Due bambini camminano scalzi su un sentiero di campagna

Mio figlio cammina con le “punte in fuori” o con le “punte in dentro”, è un problema?

Mio figlio cammina con le “punte in fuori”
o con le “punte in dentro”, è un problema?

Domande e Risposte di Ortopedia Pediatrica #7

Quella di camminare con le punte in fuori o con le punte in dentro, nei bambini, è una condizione che nella maggior parte dei casi tende a correggersi con lo sviluppo, che dipende dall’antiversione femorale. Raramente, soprattutto se asimmetrica, essa può perdurare nel tempo e rappresentare una condizione patologica meritevole talvolta anche di correzione chirurgica, con interventi di osteotomia derotativa.

Una valutazione specialistica ortopedico-pediatrica in questi casi può essere indicata anche per fare diagnosi differenziale con altri condizioni patologiche, talvolta confuse con tale condizione (alterazione dell’appoggio plantigrado, displasia dell’anca, patologie neurologiche).

articolo a cura del Dott. Salvatore di Giacinto


 

immagine delle piccole gambe di una bambina

Come e quando trattare un “piede piatto”?

Come e quando trattare un “piede piatto”?

Domande e Risposte di Ortopedia Pediatrica #5

Il cosiddetto piede piatto rappresenta una delle problematiche di più frequente osservazione in ambito ortopedico pediatrico, che entro i 4-5 anni non rappresenta una patologia, ma una condizione che fa parte del fisiologico sviluppo plantigrado del piede di un bambino.

Se tale conformazione persiste dopo tale epoca di vita, può essere indicata una valutazione specialistica ortopedico-pediatrica, che nella maggioranza dei casi pone indicazione solo di un adeguato follow-up e, più raramente, a trattamenti correttivi chirurgici.

L’indicazione al trattamento chirurgico del piede piatto pronato può essere posta correttamente fra gli 8-9 anni e i 13 anni circa, dove sono indicati degli interventi chirurgici mini-invasivi detti di artrorisi.

L’artrorisi è un intervento chirurgico che mira a ridurre la pronazione del calcagno attraverso l’inserimento, comunemente, di una vite nel seno del tarso (riassorbibile o non riassorbibile), con una funzione di “calcaneo-stop”. L’azione di questo mezzo di sintesi è in ogni caso duplice: meccanica in un primo momento, con blocco dell’escursione articolare appunto della sottoastragalica e immediata correzione del piattismo-pronazione; successivamente la vite agisce stimolando nel tempo i propriocettori del piede (in particolare le terminazioni nervose del seno del tarso) con attivazione riflessa della muscolatura che garantisce nel tempo un cambiamento reale della struttura neuromuscolare del piede.

Entrambi i piedi sono operati nella medesima seduta e la procedura ha una durata complessiva di circa 30 minuti, con l’applicazione di tutori a fine procedura e ripresa del carico dopo pochi giorni. Di solito i tempi di recupero sono veloci, con l’indicazione a periodi di riabilitazione funzionale brevi.

Dopo almeno 2 anni dall’intervento, qualora vengano usate viti non riassorbibili, esse vengono rimosse: la procedura, effettuata in regime di Day Hospital, è breve e non ha nessun effetto sul carico e sul mantenimento della correzione, che resta ottimale.

Nel caso di utilizzo di vite riassorbibili – quando tecnicamente possibile, la scelta preferibile – esse presentano un tempo di degradazione di circa 2 anni.

In altri casi possono associarsi a tale procedura tempi accessori che prevendono l’intervento su parti molli (plastiche di tensionamento).

Altre volte queste procedure chirurgiche mini-invasive non sono praticabili, in relazione sia all’età del bambino (diagnosi tardiva) che all’entità della deformità, ponendo in tale caso l’indicazione all’esecuzione di procedure chirurgiche con un peso superiore, dette osteotomie.

articolo a cura del Dott. Salvatore di Giacinto


 

un neonato fa un'espressione buffa

Il torcicollo miogeno congenito, cos’è?

Il Torcicollo Miogeno Congenito, cos’é?

Domande e Risposte di Ortopedia Pediatrica #3

Il Torcicollo Miogeno Congenito è una patologia diagnosticata in epoca perinatale, abbastanza frequente in ambito ortopedico-pediatrico, caratterizzata dall’inclinazione della testa da un lato con rotazione verso il lato opposto, associata ad un gonfiore sul retro e a lato del collo, che dà luogo ad una difficoltà del bambino nel ruotare la testa dal lato dell’inclinazione e fletterla dal lato opposto, associata talvolta a deformità cranica (plagiocefalia).

Tale condizione è dovuta ad una retrazione (accorciamento) di un muscolo del collo, lo sternocleidomastoideo, causata da un vizio di posizione intrauterina.

Una diagnosi precoce associata ad un precoce trattamento chinesiterapico-posturale appropriato è fondamentale per avere degli ottimi risultati. Raramente, soprattutto in caso di diagnosi tardiva e deformità severa, è indicata la terapia chirurgica.

articolo a cura del Dott. Salvatore di Giacinto


 

una dottoressa controlla i piedi di un neonato

Il Piede Torto Congenito: che cos’è?

Il Piede Torto Congenito: che cos’è?

Domande e Risposte di Ortopedia Pediatrica #2

Il Piede Torto Congenito è una patologia di frequente riscontro in ambito ortopedico pediatrico, caratterizzata da una deformità del piede alla nascita – anche bilaterale – che si presenta tipicamente deviato su tre dimensioni:

  • equino (con la punta rivolta verso il basso)
  • varo (tallone rivolto verso l’esterno)
  • supinato (il piede è ruotato sull’asse longitudinale verso l’interno)

Il Piede Torto Congenito risulta essere una deformità irriducibile, in cui una diagnosi ed un trattamento precoce risultano fondamentali per raggiungere dei buoni risultati.

Il trattamento secondo Metodo Ponseti risulta essere tra i più efficaci al mondo.

articolo a cura del Dott. Salvatore di Giacinto


 

Che cos’é la displasia dell’anca?

Che cos’é la displasia dell’anca?

Domande e Risposte di Ortopedia Pediatrica #1

Con il termine displasia dell’anca (o lussazione congenita dell’anca) si indicano una serie di anomalie dello sviluppo dell’anca che iniziano nella vita intrauterina e che conducono ad un’alterazione della conformazione e del rapporto tra femore ed acetabolo.

Una diagnosi ecografica, eseguita intorno alle 4-6 settimane di vita, associata ad un’appropriata valutazione clinica ortopedico-pediatrica, è fondamentale per intraprendere un trattamento adeguato.

Molti studi internazionali evidenziano come, in nazioni dove vi è uno screening ecografico universale, i tassi di complicanza della patologia sono fortemente limitati.

Trattamenti precoci legati a diagnosi precoci, possono limitarsi dal solo all’utilizzo di tutori dedicati nonché apparecchi gessati, fino a trattamenti chirurgici, anche in più tempi, soprattutto in caso di diagnosi tardive e/o deformità severe.

I buoni risultati sono strettamente legati quindi ad una puntuale e precoce diagnosi, nonché ad un appropriato approccio terapeutico.

articolo a cura del Dott. Salvatore di Giacinto