una catena di produzione alimentare industriale

Perché molti alimenti ultra-elaborati sono malsani

Perché molti alimenti ultra-elaborati sono malsani

1° PARTE

La lavorazione industriale cambia la struttura del cibo
esponendoci al rischio di di malattie croniche.

Secondo il parere degli esperti, consumare numerosi alimenti confezionati popolari, come pane, cereali, patatine fritte e pasti surgelati che sono sottoposti a processi di raffinazione, triturazione, riscaldamento, fusione, modellazione, estrusione e confezionamento con l’aggiunta di additivi, equivale a consumare cibi ultra-elaborati.

Questa nuova serie di contenuti, riprende le fila di altri contributi del nostro blog sul quale avevamo già affrontato l’argomento (per esempio qui)

Diverse ricerche recenti indicano che il livello di elaborazione industriale che subisce il cibo può influenzare i suoi effetti sul corpo, tra i quali l’appetito, gli ormoni, l’aumento di peso e la probabilità di sviluppare obesità e malattie croniche.

Dell’argomento ne parla recentemente il Washington Post in un importante reportage, corredato anche da ottime immagini e schemi animati che raccontano come funzioni la catena di produzione alimentare preconfezionata.

Questa forma estrema di lavorazione crea alimenti che vengono facilmente assorbiti dal corpo, essenzialmente “pre-digeriti”. Inoltre, molti alimenti sono progettati per superare i nostri meccanismi di sazietà, inducendoci a consumarne eccessive quantità e ad aumentare di peso.

Negli ultimi anni molti scienziati hanno adottato il termine ultra-elaborato per descrivere gli alimenti che subiscono un’intensa manipolazione da parte dei produttori alimentari.

La nostra tradizione culinaria mediterranea, così come le abitudini diverse che avevamo di consumare cibo cucinato in famiglia anche come momento di convivialità, é stata pian piano intaccata anche per ciò che sono le nostre abitudini alimentari. La frenesia della vita quotidiana ai nostri tempi, ci offre molte  scorciatoie che apparentemente sembrano regalarci tempo, quando in realtà ci avvicinano a pratiche che possono minare la nostra alla salute. I nostri figli spesso pranzano fuori orario, senza una guida che li possa aiutare a scegliere, e questo succede prevalentemente perché noi stessi dobbiamo risolvere il problema dell’alimentazione per coincidere con i tempi di lavoro, di spostamento, di tempo speso in attività che non aiutano a dare priorità ad una corretta alimentazione.

Come la “cottura per estrusione” altera il cibo

Molti cibi ultra-elaborati hanno origine da cereali ricchi di fibre come grano, riso, avena e mais. Le aziende alimentari utilizzano macchinari ad alta velocità per macinare questi cereali in farina o piccoli frammenti. In alcuni casi, i cereali vengono sottoposti a un processo di raffinazione in cui vengono rimossi i componenti ricchi di fibre e nutrienti come la crusca e il germe.

Gli amidi raffinati ottenuti vengono spesso impiegati per addensare e migliorare la consistenza di alimenti trasformati come budini, salse, condimenti per insalata, zuppe in scatola, stufati e prodotti da forno. Vengono anche utilizzati per produrre una vasta gamma di altri cibi ultra-elaborati attraverso un processo di cottura noto come estrusione.

Le macchine di estrusione sono diventate una grande industria multimiliardaria e vengono ampiamente utilizzate dalle aziende alimentari per produrre in grande quantità numerosi alimenti confezionati a base di amido e zuccheri che riempiono gli scaffali dei supermercati.

Questi macchinari di estrusione contengono viti rotanti all’interno di un grande cilindro di acciaio. Farina, acqua e altri ingredienti vengono introdotti da un lato della macchina, mentre le viti rotanti mescolano e spingono la miscela attraverso il cilindro.

Il processo può variare, ma in generale la macchina riscalda e lavora la miscela generando pressioni intense, forze di taglio e temperature che la fondono. Questo processo rompe la struttura dell’amido: distrugge le pareti cellulari rigide all’interno dell’amido e disgrega i suoi granuli microscopici, che contengono catene lunghe di glucosio, un tipo di zucchero.

Alla fine, la miscela fusa, chiamata “melting” all’interno della macchina di estrusione, viene spinta fuori attraverso un piccolo stampo. Mentre fuoriesce, la pressione atmosferica si riduce, facendo espandere la miscela.

Il prodotto finale, chiamato estruso, può essere modellato in una vasta gamma di cibi ultra-elaborati, come cereali per la colazione, patatine di mais, snack bar, biscotti, ciambelle, crostini, grissini, alimenti per bambini e molto altro ancora.

La tecnologia di estrusione offre efficienza ed economicità, consentendo ai produttori di realizzare una vasta gamma di alimenti pronti da conservare sugli scaffali.

Tuttavia, secondo gli studi condotti, sembra che questo processo acceleri anche la velocità con cui il nostro sistema digestivo assorbe il glucosio e altri nutrienti presenti nel cibo, causando picchi elevati nei livelli di zucchero nel sangue e insulina.

La cottura per estrusione, mediante l’applicazione di pressioni e temperature molto elevate, può essere considerata una sorta di predigestione del cibo.

Un Team di ricerca francese ha scoperto che gli alimenti ultra-elaborati sono meno sazianti rispetto a quelli minimamente trasformati e hanno un impatto più significativo sui livelli di zucchero nel sangue.

L’ultra-elaborazione dei cibi, secondo gli studi comporterebbe la rottura dei legami tra i nutrienti e la formazione di nuove connessioni che il nostro corpo potrebbe non riconoscere, mettendo a rischio il processo digestivo.

La cottura mediante estrusione trasforma cereali e amidi in aggregati di carboidrati che sono facilmente masticabili e non si attaccano ai denti, consentendo così una rapida masticazione, deglutizione e assorbimento.  Tuttavia, ciò che potrebbe essere ancora più significativo è che questi alimenti diventino dei veri e propri veicoli di consegna per zuccheri, sale, grassi e una vasta gamma di aromi e additivi. Le aziende alimentari, tramite questa illimitata capacità di mix, riescono a creare sapori che rendono i loro prodotti irresistibili favorendo lo scatenarsi di comportamenti alimentari compulsivi. Queste formule di ingredienti purificati, sono progettati per raggiungere un determinato punto di euforia che impedisce al nostro corpo di regolare adeguatamente l’apporto alimentare.

SEGUE… prossimamente.


 

Una donna si stringe il petto per mancanza di respirazione

Cosa sapere sul Laringospasmo

Cosa sapere sul Laringospasmo

Le persone che soffrono di laringospasmo hanno difficoltà improvvisa a respirare e parlare. Un laringospasmo è uno spasmo muscolare delle corde vocali, a volte chiamato spasmo laringeo.

Sebbene un laringospasmo lieve in cui è ancora possibile espirare aria possa essere spaventoso, di solito non è pericoloso e dura solo pochi minuti.

Uno spasmo delle corde vocali può essere un episodio isolato e può essere causato da una varietà di condizioni mediche.

Normalmente le corde vocali si separano quando una persona respira: ciò che viene chiamato abduzione. Un laringospasmo fa si che le corde vocali si spingano insieme con forza, un processo fisiologico che viene chiamato invece adduzione. Quando le corde vocali si contraggono, possono chiudere completamente o parzialmente la via aerea.

Laringospasmo: cosa sapere in breve.

  • Durante un laringospasmo, la maggior parte delle persone può ancora tossire e espirare aria ma potrebbe avere difficoltà ad inspirare aria.

  • Un laringospasmo si presenta come qualcosa di simile al soffocamento. Ciò è dovuto al fatto che, come nel caso del soffocamento, la via aerea è ostruita.

  • Rimanere calmi e trattenere il respiro per 5 secondi può risolvere il problema, ma in questo senso esistono anche altre tecniche.

  • Le persone dovrebbero contattare un medico dopo aver avuto un laringospasmo poiché può ripresentarsi.

  • Se non riuscite a respirare o se sentite un suono acuto e sibilante quando respirate, allora potreste aver bisogno di aiuto medico d’emergenza.

Che cos’è il Laringospasmo?

Lo spasmo di solito dura circa 60 secondi, misura che non rappresenta un vero e proprio pericolo. Raramente, in particolare come reazione all’anestesia, un laringospasmo dura più a lungo e richiede assistenza medica d’emergenza.

Questi spasmi possono verificarsi durante il pasto, tenendo conto che, a differenza del soffocamento, non c’è in realtà niente di fisico che ostruisca la gola.

Altri sintomi del laringospasmo includono:

  • difficoltà improvvisa a respirare senza causa apparente

  • sensazione di stretta in gola

  • occasionalmente, perdita di coscienza

Poiché spesso il laringospasmo è il prodotto di un’altra condizione, potrebbero emergere altri sintomi correlati.

Le persone con malattia da reflusso gastroesofageo, ad esempio, possono sperimentare sintomi di bruciore di stomaco o reflusso immediatamente prima, durante o dopo uno spasmo delle corde vocali.

A volte una condizione più grave può somigliare a un laringospasmo. Le persone che sperimentano difficoltà a respirare associata a un nuovo farmaco o cibo non devono assumere che il problema sia un laringospasmo. In questi casi, la stretta alla gola potrebbe segnalare invece una reazione allergica.

Paradossalmente, il laringospasmo in alcuni casi si presenta come una sorta di salvavita: le persone che inalano accidentalmente cibo mentre parlano, ad esempio, possono beneficiare di un laringospasmo perché impedisce che il cibo ostruisca le vie respiratorie. Ecco perché è abbastanza comune sperimentare un laringospasmo mentre si mangia o si beve. Alcune persone sperimentano sintomi simili dopo aver percepito come se il cibo fosse andato nelle vie aeree piuttosto che nel tubo digerente.

A differenza dell’ostruzione, una persona che sta sperimentando un laringospasmo non percepirà qualcosa di fisicamente incastrato in gola. In quel caso, infatti la manovra di Heimlich non sarà utile in caso di laringospasmo.

Il laringospasmo non si verifica esclusivamente durante l’assunzione di cibo e la deglutizione. Alcune cause alternative per questa sensazione che reca spavento includono:

Stress e ansia

Alcune persone possono sperimentare un laringospasmo in risposta a un’ansia intensa o stress. Durante un attacco di panico, l’iperventilazione o la paura intensa possono scatenare un laringospasmo. La stretta in gola può quindi peggiorare il senso di panico.

Anestesia

L’anestesia può scatenare il riflesso del laringospasmo in particolare nei bambini. In generale, circa l’1% degli adulti e dei bambini che ricevono anestesia sperimenta un laringospasmo. Nei bambini che hanno l’asma o un’infezione respiratoria, l’incidenza aumenta fino al 10%.

Le persone che sperimentano un laringospasmo sotto anestesia generale per un intervento chirurgico potrebbero non sapere mai che è accaduto poiché l’anestesista in quel caso interverrà immediatamente.

Problemi neurologici

I problemi neurologici possono scatenare un laringospasmo. Ad esempio le persone che hanno subito recentemente un infortunio al midollo spinale o al cervello possono sperimentare spasmi muscolari, tra i quali il laringospasmo.

Le lesioni nervose, in particolare nei pressi del collo e della colonna vertebrale, possono essere un fattore. Anche alcune persone con corde vocali paralizzate sperimentano spesso laringospasmi.

Malattia da reflusso gastroesofageo

La malattia da reflusso gastroesofageo è una sindrome che fa scorrere i contenuti dello stomaco, compreso l’acido gastrico, indietro lungo l’esofago e nella gola.

Alcune persone che convivono con questa condizione, sperimentano un bruciore e dolore intenso. Alcune persone sperimentano anche un laringospasmo.

Asma e allergie

I soggetti affetti da asma e allergie respiratorie sono più vulnerabili al laringospasmo. Il trattamento di queste allergie e l’utilizzo di un inalatore, possono ridurre il rischio di spasmi futuri. Le persone con problemi respiratori, compreso l’asma, sono più vulnerabili al laringospasmo mentre sono sotto anestesia.

Trattamenti per il laringospasmo

Durante un laringospasmo, bisognerebbe sempre cercare di rimanere calmi. Bisognerebbe cercare di non ansimare alla ricerca d’ari o cercare di inghiottire l’aria attraverso la bocca. Il panico può far durare di più lo spasmo e far provare sintomi più intensi.

Alcune semplici tecniche che possono fermare o mitigare gli effetti dello spasmo:

  • Trattenere il respiro per 5 secondi, quindi respirare lentamente attraverso il naso. Espirare attraverso le labbra socchiuse. Ripetere finché lo spasmo non cessa.
  • Tagliate una cannuccia a metà. Durante un attacco chiudete le labbra intorno alla cannuccia e respirate solo attraverso la cannuccia e non dal naso. Questa tecnica favorisce una respirazione più lenta che può aiutare a rilassare le corde vocali.
  • Premere su un punto di pressione specifico vicino alle orecchie. Questo punto, noto come tacca del laringospasmo, può costringere le corde vocali a rilassarsi. Bisognerebbe in questo caso individuare il punto morbido dietro i lobi delle orecchie, appena sopra la mascella per poi spingere con forza verso il basso e verso l’interno della gola. La pressione deve essere abbastanza forte da risultare dolorosa e, se funziona, dovrebbe alleviare immediatamente i sintomi del laringospasmo. Per questa soluzione vi consigliamo ad ogni modo di parlare con il vostro medico di fiducia e farsi spiegare meglio la procedura.

Altri trattamenti si concentrano sull’individuazione della causa sottostante dei laringospasmi. Ad esempio, le persone con disturbi d’ansia possono trarre beneficio da farmaci contro l’ansia o da psicoterapia.

Le persone che hanno frequenti laringospasmi durante la notte potrebbero dover dormire con una macchina di pressione positiva continua delle vie aeree (CPAP). La logopedia può aiutare in alcuni casi, soprattutto quando c’è una causa neurologica. Quando altri trattamenti non funzionano, un’iniezione di tossina botulinica (Botox) può paralizzare le corde vocali e prevenire attacchi successivi.

Quando rivolgersi al medico

I medici possono eseguire una serie di test per determinare la causa dell’incidenza di laringospasmo. Test gastrointestinali, una TC dei seni, test allergologici e prove di vari farmaci possono aiutare a chiarire la causa.

Le persone che hanno una dichiarata ed evidente storia clinica legata al laringospasmo dovrebbero informare il loro medico della loro esperienza prima di sottoporsi ad anestesia. Sebbene estremamente raro, se un laringospasmo non si ferma dopo un minuto o due o se causa una perdita di coscienza, dovrebbe essere trattato come un’emergenza medica e recarsi ad un pronto soccorso.


 

Un ragazzo dalla felpa rossa corre affaticato

La respirazione nella corsa

La Respirazione nella corsa

Come funziona e qualche consiglio per gli sportivi non professionisti

Quasi tutte le persone che decidono di mantenersi in forma o di riprendere a fare attività fisica dopo lunghi periodi di sedentarietà, scelgono la corsa come metodo principale di approccio allo sport.

Nei parchi, sui lungomare, per le strade delle nostre città anche in orari inusuali, c’è sempre qualcuno che corre con andatura più o meno incerta.

Quando si affronta la corsa, soprattutto se non allenati, una delle cose più importanti da sapere utilizzare e il controllo della respirazione.

Il cosiddetto fiatone che molti patiscono, tanto più se alla ripresa di un’attività interrotta o abbandonata da tempo, dipende dall’attività aerobica che mettiamo in moto correndo. I nostri muscoli, in quel frangente, stanno bruciando una quantità di energia maggiore del solito. Sono i grassi e gli zuccheri presenti nel nostro corpo che vengono coinvolti in questa produzione di energia, che per poter avvenire ha però bisogno di ossigeno.

La quantità di ossigeno necessario durante l’allenamento della corsa può arrivare, sopratutto in soggetti molto allenati o professionisti, a 10 volte la quantità che serve in stato di requie.

Nella nostra immaginazione la mancanza di fiato dopo pochi minuti dall’inizio dell’attività di corsa è legata alla capacità polmonare.

Correndo faccio fatica a respirare, ma lo capisco, sono un fumatore…

Senza dovervi ribadire che il fumo è nocivo a prescindere da che voi decidiate o meno di fare attività sportiva, in questo caso la causa principale del vostro affaticamente non dipende direttamente – o meglio, principalmente – dai polmoni.

Quali fattori influenzano di più il dispendio di ossigeno nei corridori amatoriali?

Il peso: Proprio chi si trova in una condizione di sovrappeso cerca di utlizzare la corsa per favorire un dimagrimento. Dal punto di vista meccanico il nostro corpo, che si trova a dover sorreggere una stazza più grande di quanto sarebbe ideato per sopportare, deve bruciare più energia, quindi ossigeno, per poter favorire l’atto della corsa.

Il Metodo: Correre è una delle attività più naturali per l’uomo. Corriamo sin da bambini, ma questo non toglie che saper correre, ossia saper affrontare la corsa utilizzando bene i tempi, le velocità e la postura, aiuti a sfruttare meglio il nostro corpo e l’energia che serve per muoverlo. Per questo è utile farsi dare dei consigli, seguire quando possibile un esperto. Gestire il movimento e lo sforzo diminuisce la necessità di ossigeno: a parità di velocità, un corridore allenato riesce a spendere minori energie.

Controllo dei muscoli respiratori: Visto che proprio l’ossigeno è al cento dell’attività che svolgiamo correndo, è molto importante saper utilizzare i muscoli che regolano la respirazione, soprattutto il diaframma, così da ottimizzare l’uso dell’ossigeno e rendere il nostro organismo complessivamente più efficiente.

Se la nostra attività di corsa è costante nel tempo avvengono nel nostro corpo altri due mutamenti molto imporanti

  • la capillarizzazione: il meccanismo attraverso il quale, col tempo e la costanza, aumentano i piccoli vasi sanguigni che permettono una migliore ossigenazione dei muscoli coinvolti nell’attività (principalmente le gambe)
  • la portata cardiacala quantità di sangue che un ventricolo può pompare durante un’attività sportiva aumenta in virtù di un allenamento costante, rendendo quindi più rapida ed efficace l’ossigenazione dei muscoli coinvolti

VISITA LA PAGINA DI DONATELLO PER LO SPORT
LA MEDICINA SPORTIVA DI VILLA DONATELLO


Come utilizzare al meglio la respirazione nella corsa

Non forzate: Non è provando a forzare il respiro, quando lo sentite corto, che si migliora la situazione. Così facendo, infatti, nel tentativo di inalare con sforzo l’aria che sentiamo mancare, finiamo per comprimere organi come il fegato e la milza. Il risultato sono quei famosi dolori che ci piegano sulle gambe. La migliore risposta al fiato corto è quella di diminuire gradualmente l’andatura, fino ad arrivare ad un passo sostenuto, se serve, e poi accelerare di nuovo quando la sensazione di mancanza d’aria è completamente sparita.

Naso e bocca, perché no?: Ci è stato giustamente insegnato che respirare con il naso ed espirare con la bocca ci permette di introitare una qualità migliore di aria, approfittando dei filtri naturali che abbiamo nel nostro setto nasale. Durante la corsa, però, abbiamo visto che il nostro organismo ha bisogno di una quantità eccezionale di ossigeno. Per questo respirare sia con il naso che con la bocca aiuta a raggiungere l’apporto di ossigeno necessario, evitando ai nostri muscoli una carenza che potrebbe limitare la nostra attività nel giro di pochi minuti.

I tempi della respirazione: La regolarità, nella corsa, è importante sia per gestire il passo, sia per gestire la stessa respirazione. Regolare i tempi di inspirazione e di espirazione al numero di passi che compiamo correndo è molto importante per diminuire la tentazione di forzare quando ci sentiamo in difficoltà. Molti trainer consigliano di utilizzare un metodo 3-3, dove si inspira ogni tre passi per poi espirare dopo i tre passi ancora successivi. La frequenza però dipende molto dal singolo atleta e dalla velocità dell’andatura. Più la corsa è sostenuta e più, probabilmente, il numero di passi necessari tra un’inspirazione ed un’espirazione diminuisce. Nel caso dei velocisti spesso si raggiunge una respirazione 1-1.

Proteggere il respiro: Se il nostro allenamento si svolge durante i periodi freddi, quando cioè l’aria che inspiriamo è molto più fresca delle temperature interne al nostro organismo, sarebbe molto importante ridurre il gap attraverso una protezione (un colletto molto alto della tuta, piuttosto che un collare da sportivo). Durante la corsa può anche capitare che il corpo si abitui gradualmente e che la necessità della protezione venga meno.

Un ultimo importante consiglio

Quando si sottopone il nostro corpo ad uno sforzo energetico come quello prodotto dalla corsa, possono diventare più evidenti eventuali problematiche di respirazione. Queste, magari meno fastidiose in stato di riposo, possono alla lunga comunque creare effetti negativi sulla nostra salute.

In questi casi è molto importante rivolgersi a un professionista in grado di diagnosticare adeguatamente il problema riscontrato per poi individuare un idoneo percorso terapeutico. All’interno della nostra Casa di Cura opera il Professor Guido Bastianelli, rinomato otorinolaringoiatra, Medico Chirurgo e specializzato in molte branche della sua disciplina tra le quali la Patologia Cervico e Facciale e l’Allergologia e l’Immunologia Clinica. Nell’eventualità che vogliate prenotare una visita con il Prof. Bastianelli vi basterà utilizzare l’apposito servizio di prenotazione online che è disponibile anche in questa pagina in alto a destra (o a fine articolo per chi ci leggesse da smartphone).

Approfittiamo anche per riproporvi un video che abbiamo realizzato con il Professore, dedicato alle ostruzioni nasali. Buona visione!


 

una zuppa di broccoli

Dieta e Glicemia: un nuovo studio

Dieta e Glicemia: un nuovo studio

Un nuovo studio dimostra che una dieta a basso contenuto di carboidrati
aiuta le persone con diabete non trattato e quelle a rischio di diabete a ridurre la glicemia.

Sebbene le diete a basso contenuto di carboidrati siano spesso consigliate a coloro che sono in cura per il diabete, fino ad oggi esistevano poche prove che dimostrassero se mangiare meno carboidrati può influire sulla glicemia delle persone con diabete o prediabete che non assumono farmaci specifici.

In un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica JAMA Network Open, un gruppo di ricercatori hanno confrontato due gruppi specifici di soggetti: uno assegnato ad una dieta a basso contenuto di carboidrati e un altro che ha continuato a seguire la dieta abituale. Dopo sei mesi, il gruppo di soggetti che stava seguendo una dieta a basso contenuto di carboidrati ha registrato un importante calo dell’emoglobina A1c – un indicatore dei livelli di zucchero nel sangue – rispetto al gruppo che seguiva la dieta abituale. I soggetti appartenenti al gruppo con la dieta a basso contenuto di carboidrati ha anche mostrato una perdita di peso e ha registrato, a digiuno, livelli di glucosio più bassi.

Il messaggio che deve passare è che una dieta a basso contenuto di carboidrati, se mantenuta, potrebbe essere un approccio utile per la prevenzione e il trattamento del diabete di tipo 2, anche se sono necessarie ulteriori ricerche – afferma Kirsten Dorans, assistente alla cattedra di epidemiologia presso la Tulane University School of Public Health and Tropical Medicine e autrice principale della ricerca di cui parliamo.

Soltanto in Europa sono circa 61 milioni i soggetti affetti da diabete [dati aggiornati al 2021], una condizione che si verifica quando l’organismo non utilizza correttamente l’insulina e non riesce a regolare i livelli di zucchero nel sangue. È calcolato che il diabete di tipo 2 rappresenti nel mondo oltre il 90% dei casi.

Il diabete di tipo 2 può compromettere gravemente la qualità della vita con sintomi quali visione offuscata, intorpidimento di mani e piedi e stanchezza generale e può causare altri gravi problemi di salute come malattie cardiache, perdita della vista e malattie renali.

I risultati dello studio sono particolarmente importanti per i soggetti affetti da prediabete, i cui livelli di A1c sono superiori alla norma ma inferiori a quelli che verrebbero classificati come diabete.

Molte delle persone che si trovano nella condizione di prediabete non ne sono consapevoli. I soggetti affetti da prediabete sono a maggior rischio di diabete di tipo 2, infarto o ictus e di solito non assumono farmaci per abbassare i livelli di zucchero nel sangue: per questo una dieta sana è ancora più cruciale.

Lo studio ha coinvolto soggetti partecipanti la cui glicemia variava da livelli prediabetici a diabetici che non assumevano farmaci per il diabete. I partecipanti al gruppo a basso contenuto di carboidrati hanno visto i livelli di A1c ridursi dello 0,23% in più rispetto al gruppo che seguiva la dieta abituale, un valore che la Dott.ssa Dorans definisce “modesto ma clinicamente rilevante”.

È importante notare che i grassi costituivano circa la metà delle calorie assunte dai soggetti del gruppo a basso contenuto di carboidrati, ma stiamo parlando per lo più di grassi monoinsaturi e polinsaturi salutari presenti in alimenti come l’olio d’oliva e le noci.

Lo studio non dimostra che una dieta a basso contenuto di carboidrati sia in grado di prevenire il diabete, ma apre la strada a ulteriori ricerche su come mitigare i rischi per la salute di chi soffre di prediabete e diabete non trattato con farmaci.


 

una tazzina di caffè circondata da chicchi

Il caffè riduce il rischio di malattie cardiovascolari?

Il caffè riduce il rischio di malattie cardiovascolari?

Una nuova ricerca pubblicata sull’European Journal of Preventive Cardiology ha rilevato un’associazione tra bere caffè e vivere più a lungo, nel senso in cui si è studiato come l’assunzione della bevanda più amata dagli italiani sia in grado di contribuire a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.

In particolare, questo effetto è stato osservato tra coloro che bevevano circa due o tre tazze di caffè al giorno.

Tutti i tipi di caffè, tra cui macinato, istantaneo e decaffeinato, sembrano fornire questo supporto alla salute.

Gli effetti del caffè sulla durata della vita e sulla salute del cuore

Secondo gli autori della ricerca, l’obiettivo dello studio era quello di esaminare come bere vari tipi di caffè potrebbe influire sul rischio di episodi di ritmo cardiaco irregolare (aritmia), malattie cardiovascolari e livelli di mortalità.

Per condurre lo studio, i ricercatori hanno utilizzato i dati della UK Biobank: un ampio studio, tutt’ora in corso che sta fornendo ad un nutrito gruppo di ricercatori, dati medici e genetici di circa 500.000 volontari di età compresa tra i 40 e 69 anni età.

L’età media delle persone coinvolte nello studio è di 58 anni. Le donne costituiscono il 55,3% del campione.

I tipi di malattie cardiovascolari presi in esame sono stati la malattia coronarica, l’insufficienza cardiaca congestizia e l’ictus ischemico.

All’inizio dello studio, complessivamente, sono state reclutate 449.564 persone i cui dati parametrici escludevano aritmia o malattie cardiovascolari.

Agli intervistati è stato chiesto quante tazze di caffè bevessero su base giornaliera, così come la tipologia di caffè consumato. I dati raccolti sono poi stati inseriti in una categoria in base al loro livello di consumo, all’interno della quale sono stati inseriti, per un confronto, anche un gruppo soggetti che normalmente non consumano la diffusissima bevanda.

Le cartelle cliniche sono state utilizzate per valutare come i vari gruppi selezionati hanno reagito nel tempo.

L’analisi dei dati a disposizione del gruppo di ricerca ha portato alla scoperta che tutti i tipi di caffè erano associati a un ridotto rischio di morte per qualsiasi causa tra quelle sopraelencate e che, inoltre, la maggiore riduzione del rischio è stata osservata in coloro che usualmente consumano da due a tre tazze di caffè al giorno.

Tra le varie tipologie esistenti, il caffè macinato è stato collegato alla maggiore riduzione del rischio, con una probabilità di morte inferiore del 27% rispetto a coloro che non bevono solitamente il caffè.

Quelli relativi al caffè istantaneo sono i dati che, invece, hanno mostrato la minima riduzione del rischio all’11%. Tuttavia, tutti i tipi di caffè sembrano fornire una certa protezione.

Quando si vanno ad analizzare i dati relativi alle malattie cardiovascolari, tutti i tipi di caffè sono risultati collegati ad una evidente riduzione delle problematiche cardiovascolari. Questo effetto è stato misurato anche e soprattutto -di nuovo – ad un livello di consumo di due o tre tazze al giorno.

In questo contesto il caffè macinato ha fornito ancora una volta la maggiore capacità di riduzione del rischio al 20%, mentre il decaffeinato ha fornito la riduzione minima al 6%. Questo e altri dati disponibili suggeriscono che bere modeste quantità di caffè – da due a tre tazze al giorno di tutti i tipi – produce effetti cardioprotettivi.

Come mai il caffè è in grado di fornire questi benefici alla salute?

Sebbene lo studio non affronti direttamente questa domanda, i dati mostrano che ad essere d’aiuto potrebbe essere la presenza di caffeina.

La caffeina, infatti, ha proprietà antiaritmiche, in particolare grazie all’inibizione dei recettori dell’adenosina (una sostanza chimica presente nelle cellule umane). L’adenosina endogena accorcia i periodi refrattari sia nell’atrio (camera superiore del cuore) che nel ventricolo (camera inferiore del cuore) e di conseguenza aumenta il rischio di aritmie. Bloccando i recettori dell’adenosina, il caffè con caffeina è capace di mitigare gli effetti dell’adenosina endogena presente nel corpo e proteggere dalle aritmie.

Le persone con malattie cardiovascolari dovrebbero quindi bere caffè?

Il Dr. Jim Liu, cardiologo presso il Wexner Medical Center dell’Ohio State University, consiglia di bere il caffè con moderazione, sottolineando che è generalmente sicuro e che ha anche potenziali benefici per la salute cardiovascolare a lungo termine. Tuttavia, ricorda, il caffè è uno stimolante e può avere effetti a breve termine come aumento della pressione sanguigna e palpitazioni.

“Il caffè è uno stimolante”, avverte, “e può avere effetti a breve termine come aumento della pressione sanguigna e palpitazioni”.

Se una persona ne beve quantità eccessive sino al punto da sentirsi male a causa di palpitazioni fastidiose, privazione del sonno o altri effetti negativi, sarebbe meglio ridurlo – conclude.

È consigliato, inoltre, prestare attenzione a ciò che si aggiunge al caffè, come ad esempio lo zucchero. Alcune bevande e preparazioni a base di caffè contengono grandi quantità di zucchero e sono molto caloriche: il loro consumo può contrastare i benefici del caffè stesso.

Bisogna aggiungere anche che è stato dimostrato come l’assunzione di caffè possa in parte diminuire gli effetti dei medicinali per la cura dell’ipertensione. È quindi sempre fondamentale, da soggetto a soggetto, che l’ultima parola spetti al medico di fiducia: unico referente che, conoscendo l’anamnesi dei propri pazienti, è in grado di fornire il consiglio migliore.


 

pasticche di vitamina di disposte come a formare i raggi del sole

Vitamina D: quanto ne abbiamo davvero bisogno e in quali casi?

Vitamina D: quanto ne abbiamo davvero bisogno e in quali casi?

La vitamina D non è la panacea per risolvere tutti i problemi,
ma ha mostrato risultati promettenti in alcune aree chiave.

Per anni si è pensato alla vitamina D come a un integratore miracoloso in grado di ridurre il rischio di sviluppare cancro, malattie cardiovascolari, diabete, fratture ossee e un lungo elenco di altre malattie, croniche e non.

Una serie importante di studi realizzati negli ultimi anni ha dimostrato che la vitamina D non è la panacea che può risolvere tutti i problemi: la stragrande maggioranza di noi ottiene già tutta la vitamina D di cui ha bisogno grazie ad una dieta corretta e ai benefici dei raggi solari.

La domanda importante da porsi – anzi da porre preferibilmente al medico di famiglia – è: ho davvero bisogno di un integratore? Per la maggior parte degli adulti sani, la risposta è no. Abbiamo bisogno solo di quantità moderate di questa vitamina.

Nel 2009 è stato avviato uno studio in doppio cieco volto a fornire risposte più chiare sulla possibilità che l’integrazione di Vitamina D possa prevenire malattie cardiache, ictus e cancro. Lo studio randomizzato, realizzato negli Stati Uniti su scala nazionale chiamato VITAL Study, ha reclutato quasi 26.000 adulti e li ha seguiti per cinque anni. I partecipanti allo studio hanno accettato di ricevere un placebo o 2.000 unità internazionali di vitamina D al giorno, senza sapere quale stessero assumendo.

I primi risultati, pubblicati nel 2019, non hanno rilevato alcuna riduzione statisticamente significativa delle malattie cardiovascolari o del cancro. Anche altri studi randomizzati non hanno rilevato chiari benefici degli integratori di vitamina D per queste malattie. In particolare è stato pubblicato uno studio che analizzava gli integratori di vitamina D e il rischio cardiovascolare raccogliendo dati da ben 21 studi randomizzati condotti su oltre 83.000 persone. Questa analisi non ha trovato un solo studio che dimostrasse un beneficio legato alle malattie cardiovascolari.

Anche i risultati di altri studi hanno dimostrano che gli integratori di vitamina D non riducono il rischio di declino cognitivo, depressione, fibrillazione atriale o diverse altre condizioni di salute. Si deve citare anche un rapporto recente che non ha mostrato alcuna riduzione del tasso di rischio fratture ossee collegato all’assunzione di integratori da vitamina D: idea che un tempo era citata come il beneficio più comune legato a questa vitamina.

La vitamina D, quindi, non è una panacea. Ma rimane uno strumento fondamentale specificatamente per due aree di intervento.

Sempre nell’ambito dei risultati ottenuti dal sopracitato VITAL Study, si è scoperto che gli integratori di vitamina D possono avere effetti benefici sulla riduzione delle malattie autoimmuni e del cancro in fase avanzata. L’integrazione di Vitamina D sembra, in questo caso, ridurre il rischio di sviluppare condizioni autoimmuni come l’artrite reumatoide e la psoriasi di circa il 22% e il cancro avanzato del 17%.

Altri studi hanno indicato che la vitamina D può migliorare la funzione immunitaria e contribuire a ridurre l’infiammazione, il che può contribuire a spiegare il possibile legame tra la vitamina e i migliori risultati in ambito clinico.

Confrontarsi con il proprio medico

Chiunque rientri in una categoria a rischio di carenza da vitamina D, dovrebbe confrontarsi inizialmente con il proprio medico di riferimento così da valutare l’opportunità di assumere un integratore e di sottoporsi a un test dei livelli ematici di vitamina D. Tra le categorie più a rischio per questa deficienza si segnalano nello specifico

  • le persone che vivono in case di riposo, dove l’esposizione al sole potrebbe essere scarsa
  • le persone con determinate restrizioni alimentari come una grave intolleranza al lattosio
  • le persone con condizioni di malassorbimento come il Morbo di Crohn o la celiachia
  • le persone in cura per l’osteoporosi o altri problemi di salute delle ossa.

Per il resto, se vi sentite bene e siete in buona salute, il test per la vitamina D è probabilmente inutile. Tra gli studi effettuati nel corso degli ultimi anni – tra i quali questo per citarne uno – non sono state trovate prove sufficienti per raccomandare uno screening di routine legato a questa vitamina.

Qualche accorgimento

Se siete ancora preoccupati per i vostri livelli di vitamina D, ma non fate parte di un gruppo ad alto rischio, provate ad adottare alcuni semplici accorgimenti per aumentarne l’assunzione.

Per quanto riguarda la dose raccomandata di vitamina D quotidiana, fate sempre riferimento al vostro medico di fiducia. I valori infatti variano in base all’età e ad altri fattori legati alle condizioni specifiche di ogni persona.

Tra gli alimenti che consigliamo relativamente all’apporto di vitamina D ci sono i funghi selvatici e i pesci grassi come il salmone, le sardine e il tonno, ma anche burro, carne di fegato, formaggi grassi.

Inoltre, un’uscita di 15 minuti a piedi un paio di volte alla settimana a mezzogiorno è solitamente sufficiente a far sintetizzare alla pelle una quantità ottimale di vitamina D. Può trattarsi anche di un’esposizione accidentale al sole, ad esempio mentre si fanno delle commissioni. Un’idea ancora migliore per la salute è quella di fare attività fisica all’aperto, ad esempio praticando sport o andando a correre. In questo caso vi ricordiamo di utilizzare una crema di protezione solare che, sì, riduce leggermente l’assorbimento dei raggi solari, ma è fondamentale per prevenire il cancro della pelle e l’invecchiamento precoce della pelle, se l’esposizione al sole è prolungata.

Anche se è molto più facile prendere una pillola che fare attività fisica all’aria aperta e mangiare in modo sano, questi ultimi due aspetti fanno di più per mantenervi in salute e ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, cancro e diabete. L’assunzione di un integratore non potrà mai sostituire una dieta e uno stile di vita sani.


 

1 2 3 8