Due mani operano una finta tiroide costruita con pezzi di puzzle

Ipotiroidismo: parliamo di dieta e alimentazione

Ipotiroidismo

Parliamo di dieta e alimentazione

La tiroide è una ghiandola endocrina dalla caratteristica forma di farfalla che si trova nella parte anteriore del collo e che è coinvolta in numerose funzioni dell’organismo, soprattutto quelle che regolano il nostro metabolismo.

L’ipotiroidismo è una sindrome che rende insufficiente l’azione degli ormoni tiroidei, prevalentemente quando la tiroide stessa non ne produce una quantità sufficiente con un conseguente squilibro di tutto l’organismo. Soffrire di ipotiroidismo può rallentare il metabolismo, causando aumento di peso, affaticamento e altri sintomi.

Come gli studi scientifici più recenti suggeriscono, l’ipotiroidismo è collegato ad un maggiore rischio di malattie cardiache, problemi di salute mentale ed altre problematiche tra le quali tre che sono specifiche per le donne:

  • Le donne con ipotiroidismo soffrono spesso di irregolarità del ciclo mestruale che variano da periodi assenti o poco frequenti a periodi molto frequenti e dal flusso abbondante. Queste irregolarità mestruali possono rendere difficile la gravidanza ed essere un vero e proprio fattore di infertilità.
  • Le donne incinte affette da ipotiroidismo hanno un aumentato rischio di aborto spontaneo durante la gravidanza.
  • Un altro tipo di disturbo che colpisce la ghiandola tiroidea è chiamato gozzo. Il gozzo provoca un gonfiore nella ghiandola tiroidea che può essere accompagnato o meno da carenza o eccesso ormonale. Un nodulo tiroideo è un gonfiore localizzato della ghiandola ed è quattro volte più comune nelle donne.

Spesso la via medica per trattare questa sindrome è quella che prevede di ricorrere all’uso di medicinali in grado di riequilibrare l’organismo rimpiazzando gli ormoni tiroidei mancanti.

Dieta e Ipotiroidismo

La dieta e le scelte alimentari non sono in grado di curare l’ipotiroidismo ma svolgono tre ruoli fondamentali che vanno conosciuti per gestirne la condizione:

  • Gli alimenti che contengono determinati nutrienti possono aiutare a mantenere una corretta funzione della tiroide, per esempio lo iodio, il selenio, lo zinco.
  • Altri alimenti invece interferiscono a detrimento della normale funzione tiroidea, come quelli contenenti soia. Limitando questi prodotti alimentari i sintomi possono essere alleviati.
  • Alcuni alimenti e integratori, infine, possono interferire negativamente con il modo in cui il corpo assorbe i farmaci sostitutivi della tiroide. La limitazione di questi alimenti può quindi aiutare l’organismo.

L’ipotiroidismo rallenta il metabolismo. Per questo è spesso correlato all’aumento di peso. Le persone affette da questa sindrome dovrebbero porre quindi particolare attenzione alla loro dieta, scegliendo prodotti in grado di diminuire l’effetto della mancata produzione ormonale.

È quindi utile conoscere quali sostanze siano in grado di migliorare la qualità della vita di chi è affetto da ipotiroidismo e in quali alimenti si possano reperire naturalmente.

IODIO

Il nostro corpo non è in grado di produrre naturalmente lo iodio, sostanza però necessaria alla produzione di ormoni.  È quindi importante assurmere questa sostanza scegliendo cibi in grado di fornirne come:

  • formaggi
  • latte
  • gelato
  • sale da tavola iodato
  • pesce d’acqua salata
  • uova intere

Bisogna fare attenzione al fatto che anche un’assunzione di quantità troppo elevate di iodio può contribuire a peggiorare l’ipotiroidismo o a produrre ipertiroidismo. Per questo è sempre indicato rivolgersi ad un professionista in grado di costruire con il paziente e poi modificare nel tempo una dieta corretta.

SELENIO

Il selenio è nutriente antiossidante che svolge un importante ruolo nella produzione degli ormoni tiroidei. Gli stessi tessuti della tiroide contengono il selenio in maniera naturale.

Gli alimenti ricchi di selenio includono:

  • tonno
  • gamberi
  • manzo
  • tacchino
  • pollo
  • prosciutto
  • uova
  • fiocchi d’avena
  • pane di farina integrale

ZINCO

Lo zinco è un altro nutriente che ha importanti effetti benefici sugli ormoni tiroidei e quindi sul metabolismo del nostro organismo.

Gli alimenti ricchi di zinco includono:

Gli alimenti che sarebbe meglio evitare

Alcuni alimenti contengono sostanze nutrienti che potrebbero contribuire ad un cattivo funzionamento della produzione tiroidea. Anche se non stiamo parlando di alimenti da vietare, un uso ridotto si è dimostrato efficace nel ridurre le sintomatologie di questa sindrome.

GOZZIGENI

Tra gli alimenti che contengono gozzigenianti-tiroidei possiamo segnalare:

  • cavoli
  • cavoletti di Bruxelles
  • cavolo russo
  • broccoli
  • cavolfiore

È molto importante però ricordare come questi alimenti offrano anche molti benefici per la salute. Le persone affette da ipotiroidismo possono assolutamente godere di questi cibi se assunti con moderazione: gli scienziati ritengono che questi cibi influenzino solo gli ormoni di chi ne consuma in eccesso. Va aggiunta l’importante informazione che il processo di cottura sembra disattivare gli effetti negativi sulla tiroide delle sostanze gozzigene.

SOIA

Negli ultimi anni alcuni ricercatori hanno scoperto che la soia può interferire con il modo in cui la tiroide produce ormoni.

In uno studio clinico pubblicato nel 2017, una paziente aveva sviluppato un grave ipotiroidismo dopo aver consumato una bevanda salutare contenente elevate quantità di soia per 6 mesi. Le sue condizioni sono poi migliorate dopo aver sospeso la bevanda e assunto farmaci sostitutivi dell’ormone tiroideo.

Gli alimenti che contengono soia includono:

  • latte di soia
  • salsa di soia
  • fagioli di soia
  • tofu
  • miso

ALIMENTI PROCESSATI o TRASFORMATI

Una persona dovrebbe evitare gli alimenti processati che tendono ad essere densi di calorie pur offrendo pochi benefici nutrizionali. Questa tipologia di alimenti è nota anche per favorire l’aumento di peso.

Esempi di alimenti perocessati includono:

  • Fast food
  • hot dog
  • ciambelle
  • torte
  • biscotti

GLUTINE

L’Ipotiroidismo può avere legami con una malattia autoimmune sottostante. Chi presenta i sintomi di questa sindrome può quindi essere più a rischio di altri di sviluppare altre condizioni autoimmuni come la celiachia.

La celiachia causa infiammazione cronica e danni all’intestino tenue a causa dell’ingestione di glutine. Il glutine è una proteina contenuta nel grano e in altri cereali, tra cui orzo, avena e segale.

Trattare la celiachia comporta seguire una dieta priva di glutine. Anche se non è ancora stato accertato un legame certo, le persone con ipotiroidismo autoimmune possono tentare di eliminare il glutine dalla loro dieta per vedere se i loro sintomi migliorano.


Come sempre queste informazioni e questi consigli hanno un carattere informativo. Il nostro intento è di farvi percepire l’importanza di affrontare questioni come l’ipotiroidismo assieme ad un professionista in grado di costruire con voi un percorso medico che corrisponda al vostro reale stato di salute. I professionisti di Villa Donatello, per esempio quelli che formano il team per il percorso di cura EndOsMet, sono a vostra disposizione per analizzare la vostra situazione personale.

una ragazza sta facendo ginnastica su un tappetino

Esercizio fisico e metabolismo: quando il grasso svolge un ruolo benefico

Esercizio fisico e metabolismo

Quando il grasso svolge un ruolo benefico

Un team internazionale di scienziati ha recentemente scoperto come l’esercizio fisico apporti benefici al metabolismo e alla salute nel suo complesso attraverso la sua interazione e il suo effetto sul grasso. La scoperta più sorprendente è stata quella che ha mostrato quanto il tessuto grasso svolga un ruolo attivo all’interno di questo processo.

Il gruppo di ricercatori di cui parliamo è stato lo stesso che, in un lavoro precedente, aveva dimostrato per primo che l’esercizio fisico stimola il tessuto adiposo a rilasciare molecole in grado di regolare il metabolismo.

Ora, in un nuovo articolo apparso sulla rivista Nature Metabolism, i membri dello stesso team descrivono la metodologia con la quale hanno identificato una di queste molecole e di come ne hanno studiato la sua attività.

La molecola in questione è una proteina chiamata fattore di crescita trasformante beta 2 (TGF-beta 2) e lo studio riguarda i suoi effetti sul metabolismo del glucosio e degli acidi grassi.

Utilizzando delle cavie, i ricercatori hanno dimostrato che l’esercizio fisico stimolava le cellule di grasso a rilasciare TGF-beta 2, apportando quindi miglioramenti alla tollerabilità del glucosio. Allo stesso tempo si è dimostrato che trattare un gruppo di topi sedentari con la molecola TGF-beta 2 ha permesso di invertire gli effetti metabolici dannosi dell’alimentazione ad alto contenuto di grassi in quei soggetti.

La scoperta che una singola proteina abbia effetti così importanti è stata piuttosto impressionante – ammette l’autrice a capo del team di studio Laurie J. Goodyear, professoressa di Medicina presso la Harvard Medical School di Boston.

L’adipochina in grado di migliorare la tolleranza al glucosio

La TGF-beta 2 è un adipochina, fa parte cioè di un grande gruppo di molecole proteiche di segnalazione tra cellula e cellula secrete dal tessuto adiposo. Questa tipologia di molecole aiuta a regolare una varietà di processi metabolici nel tessuto grasso ma anche nel cervello, nel fegato e in altri organi, svolgendo anche un ruolo importante nel sistema immunitario.

Il TGF-beta 2 però è diverso dalla maggior parte delle adipochine rilasciate dalle cellule grasse che tendono ad aumentare con l’obesità e possono danneggiare la salute e il metabolismo. La prof.ssa Goodyear spiega infatti che, a differenza degli effetti negativi di molte delle altre molecole dello stesso gruppo, questa nuova ricerca ha identificato e riconosciuto la TGF-beta 2 come adipochina che ha la proprietà di migliorare la tolleranza al glucosio quando viene rilasciata dalle cellule adipose a seguito dell’esercizio fisico.

Il team di ricercatori ha approfondito lo studio del comportamento delle adipochine negli uomini e nei topi maschi prima e dopo l’esercizio, registrando come i livelli di TGF-beta 2 fossero aumentati dopo l’esercizio fisico. Ulteriori approfondimenti hanno rivelato come l’esercizio fisico abbia causato un aumento dei livelli di TGF-beta 2 non solo nel tessuto adiposo ma anche nel sangue, sia sull’uomo che sulla cavia.

Nel corso di questi ulteriori approfondimenti si è infine appreso come il trattamento dei topi con TGF-beta 2 abbia attivato direttamente alcuni cambiamenti metabolici, tra i quali si sono notati rilevanti aumenti dei livelli di assorbimento degli acidi grassi e una migliore tolleranza al glucosio.

In una fase successiva dello studio i ricercatori hanno somministrato TGF-beta 2 a topi divenuti obesi in seguito ad una dieta ricca di grassi, osservando che la proteina aveva un effetto simile a quello prodotto dall’esercizio fisico: è riuscita cioè a invertire gli effetti negativi che una dieta ricca di grassi infligge al metabolismo.

Come i risultati di questa ricerca incidano sul futuro delle cure per il diabete e gli alti livelli di glicemia

Un passaggio molto interessante è stato quando si è inoculato la molecola TGF-beta 2 su cavie che avevano sviluppato diabete di tipo 2 in seguito ad un regime alimentare ricco di grassi. Anche in questo caso l’effetto è stato simile a quello provocato dall’esercizio fisico: un’inversione dell’impatto metabolico negativo della dieta.

Questo probabilmente è il primo studio in grado di dimostrare che una molecola prodotta dall’esercizio fisico può favorire il metabolismo.

Durante il processo attraverso il quale il TGF-beta 2 viene prodotto un ruolo molto importante viene svolto dall’acido lattico rilasciato dai muscoli durante l’esercizio fisico. L’acido lattico, dopo la sua produzione, viaggia nel tessuto grasso stimolando le cellule adipose a secernere TGF-beta 2.

I ricercatori ritengono che i risultati potrebbero portare a terapie che utilizzano TGF-beta 2 per il trattamento degli alti livelli di glicemia e del diabete di tipo 2. Come sempre accade in questo caso, tuttavia, la strada della Scienza è ancora lunga prima che tali trattamenti possano essere disponibili.

La Professoressa Goodyear conclude dicendo che

questa ricerca rivoluziona davvero il modo in cui pensiamo all’esercizio fisico e ai molti effetti che ha sul nostro metabolismo ma, soprattutto, di come il grasso stia effettivamente giocando un ruolo importante nel modo in cui i processi in atto nel nostro organismo durante l’esercizio fisico armonizzino il sistema metabolico.

Questo nuovo studio non fa che ribadire l’importanza che l’esercizio fisico ha per la nostra salute e, più in generale, di quanto sia fondamentale adottare uno stile di vita che tenga conto delle nostre effettive necessità alimentari, di sonno, di gestione dello stress. Di questo si occupa un team di professionisti riuniti nel nostro programma Vivermeglio: un percorso su misura, personalizzato in base al tuo stato di salute, alla tua età e alle tue esigenze particolari, in grado di offrirti una costante supervisione medica che garantisca la qualità e la correttezza scientifica del progetto. Per avere ulteriori informazioni puoi visitare il portale dedicato cliccando l’immagine sottostante.


 

disegni stilizzati di medici e pazienti in un ospedale

Le Giornate della Salute- 17 Novembre 2018

VILLA DONATELLO CLINICA APERTA

Le Giornate della Salute

Open Day – Sabato 17 Novembre dalle 8.30 alle 14.30
Una prima giornata dedicata alla promozione della prevenzione gratuita a Firenze

ATTENZIONE: Grazie per la risposta che avete dato a questo primo appuntamento con
“Le Giornate della Salute”.
Al momento tutti gli appuntamenti per le prestazioni di prevenzione gratuita sono già stati assegnati tranne pochi posti ancora disponibili per le visite di uro-andrologia

Come avevamo anticipato durante la giornata di inaugurazione ufficiale della nostra nuova sede di Via Ragionieri a Sesto Fiorentino, Villa Donatello rilancia il suo impegno verso la promozione della prevenzione, attraverso la programmazione di un Open Day che coinvolge alcune Specialità tra quelle che offriamo quotidianamente ai nostri pazienti.

Il primo appuntamento si terrà Sabato 17 Novembre, dalle ore 8.30 alle ore 14.30, metteremo a disposizione della cittadinanza ben 200 prestazioni gratuite di prevenzione: il primo di un ciclo di giornate aperte che rappresenta soltanto uno degli obiettivi che vogliamo raggiungere grazie alla maggiore disponibilità di spazi che la nuova struttura di Firenze Castello ci mette a disposizione.

I campi di attività di questo Open Day sono legati all’oculistica, alla dermatologia, alla ginecologia, a controlli uroandrologici e al metabolismo legato allo stile di vita.

COME PRENOTARSI

Ogni sezione di questo articolo è corredata da un pulsante che vi permetterà di compilare il modulo di prenotazione. In alternativa troverete il modulo direttamente alla fine dell’articolo. E’ possibile prenotare anche chiamando il numero 055 5097900 dalle 12:30 alle 14:30 (da lunedì a venerdì). Vi ricordiamo che le prenotazioni saranno attive fino ad esaurimento delle disponibilità, che sarà possibile prenotare una sola tipologia di visita a persona e che nel caso di prenotazioni per più persone (ad esempio per il proprio figlio o marito) è necessario compilare un secondo modulo utilizzando l’apposito pulsante che troverete sotto al primo.


ambulatorio di oculistica

OCULISTICA

La giornata si focalizza su tre patologie:

Il glaucoma è una malattia oculare correlata generalmente a una pressione dell’occhio troppo elevata. Secondo l’OMS ne sono affette almeno 55 milioni di persone nel mondo. Il glaucoma è la seconda causa di cecità a livello planetario dopo la cataratta, ma è la prima causa irreversibile; in Italia si stima che colpisca circa un milione di persone, ma la metà di esse non ne sarebbero a conoscenza perché non effettuano visite oculistiche periodiche. La disabilità visiva provocata dal glaucoma (compresa l’ipovisione) si può prevenire purché la malattia sia diagnosticata e curata tempestivamente. Generalmente colpisce dopo i 40 anni.

L’ambliopia o occhio pigro è una condizione caratterizzata da una riduzione più o meno marcata della capacità visiva di un occhio, raramente di entrambi, senza che ci siano stati danni oculari organici. Si tratta di una patologia che si sviluppa in età pediatrica, e si manifesta in tutte quelle condizioni in cui il bambino “non usa” involontariamente un occhio. Infatti quando al cervello giungono due immagini molto diverse tra loro, il cervello non riesce a sovrapporle e a fonderle in un’unica immagine e sopprime quella qualitativamente peggiore.
L’ambliopia dipende quindi da un’alterata trasmissione dell’informazione visiva tra l’occhio e il cervello per cui quest’ultimo privilegia l’occhio da cui arrivano le immagini migliori a discapito dell’altro.Se riconosciuta e trattata precocemente l’ambliopia è generalmente reversibile.

• L’esame della retina consente la visualizzazione dell’albero vascolare arterioso e venoso retinico, di cui si può valutare il decorso e la dimensione. Permette, soprattutto, di osservare la macula, la zona centrale della retina che consente la visione frontale. Infatti, eventuali degenerazioni e anomalie (distrofie) possono essere diagnosticate e monitorate con tale esame. Si può valutare la conformazione della testa del nervo ottico individuando eventuali patologie (anche generali o sistemiche). Il diabete o l’ipertensione sono patologie che colpiscono i vasi: ciò che accade nell’occhio avviene, ad esempio, anche nel rene e nel cuore. Il vantaggio è che, con il fondo dell’occhio, si riescono a visualizzare le vene e le arterie con sistemi non invasivi. Per quanto riguarda le patologie oculari il semplice esame del fondo dell’occhio ci permette di prevenire alcune patologie oculari, consentendo di seguire terapie che possono scongiurare patologie gravi e irreversibili.

Coloro i quali ne faranno tempestivamente richiesta saranno gratuitamente sottoposti, Sabato 17 novembre 2018, ad una visita di screening oculistico che valuterà una delle tre patologie sopra descritte.

Durante le visite sono previsti anche alcuni esami non invasivi:

  • Per il glaucoma è previsto un esame tonometrico che misura il valore della pressione intraoculare.
  • Per l’ambliopia i piccoli pazienti verranno esaminati con il Test di Lang che fornisce un quadro immediato della capacità visiva binoculare.
  • Per la retina verrà eseguito un esame del fondo oculare con un retinografo computerizzato.

Gli esami, grazie alle tecnologie innovative utilizzate, sono tutti non invasivi e non prevedono l’utilizzo di colliri. È previsto che le visite abbiano una durata di circa 20 minuti.

Esaurito


DERMATOLOGIA

Durante l’Open Day, in ambito dermatologico ci occupiamo della mappatura dei nei. Si tratta di uno di quei controlli medici che andrebbe fatto periodicamente, tenendo comunque presente l’importanza di controllare l’eventuale insorgenza di nuovi nei sul nostro corpo con costanza.

Questo tipo di analisi è sempre più importante se si tiene conto di quanto sia aumentata la percentuale di insorgenza di melanoma nella popolazione: l’Istituto Superiore di Sanità stima che nell’ultimo quinquennio in Italia i decessi attribuiti a melanoma cutaneo sono stati 4.000 nei maschi e oltre 3.000 nelle femmine, corrispondenti a tassi medi di mortalità rispettivamente di 5 e 6 su 100.000 abitanti l’anno.

I controlli messi a disposizione durante l’Open Day dureranno all’incirca 15 minuti.

Esaurito


una dottoressa ha appena effettuato l'esame del pap test ad una paziente

GINECOLOGIA

L’Open Day del prossimo 17 Novembre vedrà impegnati i medici specialisti di questa disciplina nell’erogazione di visite gratuite con ecografia dedicate alla prevenzione delle malattie ginecologiche. Nel corso della seduta, a discrezione del medico, potrebbe anche essere effettuato un esame di citologia ginecologica.

La durata media prevista delle prestazioni offerte è tra 20 e 30 minuti.

Esaurito


un andrologo mostra il simbolo virtuale dei reni

UROLOGIA e ANDROLOGIA

Le visite di prevenzione gratuita dedicate a questa disciplina si concentreranno prevalentemente sui problemi della disfunzione erettile e dei problemi urinari.

  • Disfunzione erettile: I dati relativi alla disfunzione erettile raccolti sulla popolazione maschile tra i 18 ed i 75 anni riportano un’incidenza estremamente variabile tra il 20 e l’80% essendo questa condizione dipendente dall’età, là dove aumenta con l’invecchiamento, ma anche correlata alla condizione fisica e spesso gravata da aspetti psicosomatici.
    La disfunzione erettile è comunemente psicosomatica in giovane età senza tuttavia poter sono escludere problemi di origine ormonale. È tipicamente legata ad aspetti vascolari in età più avanzate.
    Sono noti solo alcuni fattori di rischio per lo sviluppo di questa condizione tra i quali appaiono rilevanti il l’età superiore ai 65 anni, il fumo, l’obesità, l’ipertensione, la presenza di malattia di Peyronie, il diabete, la chirurgia pelvica e altro ancora.
  • Problemi urinari: I dati sull’incidenza dei problemi urinari sulla popolazione maschile tra i 18 ed i 70 anni riportano un’incidenza estremamente variabile tra il 50 e l’80% essendo essi costanti o saltuari durante la vita dell’individuo.Nella grande maggioranza dei casi tali disturbi sono da attribuire a stati flogistici transitori prostatici senza poter escludere tuttavia infezioni di tipo batterico. Con l’avanzare dell’età al possibile stato infiammatorio/infettivo si aggiunge la comparsa dei sintomi ostruttivi tipici dell’ipertrofia prostatica.
    Sono noti solo alcuni fattori di rischio per lo sviluppo di questa condizione, tra i quali appaiono rilevanti il l’età superiore ai 65 anni, il fumo, l’obesità, l’ipertensione, il diabete, rapporti a rischio e altro ancora.

Il tempestivo riconoscimento della sintomatologia in stati precoci è lo strumento più efficace per contrastarne l’evoluzione verso le forme più avanzate che necessitano poi di terapie croniche ed eventuali terapia chirurgica.

I risultati emersi durante la visita saranno valutati da un medico uro-andrologo che esprimerà raccomandazioni e proposte da veicolare al medico di famiglia per eventuali successivi approfondimenti.

La visita durerà circa 15 minuti e consisterà in una visita urologica completa con esplorazione rettale.

 

oppure chiama il numero 055 5097900 dalle 12:30 alle 14:30 (da lunedì a venerdì)


scarpe sportive, pesi e frutta fresca

METABOLISMO e STILE DI VITA

Lo stile di vita è salute, misuriamolo!

Uno stile di vita è il modo in cui una persona vive. Ciò include modelli di relazioni sociali, consumo, intrattenimento e abbigliamento. Uno stile di vita in genere riflette anche le attitudini, i valori o la visione del mondo di un individuo.

Uno stile di vita sano è generalmente caratterizzato come una “vita equilibrata” in cui si fanno “scelte sagge”.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1946 definì la salute come “uno stato completo di benessere mentale, fisico e sociale non solo l’assenza di malattia”.

Si stima, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che lo stile di vita non corretto soprattutto per la sedentarietà e le sbagliate abitudini alimentari siano la causa principale di circa il 27% del diabete e circa il 30% del malattia ischemica e per il 21-25% del rischio del cancro al seno e al colon.

La visita messa a disposizione durante l’Open Day, dalla durata di circa 20 minuti ed erogata dal team di professionisti che normalmente si occupa del nostro servizio Vivermeglio,  sarà dedicata ad una valutazione dello stile di vita con la misurazione di alcuni parametri corporei e delle abitudini alimentari e quindi a fornire indicazioni nutrizionali e comportamentali su come vivere in maniera più sana.

Esaurito


MODULO DI PRENOTAZIONE

Avvertenze

Prima di inviare il modulo dovrete confermare di aver letto le nostre politiche di protezione dei dati.

Vi ricordiamo inoltre che per ogni persona sarà possibile prenotare soltanto una tipologia di prestazione ma che sarà possibile prenotare la stessa o un’altra visita per una seconda persona utilizzando l’apposito pulsante che troverete nella parte finale di questa pagina.

Una volta inviata la richiesta sarete ricontattati il prima possibile per confermare la disponibilità e ricevere le indicazioni per presentarsi all’appuntamento.

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    alcuni kiwi sia chiusi che aperti

    Vitamina K e metabolismo osseo: mito e realtà

    Pubblichiamo oggi una versione adattata per il nostro blog di una importante Review dedicata al rapporto tra Vitamina K e metabolismo osseo recentemente pubblicata dalla Dr.ssa Roberta Cosso e dal Dr. Alberto Falchetti del Gruppo EndOsMet su un’importante rivista scientifica.


    Vitamina K e metabolismo osseo: facciamo un po’ di chiarezza.

    Cos’è e dove si trova la vitamina K?

    Sotto il termine vitamina K è rappresentato un gruppo di vitamine liposolubili, strutturalmente simili, identificate meno di 100 anni fa.

    Diverse forme di vitamina K sono state descritte in natura e rappresentano vitamine liposolubili uniche, con una specifica funzione di coenzima (processi di carbossilazione): K1, K2, e K3.

    La vitamina K1 è presente nelle piante/verdure, in più alta quantità in verdure a foglia verde, direttamente coinvolta nella fotosintesi. Gli animali possono anche convertirla a K2.

    Le molecole di vitamina K2, o menachinoni, sono prodotte a livello intestinale da sintesi batterica.

    Le principali forme alimentari si trovano, per lo più, in alimenti contenenti grassi, ad esempio formaggio fermentato, che ne miglioreranno l’assorbimento e la biodisponibilità rispetto alla K1.

    La maggior parte della produzione di K2 avviene nel colon


    La vitamina K3, o menadione, rappresenta una molecola provitaminica ed è un analogo sintetico, non usato come integratore nutrizionale nei paesi economicamente sviluppati per la sua potenziale tossicità.

    Diversi prodotti naturali/sintetici, contenenti metaboliti della vitamina K, sono disponibili in commercio e il loro uso viene anche consigliato per una non meglio specificata salute delle ossa.

    È pertanto necessario e utile affrontare questo aspetto specifico del loro uso, descrivendo lo stato dell’arte alla luce degli studi di ricerca di base, traslazionale e clinici, riportati in letteratura.

    Esistono chiare evidenze per un’efficacia della vitamina K sulla salute dello scheletro?

    In realtà, non abbiamo alcuna certezza di una reale efficacia della vitamina K nella prevenzione delle fratture da fragilità.

    Ad oggi, gli studi clinici pubblicati sono stati condotti su diverse etnie, con diverse abitudini alimentari, supplementazione di metaboliti differenti di vitamina K, dosi diverse della stessa e diversi fattori di rischio di frattura.

    La vitamina K sembra essere importante per la salute dell’osso e, in effetti, bassi livelli circolanti sono stati associati ad un aumentato rischio di fratture dell’anca in studi osservazionali.

    Tuttavia, i risultati degli studi clinici sono ancora inconcludenti e non è ancora certo se la sua supplementazione, come K1 o K2, diminuisca il rischio di fratture vertebrali, non vertebrali, anche a causa dei limiti metodologici per la valutazione di questi risultati.

    Deve ancora essere considerato e compreso quale tipo di vitamina K (K1, K2, K3?) sia da utilizzare nella pratica clinica quotidiana, come supplemento/farmaco per una migliore salute delle ossa.

    vitamina-k-e-metabolismo-osseo

    Possiamo suggerire la vitamina K con indicazione certa per mantenere o migliorare la qualità ossea?

    L’efficacia della vitamina K sulla qualità dell’osso e sulla prevenzione delle fratture dovrà essere confermata in futuro con grandi studi clinici randomizzati, controllati, con una potenza statistica sufficiente per rilevare differenze, tra i gruppi confrontati, reali e clinicamente significative.

    Attualmente, esistono diverse limitazioni prima di prescrivere consapevolmente una dieta arricchita o supplementi di vitamina K per una migliore salute ossea e queste limitate evidenze sulla prevenzione delle fratture da fragilità, fanno sì che non sia attualmente consigliabile un uso di routine dei supplementi per prevenire osteoporosi e fratture in donne in postmenopausa e uomini.

    Inoltre, non abbiamo alcuna informazione chiara relativa a quali marcatori biologici potrebbero essere più sensibili ed accurati per valutare gli effetti sullo scheletro, sia positivi che negativi, della sua assunzione.

    Domande ancora aperte

    Vi sono ancora domande aperte che necessitano di adeguata risposta:

    1. nonostante un effetto minimo sulla massa ossea, la vitamina K può avere un effetto protettivo sulla fratture?
    2. quali altre vie metaboliche ossee vitamina K-dipendenti, oltre a quelle note, potrebbero essere presenti nell’influenzare il rischio di frattura?
    3. l’effetto della vitamina K sulla frattura potrebbe essere mediato attraverso un ruolo sulla qualità, la geometria, o la forza dello scheletro?

    Un ruolo per il microbiota?

    Un equilibrio tra microbiota (insieme dei microorganismi che vivono in simbiosi nel tubo digerente dell’uomo) benefico e patogeno durante l’infanzia e l’adolescenza potrebbe essere rilevante per la salute gastrointestinale e in generale per una sintesi e mantenimento favorevole di vitamina K.

    Per concludere…

    Nei prossimi anni, studi umani preclinici o clinici, dovranno produrre dati basati sull’evidenza per sostenere un ruolo per la supplementazione di vitamina K nella prevenzione e cura di malattie metaboliche dell’osso, come l’osteoporosi.

    Vi è anche la speranza che ulteriori studi saranno più chiari nello stabilire una relazione causale tra stress ossidativo e perdita di massa ossea in donne in postmenopausa e uomini nell’invecchiamento, attraverso la somministrazione di agenti antiossidanti protettivi, quali la molecole di vitamina K, attraverso la dieta o integrazioni.

    Roberta Cosso e Alberto Falchetti