immagine delle piccole gambe di una bambina

Come e quando trattare un “piede piatto”?

Domande e Risposte di Ortopedia Pediatrica #5

Il cosiddetto piede piatto rappresenta una delle problematiche di più frequente osservazione in ambito ortopedico pediatrico, che entro i 4-5 anni non rappresenta una patologia, ma una condizione che fa parte del fisiologico sviluppo plantigrado del piede di un bambino.

Se tale conformazione persiste dopo tale epoca di vita, può essere indicata una valutazione specialistica ortopedico-pediatrica, che nella maggioranza dei casi pone indicazione solo di un adeguato follow-up e, più raramente, a trattamenti correttivi chirurgici.

L’indicazione al trattamento chirurgico del piede piatto pronato può essere posta correttamente fra gli 8-9 anni e i 13 anni circa, dove sono indicati degli interventi chirurgici mini-invasivi detti di artrorisi.

L’artrorisi è un intervento chirurgico che mira a ridurre la pronazione del calcagno attraverso l’inserimento, comunemente, di una vite nel seno del tarso (riassorbibile o non riassorbibile), con una funzione di “calcaneo-stop”. L’azione di questo mezzo di sintesi è in ogni caso duplice: meccanica in un primo momento, con blocco dell’escursione articolare appunto della sottoastragalica e immediata correzione del piattismo-pronazione; successivamente la vite agisce stimolando nel tempo i propriocettori del piede (in particolare le terminazioni nervose del seno del tarso) con attivazione riflessa della muscolatura che garantisce nel tempo un cambiamento reale della struttura neuromuscolare del piede.

Entrambi i piedi sono operati nella medesima seduta e la procedura ha una durata complessiva di circa 30 minuti, con l’applicazione di tutori a fine procedura e ripresa del carico dopo pochi giorni. Di solito i tempi di recupero sono veloci, con l’indicazione a periodi di riabilitazione funzionale brevi.

Dopo almeno 2 anni dall’intervento, qualora vengano usate viti non riassorbibili, esse vengono rimosse: la procedura, effettuata in regime di Day Hospital, è breve e non ha nessun effetto sul carico e sul mantenimento della correzione, che resta ottimale.

Nel caso di utilizzo di vite riassorbibili – quando tecnicamente possibile, la scelta preferibile – esse presentano un tempo di degradazione di circa 2 anni.

In altri casi possono associarsi a tale procedura tempi accessori che prevendono l’intervento su parti molli (plastiche di tensionamento).

Altre volte queste procedure chirurgiche mini-invasive non sono praticabili, in relazione sia all’età del bambino (diagnosi tardiva) che all’entità della deformità, ponendo in tale caso l’indicazione all’esecuzione di procedure chirurgiche con un peso superiore, dette osteotomie.

articolo a cura del Dott. Salvatore di Giacinto