una zuppa di broccoli

Dieta e Glicemia: un nuovo studio

Dieta e Glicemia: un nuovo studio

Un nuovo studio dimostra che una dieta a basso contenuto di carboidrati
aiuta le persone con diabete non trattato e quelle a rischio di diabete a ridurre la glicemia.

Sebbene le diete a basso contenuto di carboidrati siano spesso consigliate a coloro che sono in cura per il diabete, fino ad oggi esistevano poche prove che dimostrassero se mangiare meno carboidrati può influire sulla glicemia delle persone con diabete o prediabete che non assumono farmaci specifici.

In un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica JAMA Network Open, un gruppo di ricercatori hanno confrontato due gruppi specifici di soggetti: uno assegnato ad una dieta a basso contenuto di carboidrati e un altro che ha continuato a seguire la dieta abituale. Dopo sei mesi, il gruppo di soggetti che stava seguendo una dieta a basso contenuto di carboidrati ha registrato un importante calo dell’emoglobina A1c – un indicatore dei livelli di zucchero nel sangue – rispetto al gruppo che seguiva la dieta abituale. I soggetti appartenenti al gruppo con la dieta a basso contenuto di carboidrati ha anche mostrato una perdita di peso e ha registrato, a digiuno, livelli di glucosio più bassi.

Il messaggio che deve passare è che una dieta a basso contenuto di carboidrati, se mantenuta, potrebbe essere un approccio utile per la prevenzione e il trattamento del diabete di tipo 2, anche se sono necessarie ulteriori ricerche – afferma Kirsten Dorans, assistente alla cattedra di epidemiologia presso la Tulane University School of Public Health and Tropical Medicine e autrice principale della ricerca di cui parliamo.

Soltanto in Europa sono circa 61 milioni i soggetti affetti da diabete [dati aggiornati al 2021], una condizione che si verifica quando l’organismo non utilizza correttamente l’insulina e non riesce a regolare i livelli di zucchero nel sangue. È calcolato che il diabete di tipo 2 rappresenti nel mondo oltre il 90% dei casi.

Il diabete di tipo 2 può compromettere gravemente la qualità della vita con sintomi quali visione offuscata, intorpidimento di mani e piedi e stanchezza generale e può causare altri gravi problemi di salute come malattie cardiache, perdita della vista e malattie renali.

I risultati dello studio sono particolarmente importanti per i soggetti affetti da prediabete, i cui livelli di A1c sono superiori alla norma ma inferiori a quelli che verrebbero classificati come diabete.

Molte delle persone che si trovano nella condizione di prediabete non ne sono consapevoli. I soggetti affetti da prediabete sono a maggior rischio di diabete di tipo 2, infarto o ictus e di solito non assumono farmaci per abbassare i livelli di zucchero nel sangue: per questo una dieta sana è ancora più cruciale.

Lo studio ha coinvolto soggetti partecipanti la cui glicemia variava da livelli prediabetici a diabetici che non assumevano farmaci per il diabete. I partecipanti al gruppo a basso contenuto di carboidrati hanno visto i livelli di A1c ridursi dello 0,23% in più rispetto al gruppo che seguiva la dieta abituale, un valore che la Dott.ssa Dorans definisce “modesto ma clinicamente rilevante”.

È importante notare che i grassi costituivano circa la metà delle calorie assunte dai soggetti del gruppo a basso contenuto di carboidrati, ma stiamo parlando per lo più di grassi monoinsaturi e polinsaturi salutari presenti in alimenti come l’olio d’oliva e le noci.

Lo studio non dimostra che una dieta a basso contenuto di carboidrati sia in grado di prevenire il diabete, ma apre la strada a ulteriori ricerche su come mitigare i rischi per la salute di chi soffre di prediabete e diabete non trattato con farmaci.


 

un ragazzo e una ragazza sorridono

Cos’é la disfunzione erettile?

Cos’é la disfunzione erettile?

Il Sistema urinario: problemi e soluzioni – 1° parte

Per disfunzione erettile (DE) intendiamo la ricorrente o persistente incapacità ad ottenere e/o mantenere un’erezione valida tale da consentire rapporti sessuali soddisfacenti per entrambi i partner.La disfunzione erettile rappresenta una patologia di rilevante impatto sociale: si calcola infatti che, in Italia, il 13% degli uomini, ossia circa 3 milioni, siano affetti almeno in parte da questa condizione. Altre ricerche internazionali, condotte su gruppi più ampi di popolazione hanno rilevato in oltre il 50% dei casi presenza di disfunzione erettile, se si includono anche le forme lievi-moderate.

L’incidenza di tale problematica aumenta con l’avanzare dell’età, passando progressivamente dall’ 1,7% nei pazienti di età inferiore ai 50 anni al 48,3% nei pazienti di età maggiore di 70 anni; in alcuni sottogruppi di pazienti come i fumatori ed i diabetici queste percentuali aumentano esponenzialmente in quanto aumentano i fattori di rischio che possono essere strettamente correlati all’insorgenza del disturbo.

Dal punto di vista eziopatologico, almeno il 70% dei casi di disfunzione erettile dipende da cause di origine organica. Sicuramente un ruolo molto importante è svolto da stili di vita inadeguati (come l’obesità, la vita sedentaria, il fumo), condizioni metaboliche (come il diabete e l’ipercolesterolemia), l’assunzione cronica di diversi farmaci (per esempio i beta-bloccanti per il controllo dell’ipertensione) o le conseguenze di diverse procedure chirurgiche.

È molto importante sottolineare come talvolta l’insorgenza improvvisa di disfunzione erettile possa costituire un campanello d’allarme per la salute generale dell’uomo in quanto, ad esempio avendo essa un’origine vascolare, può rappresentare un precoce esordio di angiosclerosi che può antecedere un episodio di ischemia maggiore, in sede coronarica (infarto ) o carotidea (ischemia cerebrale). La disfunzione erettile, altrettanto, potrebbe essere sintomo di esordio della microangiopatia diabetica.

Complessivamente, la disfunzione erettile può essere dovuta a diverse possibili cause: fattori vascolari (DE arteriogenica o venogenica), neurologici, iatrogeni, ormonali e/o psicologici.

Negli anni ’60 questo disturbo veniva considerato nel 90% dei casi a genesi psicologica e soltanto il 10% riconosceva una causa organica o fisica. Con il passare del tempo, sia per una maggiore incidenza dei fattori di rischio sopracitati sia per una migliore capacità diagnostica in tale ambito, le percentuali si sono quasi invertite. Tuttavia, molto spesso una componente psicologica, primitiva o secondaria, si associa sempre ad una problematica fisica nel campo erettivo. Basta infatti pensare allo stress, all’ansia da prestazione che possono contribuire a causare o accentuare una disfunzione erettiva.

È fondamentale, prima di eseguire le indagini diagnostiche per la disfunzione erettile, individuare possibili fattori di rischio (abitudini di vita, uso di droghe, presenza di malattie croniche, assunzione di farmaci, interventi chirurgici precedenti) o di rilevanti componenti psicologiche o relazionali tali da richiedere ad esempio una valutazione specialistica sessuologica.

L’anamnesi sessuologica permette di approfondire le relazioni affettive e sessuali del paziente, lo stile emotivo con cui egli affronta la tensione e l’ansia. È rilevante sapere se il paziente ha una storia affettiva, se questa è stabile e se in particolare, nell’eventuale coppia, c’è conflittualità: una richiesta di prestazione sessuale a tutti i costi o una non comprensione da parte del/della partner sono fattori scoraggianti per un uomo con problemi sessuali.

Le informazioni sulla partner inoltre ci permettono un inquadramento più completo: età, menopausa, assunzione di terapia estroprogestinica sostitutiva, assunzione di contraccettivi orali, stato di salute (eventuali interventi chirurgici o patologie che compromettono l’attività sessuale), modificazioni della libido. Informazioni relative al lavoro, in particolare eventuali problemi legati a esso (scarsa gratificazione, impegni pressanti, tensione con i colleghi), sono motivi che permettono di capire se c’è una parte intra-psichica all’ origine del disturbo.

L’esame obiettivo andrologico rappresenta un punto chiave nella valutazione del paziente con disfunzione erettile. L’esame obiettivo generale serve a escludere un quadro di franco ipogonadismo (riduzione patologica del volume testicolare), a rilevare problemi vascolari (aumentati valori pressori, alterazione dei polsi periferici) o metabolici (fimosi come segno di diabete mellito misconosciuto), oltre che ad escludere problemi neurologici di rilievo e presenza di placche peniene.

Successivamente verrà esaminata l’eventuale esistenza di patologie prostatiche (ad esempio prostatiti). Inoltre, la valutazione della prostata mediante esplorazione rettale costituisce un esame essenziale, in quanto le dimensioni prostatiche rappresentano un indice importante di androgenizzazione a tutte le età.

Per quanto riguarda la diagnostica di laboratorio è molto importante lo studio del quadro ormonale con dosaggio di: testosterone totale, prolattina, glicemia, trigliceridi, colesterolo, PSA (antigene prostatico specifico) plasmatico nei pazienti di età superiore ai 50 anni.

Attualmente, tra gli esami di secondo livello, l’Eco-Color-Doppler penieno dinamico farmaco-indotto è considerato il gold standard per porre diagnosi di conferma di disfunzione erettile su base vasculogenica, adeguato per la valutazione dell’integrità vascolare del pene. Si tratta di uno studio dinamico, ossia funzionale, eseguito in condizioni di base (pene in detumescenza) e dopo stimolazione con farmaci (sostanze vaso-attivo a dosaggio standardizzato) iniettati all’interno dei corpi cavernosi del pene, al fine di studiare l’afflusso ed il deflusso del sangue in condizione di erezione.

Inoltre, un altro possibile esame da eseguire è l’erettometria notturna che si avvale di uno strumento in grado di monitorare le erezioni spontanee durante le ore notturne. Attraverso i tracciati è poi possibile risalire alla qualità e al numero degli episodi erettili che si sono verificati durante il sonno. Infatti una disfunzione erettiva su base psicologica non dovrebbe compromettere la qualità e quantità delle erezioni spontanea durante la notte.

Articolo a cura del Dott. Andrea Cocci e del Dott. Gianmartin Cito

(Leggi la seconda parte qui e la terza parte qui)

immagine di cellule staminali

Cellule staminali e diabete: nuove prospettive

Cellule staminali e diabete: nuove prospettive

Una ricerca della Washington University School of Medicine di St. Louis

Il diabete è una malattia con la quale si può convivere, seguendo le adeguate terapie ed i controlli medici. Al momento, però, non esiste ancora una vera e propria cura.

Un gruppo di ricercatori però sta lavorando ad una possibile soluzione che prevede l’uso delle cellule staminali, trasformate nell’occasione in cellule produttrici di insulina.

Milioni di persone sono affette nel mondo dal diabete

Il diabete è una condizione incurabile tra le più diffuse al mondo, con dati che annunciano una sua ulteriore crescita nei prossimi decenni, soprattutto nei paesi occidentali. Nel diabete di Tipo 2, il più comune in circolazione, il corpo non è in grado di produrre insulina o non è in grado di rispondere ai suoi normali effetti.

Il pancreas, l’organo del nostro corpo che ha il compito di fornire l’insulina al nostro organismo, reagisce in un primo momento aumentando la sua produzione. Questo però non può avvenire all’infinito. Il momento in cui il pancreas non riesce più a stare al passo con le necessità che la malattia impone, arriva inevitabilmente.

A quel punto gli zuccheri nel sangue aumentano e l’organismo non è più in grado di controllarne naturalmente i corretti livelli, in un range che rimanga salutare.  Un aumento della glicemia, giunti a questo punto, può portare a una serie di problemi di salute potenzialmente gravi.

Una delle cose più preoccupanti legate al diabete è l’alta percentuale di persone che, pur affette da questa condizione magari nei primi stadi, ancora non hanno ricevuto una vera e propria diagnosi della malattia. È stato calcolato come soltanto negli Stati Uniti vengano emesse ogni anno più di un milione e mezzo di nuove diagnosi.

Il diabete è una delle più frequenti cause di morte nei paesi occidentali: se non ben curato può condurre ad una serie preoccupante di complicazioni. Il diabete infatti può colpire gli occhi, i nervi, la pelle mentre le persone con questa condizione hanno anche una maggiore probabilità di sviluppare ipertensione e di essere colpiti da ictus.

I sintomi del diabete comprendono:

  • aumento della sete e della minzione
  • fame eccessiva
  • estrema stanchezza
  • problemi alla vista
  • tagli e contusioni che richiedono molto tempo per guarire

La nuova ricerca

I risultati di un nuovo studio a cura della Washington University School of Medicine di St. Louis, apparso sulla rivista scientifica Stem Cell Reports, potrebbero in futuro essere fondamentali per trovare finalmente una cura per il diabete.

Nel corso degli ultimi anni gli scienziati sono riusciti più volte a trasformare con successo le cellule staminali in cellule produttrici di insulina: quelle normalmente presenti nel pancreas che vengono chiamate cellule beta. Tuttavia la scienza, durante questi tentativi precedenti, si era imbattuta in una serie di problemi legati principalmente al fatto che risultasse molto complesso regolare la quantità di insulina prodotta da queste nuove tipologie di cellule.

Modificando il modo in cui hanno le cellule beta venivano sviluppate, il team dietro lo studio di cui stiamo parlando è finalmente riuscito a produrne una tipologia più reattiva ai reali livelli di glucosio presenti nel sangue.

I ricercatori hanno inoltre scoperto che quando trapiantavano le nuove cellule in topi i cui organismi non erano in grado di produrre insulina, queste iniziavano a secernere l’ormone entro pochi giorni e che, per di più, si sono rivelate di ausilio per controllare lo zucchero nel sangue delle cavie per mesi.

Siamo stati in grado di superare un importante punto debole nel modo in cui queste cellule erano state precedentemente sviluppate – dichiara il ricercatore a capo della ricerca Prof. Jeffrey R. Millman: professore di medicina e ingegneria biomedica
Le nuove cellule produttrici di insulina reagiscono più rapidamente e in modo appropriato quando incontrano il glucosio: si comportano quasi esattamente alle cellule beta che osserviamo nell’organismo di persone che non hanno il diabete.

La ricerca sarà applicabile sugli esseri umani?

Con l’incidenza del diabete in continua crescita non stupisce che i ricercatori di tutto il mondo continuino a lavorare nella speranza di trovare un nuovo trattamento per questa condizione. Il Prof. Millman faceva parte in passato del gruppo di ricerca che per primo ha lavorato alla conversione delle cellule della pelle in cellule staminali nel 2014, facendo qualcosa di simile nel 2016 con cellule della pelle di una persona con diabete.

In entrambi i casi il team aveva lavorato per trasformare le cellule staminali in cellule beta che secernono insulina che poi, però, non avevano correttamente funzionato una volta che avevano cominciato a produrre l’ormone. In alcuni casi le cellule producevano troppa insulina, mentre in altri non ne producevano abbastanza. Ovviamente nessuna di queste situazioni è ideale per gestire il diabete nelle persone umane tuttavia, grazie a questo studio, le cellule beta di nuova concezione risultano essere molto più affidabili.

Questa ricerca apre una nuova eccitante strada ai ricercatori che si occupano del diabete. La vera domanda però è: quanto emerso da questo studio potrebbe davvero aiutare l’organismo di un malato di diabete a produrre insulina e quindi funzionare bene anche negli esseri umani? Saranno i test clinici a dare delle risposte ma, in primo luogo, gli scienziati dovranno sviluppare un metodo per testare in sicurezza su pazienti veri questa nuova tipologia di cellule.

Se arrivassimo a quel punto il Prof. Millman ed il suo team avrebbero già in programma di produrre in serie le cellule beta nate da cellule staminali: sarebbero già in grado di generare più di un miliardo di cellule beta in poche settimane.

Come sempre seguiremo gli sviluppi di questa novità e vi aggiorneremo con nuovi articoli se emergessero novità di rilievo.


Vi consigliamo di visitare la sezione del nostro Sito Web dedicata al Percorso di Cura EndOsMet che offre ai nostri pazienti l’opportunità di affrontare al meglio disfunzioni come il diabete, attraverso una visione unica che prevede l’intervento congiunto di professionisti con specializzazioni diverse, coordinati sotto un’unica metodologia operativa.


 

una donna sta effettuando un controllo della glicemia per il diabete

Giornata Mondiale del Diabete 2017

Giornata Mondiale del Diabete 2017

Alcune risorse utili reperibili nel nostro Sito Web

Il 14 Novembre, si celebra come ogni anno la Giornata Mondiale del Diabete, grazie alla quale approfittare per tornare a parlare di questa patologia la cui diffusione è in costante aumento e promuoverne la prevenzione, la diagnosi precoce e la corretta cura.

L’edizione di quest’anno è dedicata in particolar modo alle donne. Diabete Italia ONLUS, principale organizzatrice dei più di 1.000 eventi collaterali che si svolgeranno in tutta Italia, dichiara infatti:

Quest’anno la Giornata mondiale del diabete ha inteso sottolineare in modo particolare l’importanza di un equo accesso alle cure per le donne con diabete o a rischio di svilupparlo. Accesso alle cure significa ai farmaci, alle tecnologie, alle informazioni e ai supporti necessari per essere il più possibile autonome e protagoniste nella gestione e nella prevenzione del diabete, ottenendo così i migliori risultati.


Giornata Mondiale del Diabete 2017 – Spot Responsabilità Sociale RAI


Dati provenienti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ci raccontano che oggi, nel mondo, tre persone su dieci sono sovrappeso e che una su dieci è obesa. Questi dati impressionanti sono strettamente collegati ai 422 milioni di diabetici attualmente stimati, dei quali ben 147 milioni affetti in particolare da retinopatia diabetica: che è una delle principali e più preoccupanti complicanze.

Le donne nel mondo affette da diabete in uno stadio più o meno grave, sono circa 199 milioni, ma si pensa che supereranno ampiamente i 310 milioni già a partire dal 2040.

un volantino di promozione della prevenzione diabetica dedicato alle donne

A Firenze, come in occasione delle celebrazioni dell’anno scorso, saranno i più importanti monumenti della nostra città a ricordare l’evento: Palazzo Vecchio, la Torre di ArnolfoPiazza della Signoria saranno infatti illuminati di blu, il colore abbinato alla campagna di prevenzione contro il diabete.

Qualche risorsa per approfondire

Nel corso di questi ultimi anni abbiamo affrontato molto spesso argomenti legati al diabete o strettamente correlati a questa patologia. Approfittiamo di questo importante evento per segnalarli anche a voi in un unico luogo, così da darvi la possibilità di approfondire.

Come sempre rimaniamo a disposizione nei commenti o attraverso i nostri spazi Social, per ulteriori chiarimenti o domande da parte vostra.

Link Utili


 

una mela, una siringa e delle zollette di zucchero

Insulina: dove iniettarla, rotazioni e tempi di assorbimento

Insulina: dove iniettarla, rotazioni e tempi di assorbimento

L’insulina è un ormone che, una volta assunto, aiuta a gestire la malattia del diabete.

Gli enzimi presenti nello stomaco prendono in carico l’ormone prima che entri in circolazione nel sangue; per questa ragione può essere assunta sia sotto forma di pillola che iniettandola.

Le iniezioni di insulina sono soltanto uno dei molti modi di trattare il diabete: si può agire anche stando attenti alla dieta alimentare, cambiando il proprio stile di vita o utilizzando anche dei medicamenti orali. 


Visita la Pagina del Gruppo EndOsMet per conoscere il nostro Percorso di Cura
sui disordini endocrino-metabolici come il diabete


Esistono in circolazione diverse tipologie di insulina. Per questo è fondamentale seguire le istruzioni del proprio medico di riferimento sulle tempistiche e su come assumerla.

Punti di iniezione più comuni

L’insulina viene iniettata direttamente nello strato di grasso che si trova sotto la pelle, chiamato tessuto sottocutaneo, tramite una piccola siringa e in diverse parti del corpo. Tra le più comuni:

Addome

una ragazza di fa una iniezione di insulina nell'addome

L’addome è forse il luogo più comune utilizzato dalle persone diabetiche per assumere l’ormone, visto che è uno dei più comodi da raggiungere. In questo caso, per effettuare l’iniezione, si prende con le dita una parte del tessuto adiposo posto tra la vita e le ossa iliache, a circa 5 centimetri di distanza dall’ombelico.

Parte superiore del braccio

un medico pratica un'iniezione di insulina sulla parte superiore del braccio

La parte alta del braccio è un altro punto di iniezione tra i più utilizzati. L’ago va posizionato nella parte posteriore, cioè nell’area del tricipite, all’incirca a una distanza pari sia dal gomito che dalla spalla.

Rispetto all’addome questa è però una posizione che rende meno facile la somministrazione autonoma, è probabile che serva una persona che aiuti nell’operazione. Normalmente è consigliato effettuare l’iniezione a sinistra per chi è destro o a destra per chi invece è mancino.

Coscia

Anche la coscia, così come l’addome, è un luogo abbastanza comodo da raggiungere, quindi in grado di permettere l’indipendenza. Si dovrà inserire l’ago nel tessuto adiposo esterno, a metà tra il ginocchio e l’anca.

Anche se molto facile da effettuare, la puntura sulla gamba potrebbe causare qualche dolore nella deambulazione o durante la corsa.

Fondoschiena e fianchi

L’ultimo punto di iniezione che segnaliamo è quello della parte bassa della schiena o il fianco. Si deve tracciare una linea immaginaria tra la parte superiore dei glutei e i fianchi. L’ago deve essere posto al di sopra di questa linea, ma sotto la vita, circa a metà strada tra la colonna vertebrale e il fianco.

Anche questo punto di iniezione richiede un probabile aiuto, data la difficoltà nel raggiungerlo, almeno per i meno esperti.

Assorbimento dell’insulina

L’insulina viene assorbita in maniera molto diversa, a seconda del punto di iniezione che si è scelto di utilizzare. Per avere le idee più chiare:

  • Addome: l’insulina entra nel flusso sanguigno molto rapidamente
  • Braccio: Assorbimento moderatamente rapido, ma più lento di quello dell’addome
  • Fondoschiena: lenta velocità di assorbimento

La somministrazione all’addome è più indicata dopo un pasto: questo perché l’ormone sarà assorbito più velocemente. Ad ogni modo l’insulina è più efficiente quando ha una velocità di assorbimento più lenta, quindi un effetto più duraturo.

 

Si deve porre attenzione all’esercizio fisico, visto che può aumentare il tasso di assorbimento di insulina e che quindi dovrebbe essere tenuto in conto al momento di pianificare le iniezioni. Se si decide di esercitare una parte del corpo che si trova vicino al sito di iniezione è consigliato, per questo, attendere almeno 45 minuti dall’assunzione.

Alternare i punti di iniezione

È molto importante evitare di iniettarsi l’ormone dell’insulina sempre nello stesso punto per periodi molto lunghi. La pelle ed il tessuto adiposo si potrebbero irritare e portare anche a complicazioni, non ultima un’alterazione dello stesso tasso di assorbimento.

Nel ruotare il luogo di iniezione è consigliato utilizzare per le diverse ore del giorno la stessa locazione nell’ora prefissata, ma in un diverso punto. Un’iniezione a lento assorbimento sulla coscia prima di coricarsi per la notte, per esempio, dovrebbe essere alternata un giorno sulla gamba destra e uno sulla sinistra. Per una dose mattutina di insulina, invece, si può utilizzare ogni giorno l’addome, assicurandosi però di non iniettare sempre nello stesso identico punto.

Monitoraggio dei livelli di zucchero nel sangue

È molto importante chiedere o programmare le tecniche di somministrazione e la rotazione delle iniezioni assieme al proprio medico di riferimento, così come è altresì fondamentale farsi  da lui consigliare tempi e modalità di monitoraggio del proprio livello di glicemia.

Consigliamo di tenere traccia dei livelli di zucchero nel sangue in un diario così da poterli condividere con il medico. I valori insoliti devono essere condivisi immediatamente, così che si possa regolare il dosaggio di insulina in base alle esigenze.


 

immagine di un occhio azzurro in primo piano

Il diabete: una patologia che ha effetti anche sulla salute dell’occhio

Il Diabete e le patologie oculari

La risposta di Villa Donatello

La tecnologia e la ricerca, oggi, possono prevenire e curare le patologie dell’occhio legate al diabete.

Questo l’argomento principale di un Convegno che si è tenuto presso la nostra struttura a Firenze dal titolo “Aggiornamenti oftalmologici: Edema Maculare diabetico” il cui relatore principale è stato il Prof. Ugo Menchini, specialista di Oculistica della nostra Casa di Cura.

Il Convegno è stato occasione di ribadire come la continua collaborazione tra specialisti, anche provenienti da realtà diverse dalla nostra, possa aiutare ad ottenere risultati migliori e diffonderli tra la comunità scientifica in pieno spirito di collaborazione.

L’iniziativa si è svolta nel contesto attraverso il quale Villa Donatello vuole promuovere non soltanto attività specialistiche ma anche interdisciplinari. Queste prerogative sono alla base del processo che ha portato, tra le altre cose, alla nascita del Gruppo EndOsMet che si occupa di patologie come il diabete, appunto, ma anche di obesità, infertilità, osteoporosi, tumori alla tiroide e altre patologie meno frequenti, tutte derivanti da disordini endocrino-metabolici.

Dopo un intervento iniziale dell’Amministratore Delegato di Villa Donatello Dr. Alberto Rimoldi, nel servizio del TGT che vi proponiamo il riassunto della giornata, direttamente dalle parole dei protagonisti: dal Dr. Silvio Zuccarini (Responsabile della Specialità di Oculistica di Villa Donatello), al già citato Prof. Menchini, dal Prof. Riccardo Gionata Gheri (Endocrinologo e Responsabile del Gruppo EndOsMet), per finire con la Dott.ssa Benedetta Ragghianti (Endocrinologia).

Rimaniamo a disposizione per qualsiasi domanda o chiarimento nello spazio dei commenti. Buona visione!

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