eventuali sintomi ostruttivi.
Entrambe le categorie di trattamento sono però specifiche di alcune manifestazioni cliniche e non andrebbero assunte, quindi, se non sotto attento controllo da parte dello specialista di fiducia.
Trattamenti alternativi come fitoterapici hanno dimostrato una certa efficacia nel trattamento dei sintomi urinari di modesta entità. Tra questi i più utilizzati sono a base di Sabal Serrulata (Serenoa), una pianta della famiglia delle Arecaceae con azione anti-androgena, anti-flogistica, anti-edemigena e anti-estrogenica. I trattamenti fitoterapici non sono tuttavia sostitutivi della terapia medica e, se pur privi di maggiori effetti avversi segnalati, la loro adozione andrebbe sempre valutata dallo specialista.
Articolo a cura del Dott. Andrea Cocci e del Dott. Gianmartin Cito