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Ipertrofia prostatica benigna

Ipertrofia prostatica benigna

A Villa Donatello tutte le metodiche per trattarla:
un’intervista al Dr. Andrea Cocci

Oltre 6 milioni di uomini italiani over 50 soffrono di Ipertrofia prostatica benigna ed interessa l’80% degli uomini over 80.

Negli ultimi anni, 10 uomini su 100 tra i 40 e 50 anni hanno già sviluppato i primi sintomi, facendo così registrare un abbassamento della soglia di età di chi viene colpito
dall’ipertrofia prostatica benigna, che si manifesta anche negli over 30 con i primi disturbi alle basse vie urinarie.

Ad oggi, Villa Donatello è l’unica struttura in Italia che possiede tutte le metodiche disponibili per il trattamento di questa patologia.

Scopriamone di più con il Dr. Andrea Cocci, urologo e andrologo che lavora sia all’AOU Careggi – dove è assistente professore e ricercatore presso l’Università di Firenze – che a Villa Donatello, dove svolge la libera professione occupandosi delle patologie del tratto urinario, in particolare dell’ipertrofia prostatica e delle malformazioni urogenitali.

Dr. Cocci, che cos’è l’Ipertrofia prostatica benigna?

L’ipertrofia prostatica benigna è un fisiologico ingrandimento della prostata che colpisce gli uomini a partire dai 30 anni e non ha nessuna correlazione con il tumore alla prostata. Se la vogliamo vedere sotto un punto di vista più ampio viene considerata una malattia del benessere in quanto. adesso che l’aspettativa di vita supera i 78 anni, sempre più uomini soffrono di ipertrofia prostatica proprio perché l’ingrandimento è rientra nel normale processo di invecchiamento.

Spesso è invece la conseguenza di cattive abitudini quotidiane: avere uno stile di vita sano e corretto è fondamentale per la salute del nostro organismo.

La prostata è infatti una ghiandola estremamente sensibile all’infiammazione, condizione causata per esempio da una cattiva alimentazione, da una vita sedentaria, dal fumo: i pazienti che soffrono prostatiti, cioè infiammazioni prostatiche ripetute durante l’arco della vita, svilupperanno un’ipertrofia prostatica più precoce e più severa.

Quali sono i sintomi con i quali si manifesta l’Ipertrofia prostatica benigna?

L’ingrandimento prostatico causa sintomi di tipo urinario ostruttivo in circa l’80% dei pazienti, rendendo difficoltoso il normale passaggio dell’urina dalla vescica all’esterno del corpo.

Ci sono poi ipertrofie prostatiche che danno sintomi più importanti quali: la diminuzione del getto dell’urina; l’aumento della frequenza urinaria; la necessità di alzarsi la notte per andare in bagno; infezione frequente (cistite o prostatite) per l’impossibilità di svuotare la vescica, fino a sintomi più importanti come la disfunzione erettile o l’impossibilità di urinare con la necessità del posizionamento di un catetere vescicale.

Come viene scelta la tipologia di trattamento per portare il paziente alla guarigione?

La maggior parte dei pazienti è costretta ad assumere farmaci per guarire dall’ipertrofia prostatica benigna; molti altri sono costretti a ricorrere a delle terapie chirurgiche. Ogni trattamento scelto è comunque secondario ad una diagnosi ed il paziente dovrà essere prima inquadrato con tutta una serie di esami: più i sintomi sono importanti, più ci si sposterà su terapie maggiormente aggressive.

Per ogni paziente esiste la metodica giusta ed è estremamente utile che in un’unica clinica siano disponibili tutte le terapie e metodiche, in modo che l’urologo ed il chirurgo possano scegliere il percorso più adatto a trattare ogni singola prostata: una vera e propria tailor made therapy, una terapia sartoriale scelta in base ai sintomi e alla situazione medica del paziente.

Come viene trattata, in prima istanza, l’Ipertrofia prostatica benigna?

L’ipertrofia prostatica, come tutte le alte malattie, si approccia in una prima istanza a livello farmacologico. I farmaci disponibili sono di tre famiglie e dipendono chiaramente dal grado di severità della malattia. Si parte con i fitofarmaci, cioè farmaci di totale estrazione naturale che hanno un’azione antinfiammatoria molto blanda e che possono essere applicarti a pazienti con sintomi estremamente leggeri in particolare nella giovane età. Seguono i farmaci alfalitici, che vanno direttamente ad allentare la costrizione data dall’ingrossamento della prostata. Sono dei farmaci estremamente efficaci ma poco graditi dal paziente in quanto hanno lo spiacevole effetto collaterale di bloccare l’espulsione dello sperma durante l’orgasmo e questo è un qualcosa che molti uomini non gradiscono a prescindere dal miglioramento della condizione urinaria.

Infine, troviamo i farmaci antiandrogeni, che abbassano i livelli di testosterone: la prostata è testosterone dipendente e l’abbassamento dei suoi livelli ne provoca in qualche modo una minima diminuzione di volume.

Come è intuibile la diminuzione di testosterone ha degli effetti collaterali importanti, uno su tutti il calo della libido, anch’esso molto poco gradito dai pazienti.

Queste tre tipologie di farmaci vengono utilizzati non solo in sequenza a seconda della gravità dei sintomi, ma possono essere anche utilizzati insieme come terapia combinata in  pazienti dove l’ipertrofia prostatica si manifesta in maniera particolarmente severa.

Ovviamente non a tutti i pazienti funziona la terapia farmacologica: statisticamente parlando, su 100 pazienti, il 30% non trova una risoluzione con i farmaci e deve optare per un’alternativa chirurgica.

Quanti metodi chirurgici esistono e come vengono scelti?

I trattamenti non medici per gestire l’ipertrofia prostatica sono estremamente targettizzati su quello che è l’individuo.

Si dividono in terapia interstiziale e chirurgia resettiva.

I pazienti di oggi arrivano molto preparati alla visita con il medico e spesso suggeriscono la metodica con la quale vorrebbero essere operati: vogliono che tolga i sintomi urinari – quindi tutte le urgenze, le impossibilità di urinare, etc. –, che sia sicura, che porti ad una rapida ospedalizzazione e conseguente dimissione, e preferibilmente anche il mantenimento dell’eiaculazione.

Tutto questo non può essere fatto, ovviamente, prescindendo dalla condizione di partenza: ogni prostata ha la sua metodica di elezione ed è il chirurgo che sceglie il miglior cacciavite per quella vite.

In cosa consiste la terapia interstiziale?

Quando l’ipertrofia prostatica si presenta in pazienti con prostate non estremamente voluminose e molto intenzionati al mantenimento dell’eiaculazione, possono essere utilizzate le cosiddette terapie interstiziali, dove non si va a rimuovere del tessuto, ma si va ad inserire all’interno della prostata, chiamata adenoma, del calore, o con il vapore (Rezum) o con un laser (Echolaser o TPLA): lo shock termico provoca una retrazione del tessuto e quindi una diminuzione del volume della prostata.

L’intervento viene praticato in day-hospital, rimuovendo completamente la sintomatologia che per 5/6 anni non si ripresenterà.

Il giorno dopo l’intervento il paziente può riprendere le normali attività quotidiane.

Cos’è la chirurgia resettiva?

Quando la prostata è più voluminosa ed i sintomi sono più importanti, bisogna ricorrere a quelle che sono le metodiche chirurgiche resettive, dove il tessuto va asportato.

Queste si dividono in due grandi famiglie: l’ablazione con acqua – la metodica si chiama aquabeam ed è una tecnica robotica con cui si va ad asportare il tessuto in forma automatizzata attraverso un software che misura il tessuto da togliere e lo rimuove in forma automatica.

È una metodica particolarmente interessate perché oltre a rimuovere il tessuto, conserva l’eiaculazione.

Se invece i pazienti non sono particolarmente interessati all’eiaculazione ma hanno la necessità di procedere con una terapia resettiva, possiamo ricorrere ai laser.

Esistono tre tipi di laser: a olmio, chiamato HOLEP; laser a tullio, chiamato TULEP, laser a luce verde, chiamato GREEN LIGHT.

Queste metodiche hanno la capacità di andare a rimuovere il tessuto in maniera estremamente rapida. La differenza tra le metodiche resettive e quelle interstiziali è che nelle prime il paziente ha necessità di essere ricoverato da uno a tre giorni, cui seguiranno due giorni di convalescenza.

Cosa differenzia Villa Donatello dalle altre strutture sanitarie
nel trattamento dell’Ipertrofia prostatica benigna?

Villa Donatello è l’unica struttura in Italia dove sono presenti tutte le tecnologie esistenti per trattare l’ipertrofia prostatica benigna; inoltre qui è possibile trovare un team di chirurghi ed urologi esperti in ogni metodica per curare questa patologia, garantendo così massimi livelli di professionalità e consulenza.

Ci sono pazienti che in base alla propria condizione devono essere trattati con una o con l’altra metodica: a Villa Donatello riusciamo a curare tutti i casi, nessuno viene mandato in qualche altra clinica né viene trattato con una metodica sbagliata, cosa che purtroppo può accadere quando in una struttura è disponibile una singola o doppia tecnologia.

Inoltre, Villa Donatello offre un percorso che accompagna il paziente dalla diagnosi alla completa guarigione in cui si intersecano diverse figure professionali ed è un percorso estremamente standardizzato che funziona.

Oltre agli aspetti che riguardano l’intervento chirurgico in sé, è importante sottolineare che l’inquadramento diagnostico pre-operatorio, fondamentale nel percorso che porterà alla guarigione, viene fatto con tecnologie all’avanguardia.

Da chi è composta l’equipe e come viene organizzato il lavoro?

A Villa Donatello abbiamo costituito l’equipe con un approccio moderno, inserendo le eccellenze di ogni singola metodica: si tratta dei migliori professionisti per il trattamento dell’ipertrofia prostatica a 360°; nel team siamo tutti intercambiabili sulle varie metodiche, ma ognuno di noi si è specializzato su una di queste.

Lavorando in equipe, siamo sempre presenti contestualmente in sala operatoria: abbiamo così la possibilità di intercambiarci e di consigliarci, anche fisicamente, sulla scelta della procedura prima di intervenire.

La multidisciplinarietà è ormai presente anche nella singola specializzazione proprio per la presenza di così tanta specificità, tecnologia, variabilità del paziente. È un approccio che per noi è vincente, dà la massima garanzia di soddisfazione per il paziente e in termini di sicurezza sicuramente è la miglior qualità che ad oggi possiamo offrire.


 

pillole mediche

Quali sono le terapie mediche per l’ipertrofia prostatica?

Quali sono le terapie mediche per l’ipertrofia prostatica?

Il Sistema urinario: problemi e soluzioni – 8° parte

Il trattamento farmacologico dell’ipertrofia prostatica ha come scopo quello di risolvere, interamente o parzialmente, i sintomi minzionali collegati all’ostruzione urinaria e, eventualmente, rallentare l’ingrossamento della ghiandola stessa.

Non tutti i farmaci disponibili sono però equivalenti nel meccanismo d’azione né scevri di eventuali effetti avversi. Sarà quindi compito dello specialista stabilire, caso per caso, il tipo di trattamento medico da adottare in base all’eventuale beneficio di una terapia farmacologica, le singole esigenze del paziente e le caratteristiche della malattia, potendo optare tra diverse molecole e diversi tipi di associazioni (monoterapie o terapie combinate).

Tra i farmaci disponibili gli antagonisti alfa-adrenergici (o alfa-litici), usati in monoterapia o in combinazione, agiscono a livello della muscolatura liscia del collo vescicale, stroma e capsula prostatici, causando un blocco nervoso adrenergico con conseguente riduzione delle resistenze uretrali.

Le molecole disponibili sono numerose, potendo agire in maniera sottotipo selettiva o non selettiva, long o short acting. L’effetto della terapia è solitamente immediato e la somministrazione quotidiana.

Tra le principali reazioni avverse si potrà avere:

calo pressorio o ipotensione ortostatica (maggiore con le molecole non selettive), palpitazioni ed eiaculazione retrograda o anche disturbi visivi, cause frequenti di scarsa adesione alla terapia.

Per i pazienti con ipertrofia prostatica di grado moderato o elevato vengono utilizzati, allo scopo di ridurre l’ingrossamento della ghiandola, gli inibitori della 5-alfa-reduttasi, enzima deputato alla conversione del testosterone in diidrotestosterone, il nutrimento della prostata.

La riduzione di tali valori ormonali comporta quindi una soppressione della crescita prostatica, carente del proprio nutrimento e cambiamenti a livello cellulare tali da ridurre fino al 20% la crescita della ghiandola.

Le molecole disponibili prevedono somministrazione giornaliera e il loro effetto può richiedere fino a 3 mesi per essere manifesto, motivo per cui possono essere usati in associazione ai farmaci alfa-litici.

Tra i principali effetti avversi, che colpiscono fino al 19% dei pazienti in monoterapia e fino a un quarto dei pazienti in terapia combinata, spesso mal tollerati, si ha:

  • calo della libido
  • deficit erettile
  • disturbi dell’eiaculazione e disturbi mammari, legati alla riduzione dei livelli testosteronici
  • meno comuni sono effetti metabolici e allergici

Altre molecole con un ruolo nel trattamento della sintomatologia dell’ipertrofia prostatica sono poi gli inibitori della fosfodiesterasi 5 (PDE5i) come il tadalafil, comunemente usato per i disturbi sessuali associati alle patologie prostatiche e farmaci anticolinergici e antagonisti beta-adrenergici, i quali agiscono nel ridurre i sintomi urinari come l’urgenza minzionale, aggravando però eventuali sintomi ostruttivi.

Entrambe le categorie di trattamento sono però specifiche di alcune manifestazioni cliniche e non andrebbero assunte, quindi, se non sotto attento controllo da parte dello specialista di fiducia.

Trattamenti alternativi come fitoterapici hanno dimostrato una certa efficacia nel trattamento dei sintomi urinari di modesta entità. Tra questi i più utilizzati sono a base di Sabal Serrulata (Serenoa), una pianta della famiglia delle Arecaceae con azione anti-androgena, anti-flogistica, anti-edemigena e anti-estrogenica. I trattamenti fitoterapici non sono tuttavia sostitutivi della terapia medica e, se pur privi di maggiori effetti avversi segnalati, la loro adozione andrebbe sempre valutata dallo specialista.

Articolo a cura del Dott. Andrea Cocci e del Dott. Gianmartin Cito

 

silohuette di un volto umano all'interno della quale appare un lampo

Il testosterone influisce sulla capacità degli uomini di dominare gli impulsi istintivi?

Il testosterone influisce sulla capacità degli uomini di dominare gli istinti?

Da dove proviene quella falsa sensazione di sentirsi “infallibili”

Le teste calde che prima sparano e poi chiedono “Chi va là?” sembrano un cliché da film western anni ’70, ma una ricerca del California Institute of Technology spiega invece come probabilmente sono reali e vivono in mezzo a noi.

Uno studio condotto da ricercatori della Caltech, della Wharton School, della Western University e dello ZRT Laboratory, ha testato l’ipotesi che livelli più alti di testosterone contribuirebbero, negli uomini, a fare affidamento più su giudizi intuitivi che sulla riflessione cognitiva, cioè quel processo decisionale grazie al quale una persona si ferma per valutare se la sua reazione di pancia, immediata, abbia senso o meno.

I ricercatori hanno scoperto che uomini, al quale era stata somministrata una certa dose di testosterone, hanno risposto compiendo molti errori ad test progettato per misurare la riflessione cognitiva rispetto ad un gruppo al quale invece era stato dato un placebo.

Quello che abbiamo potuto notare è stato che il gruppo con alti livelli di testosterone ha preso decisioni più rapide proprio su domande costruite per far compiere errori di valutazione se viene dato ascolto all’istinto – afferma Colt Camerer, ricercatore del Caltech – Il testosterone in questo caso sta inibendo il processo di controllo mentale, aumentando la sensazione intuitiva di essere nel giusto.

Lo studio, uno dei più importanti tra quelli condotti su questo argomento, ha visto la partecipazione di 243 uomini selezionati casualmente per ricevere una dose di gel di testosterone o di gel placebo prima di affrontare un test costruito per valutare la capacità di riflessione cognitiva.

Prima del test vero e proprio i soggetti selezionati sono stati sottoposti anche ad un test di valutazione matematica per capire il loro reale impegno, la motivazione a partecipare alla ricerca e le capacità di calcolo e matematiche. Attraverso questi risultati si è scremato il gruppo iniziale, più grande, in maniera da avere il minor numero possibile di falsi positivi: risultati, cioè, che avrebbero potuto inficiare la raccolta di dati che il gruppo di ricerca si era prefissato di realizzare.

Ai soggetti sotto studio sono state proposte domande tipo…

Una caramella e un lecca lecca costano complessivamente 1,10€ ma il lecca lecca costa 1€ più della caramella: quanto costano sia la caramella che il lecca lecca?

Molti soggetti che avevano assunto il testosterone sono andati dritti per dritti seguendo l’istinto e dicendo che la caramella costa 10 centesimi mentre il lecca lecca costa 1€. Ma in questo caso, ovviamente, la differenza tra i due sarebbe di 90 centesimi e non 1€. La risposta giusta, quindi, era o,5 e 1,05€.

Per stimolare al massimo l’attenzione, che fossero sotto testosterone o meno, ai partecipanti non è stato dato un limite di tempo per rispondere ma, anzi, sono stati offerti 1$ per ogni risposta esatta e 2€ addizionali se avessero completato il test senza alcun errore.

I risultati finali hanno dimostrato che le persone che avevano un livello alto di testosterone in corpo durante il test hanno compiuto mediamente il 20% di errori in più dell’altro gruppo. Va ricordato anche che si trattava di un test in doppio cieco: test cioè durante il quale neppure gli esaminatori sapevano quali soggetti fossero stati esposti all’ormone e quali al placebo, in linea con i dettami del modello scientifico.

I ricercatori ritengono che il fenomeno osservato sia collegato all’effetto che il testosterone avrebbe nell’aumentare l’autostima.

L’effetto del testosterone sull’uomo è quello di procurare sicurezza proporzionalmente ai livelli presenti nell’organismo. La sicurezza infonde la sensazione di essere infallibili, il che aiuta a livello sociale in molti casi, ma facilmente può parimenti indurre a prendere decisioni sbagliate.

La ricerca sarà pubblicata in questi giorni sulla rivista specializzata Psychological Science e i risultati saranno messi a disposizione di altri studiosi per approfondire gli effetti che alte dosi dell’ormone potrebbero stimolare soprattutto in persone che ne assumono quantità ingenti senza una reale necessità, per esempio per favorire stimoli di tipo sessuale, e senza il controllo di un medico.

Il consiglio a tutti gli uomini, a scanso di equivoci, per scherzarci un po’ sopra e per evitare il più possibile di ragionare troppo di istinto, è quello di ascoltare di più la loro parte femminile.