Immagine del Dr. Andrea Cocci

Ipertrofia prostatica benigna

Ipertrofia prostatica benigna

A Villa Donatello tutte le metodiche per trattarla:
un’intervista al Dr. Andrea Cocci

Oltre 6 milioni di uomini italiani over 50 soffrono di Ipertrofia prostatica benigna ed interessa l’80% degli uomini over 80.

Negli ultimi anni, 10 uomini su 100 tra i 40 e 50 anni hanno già sviluppato i primi sintomi, facendo così registrare un abbassamento della soglia di età di chi viene colpito
dall’ipertrofia prostatica benigna, che si manifesta anche negli over 30 con i primi disturbi alle basse vie urinarie.

Ad oggi, Villa Donatello è l’unica struttura in Italia che possiede tutte le metodiche disponibili per il trattamento di questa patologia.

Scopriamone di più con il Dr. Andrea Cocci, urologo e andrologo che lavora sia all’AOU Careggi – dove è assistente professore e ricercatore presso l’Università di Firenze – che a Villa Donatello, dove svolge la libera professione occupandosi delle patologie del tratto urinario, in particolare dell’ipertrofia prostatica e delle malformazioni urogenitali.

Dr. Cocci, che cos’è l’Ipertrofia prostatica benigna?

L’ipertrofia prostatica benigna è un fisiologico ingrandimento della prostata che colpisce gli uomini a partire dai 30 anni e non ha nessuna correlazione con il tumore alla prostata. Se la vogliamo vedere sotto un punto di vista più ampio viene considerata una malattia del benessere in quanto, adesso che l’aspettativa di vita supera i 78 anni, sempre più uomini soffrono di ipertrofia prostatica proprio perché l’ingrandimento è rientra nel normale processo di invecchiamento.

Spesso è invece la conseguenza di cattive abitudini quotidiane: avere uno stile di vita sano e corretto è fondamentale per la salute del nostro organismo.

La prostata è infatti una ghiandola estremamente sensibile all’infiammazione, condizione causata per esempio da una cattiva alimentazione, da una vita sedentaria, dal fumo: i pazienti che soffrono prostatiti, cioè infiammazioni prostatiche ripetute durante l’arco della vita, svilupperanno un’ipertrofia prostatica più precoce e più severa.

Quali sono i sintomi con i quali si manifesta l’Ipertrofia prostatica benigna?

L’ingrandimento prostatico causa sintomi di tipo urinario ostruttivo in circa l’80% dei pazienti, rendendo difficoltoso il normale passaggio dell’urina dalla vescica all’esterno del corpo.

Ci sono poi ipertrofie prostatiche che danno sintomi più importanti quali: la diminuzione del getto dell’urina; l’aumento della frequenza urinaria; la necessità di alzarsi la notte per andare in bagno; infezione frequente (cistite o prostatite) per l’impossibilità di svuotare la vescica, fino a sintomi più importanti come la disfunzione erettile o l’impossibilità di urinare con la necessità del posizionamento di un catetere vescicale.

Come viene scelta la tipologia di trattamento per portare il paziente alla guarigione?

La maggior parte dei pazienti è costretta ad assumere farmaci per guarire dall’ipertrofia prostatica benigna; molti altri sono costretti a ricorrere a delle terapie chirurgiche. Ogni trattamento scelto è comunque secondario ad una diagnosi ed il paziente dovrà essere prima inquadrato con tutta una serie di esami: più i sintomi sono importanti, più ci si sposterà su terapie maggiormente aggressive.

Per ogni paziente esiste la metodica giusta ed è estremamente utile che in un’unica clinica siano disponibili tutte le terapie e metodiche, in modo che l’urologo ed il chirurgo possano scegliere il percorso più adatto a trattare ogni singola prostata: una vera e propria tailor made therapy, una terapia sartoriale scelta in base ai sintomi e alla situazione medica del paziente.

Come viene trattata, in prima istanza, l’Ipertrofia prostatica benigna?

L’ipertrofia prostatica, come tutte le alte malattie, si approccia in una prima istanza a livello farmacologico. I farmaci disponibili sono di tre famiglie e dipendono chiaramente dal grado di severità della malattia. Si parte con i fitofarmaci, cioè farmaci di totale estrazione naturale che hanno un’azione antinfiammatoria molto blanda e che possono essere applicarti a pazienti con sintomi estremamente leggeri in particolare nella giovane età. Seguono i farmaci alfalitici, che vanno direttamente ad allentare la costrizione data dall’ingrossamento della prostata. Sono dei farmaci estremamente efficaci ma poco graditi dal paziente in quanto hanno lo spiacevole effetto collaterale di bloccare l’espulsione dello sperma durante l’orgasmo e questo è un qualcosa che molti uomini non gradiscono a prescindere dal miglioramento della condizione urinaria.

Infine, troviamo i farmaci antiandrogeni, che abbassano i livelli di testosterone: la prostata è testosterone dipendente e l’abbassamento dei suoi livelli ne provoca in qualche modo una minima diminuzione di volume.

Come è intuibile la diminuzione di testosterone ha degli effetti collaterali importanti, uno su tutti il calo della libido, anch’esso molto poco gradito dai pazienti.

Queste tre tipologie di farmaci vengono utilizzati non solo in sequenza a seconda della gravità dei sintomi, ma possono essere anche utilizzati insieme come terapia combinata in  pazienti dove l’ipertrofia prostatica si manifesta in maniera particolarmente severa.

Ovviamente non a tutti i pazienti funziona la terapia farmacologica: statisticamente parlando, su 100 pazienti, il 30% non trova una risoluzione con i farmaci e deve optare per un’alternativa chirurgica.

Quanti metodi chirurgici esistono e come vengono scelti?

I trattamenti non medici per gestire l’ipertrofia prostatica sono estremamente targettizzati su quello che è l’individuo.

Si dividono in terapia interstiziale e chirurgia resettiva.

I pazienti di oggi arrivano molto preparati alla visita con il medico e spesso suggeriscono la metodica con la quale vorrebbero essere operati: vogliono che tolga i sintomi urinari – quindi tutte le urgenze, le impossibilità di urinare, etc. –, che sia sicura, che porti ad una rapida ospedalizzazione e conseguente dimissione, e preferibilmente anche il mantenimento dell’eiaculazione.

Tutto questo non può essere fatto, ovviamente, prescindendo dalla condizione di partenza: ogni prostata ha la sua metodica di elezione ed è il chirurgo che sceglie il miglior cacciavite per quella vite.

In cosa consiste la terapia interstiziale?

Quando l’ipertrofia prostatica si presenta in pazienti con prostate non estremamente voluminose e molto intenzionati al mantenimento dell’eiaculazione, possono essere utilizzate le cosiddette terapie interstiziali, dove non si va a rimuovere del tessuto, ma si va ad inserire all’interno della prostata, chiamata adenoma, del calore, o con il vapore (Rezum) o con un laser (Echolaser o TPLA): lo shock termico provoca una retrazione del tessuto e quindi una diminuzione del volume della prostata.

L’intervento viene praticato in day-hospital, rimuovendo completamente la sintomatologia che per 5/6 anni non si ripresenterà.

Il giorno dopo l’intervento il paziente può riprendere le normali attività quotidiane.

Cos’è la chirurgia resettiva?

Quando la prostata è più voluminosa ed i sintomi sono più importanti, bisogna ricorrere a quelle che sono le metodiche chirurgiche resettive, dove il tessuto va asportato.

Queste si dividono in due grandi famiglie: l’ablazione con acqua – la metodica si chiama aquabeam ed è una tecnica robotica con cui si va ad asportare il tessuto in forma automatizzata attraverso un software che misura il tessuto da togliere e lo rimuove in forma automatica.

È una metodica particolarmente interessate perché oltre a rimuovere il tessuto, conserva l’eiaculazione.

Se invece i pazienti non sono particolarmente interessati all’eiaculazione ma hanno la necessità di procedere con una terapia resettiva, possiamo ricorrere ai laser.

Esistono tre tipi di laser: a olmio, chiamato HOLEP; laser a tullio, chiamato TULEP, laser a luce verde, chiamato GREEN LIGHT.

Queste metodiche hanno la capacità di andare a rimuovere il tessuto in maniera estremamente rapida. La differenza tra le metodiche resettive e quelle interstiziali è che nelle prime il paziente ha necessità di essere ricoverato da uno a tre giorni, cui seguiranno due giorni di convalescenza.

Cosa differenzia Villa Donatello dalle altre strutture sanitarie
nel trattamento dell’Ipertrofia prostatica benigna?

Villa Donatello è l’unica struttura in Italia dove sono presenti tutte le tecnologie esistenti per trattare l’ipertrofia prostatica benigna; inoltre qui è possibile trovare un team di chirurghi ed urologi esperti in ogni metodica per curare questa patologia, garantendo così massimi livelli di professionalità e consulenza.

In particolare ci tengo a citare i colleghi che lavorano direttamente insieme a me nel gruppo di lavoro associato che abbiamo costituito: Matteo Salvi, Francesco Sessa e Agostino Tuccio.

Ci sono pazienti che in base alla propria condizione devono essere trattati con una o con l’altra metodica: a Villa Donatello riusciamo a curare tutti i casi, nessuno viene mandato in qualche altra clinica né viene trattato con una metodica sbagliata, cosa che purtroppo può accadere quando in una struttura è disponibile una singola o doppia tecnologia.

Inoltre, Villa Donatello offre un percorso che accompagna il paziente dalla diagnosi alla completa guarigione in cui si intersecano diverse figure professionali ed è un percorso estremamente standardizzato che funziona.

Oltre agli aspetti che riguardano l’intervento chirurgico in sé, è importante sottolineare che l’inquadramento diagnostico pre-operatorio, fondamentale nel percorso che porterà alla guarigione, viene fatto con tecnologie all’avanguardia.

Da chi è composta l’equipe e come viene organizzato il lavoro?

A Villa Donatello abbiamo costituito l’equipe con un approccio moderno, inserendo le eccellenze di ogni singola metodica: si tratta dei migliori professionisti per il trattamento dell’ipertrofia prostatica a 360°; nel team siamo tutti intercambiabili sulle varie metodiche, ma ognuno di noi si è specializzato su una di queste.

Lavorando in equipe, siamo sempre presenti contestualmente in sala operatoria: abbiamo così la possibilità di intercambiarci e di consigliarci, anche fisicamente, sulla scelta della procedura prima di intervenire.

La multidisciplinarietà è ormai presente anche nella singola specializzazione proprio per la presenza di così tanta specificità, tecnologia, variabilità del paziente. È un approccio che per noi è vincente, dà la massima garanzia di soddisfazione per il paziente e in termini di sicurezza sicuramente è la miglior qualità che ad oggi possiamo offrire.


 

il fiocco blu dedicato ai pazienti di tumore alla prostata

Quali interventi mini-invasivi e non invasivi per il tumore alla prostata?

Quali interventi mini-invasivi e non invasivi
per il tumore alla prostata?

Il Sistema urinario: problemi e soluzioni – 12° parte

Il tumore alla prostata è uno dei più comuni tumori maligni riscontrabili tra i maschi in Europa.

In caso di tumore alla prostata le possibilità terapeutiche sono molteplici, spaziando dalle tradizionali tecniche radioterapiche e chirurgiche a cielo aperto, con ampia incisione addominale, sino alle più innovative tecniche mini-invasive e persino non invasive.

La terapia ottimale sarà valutata dallo specialista Urologo in base alle caratteristiche del singolo paziente e dello specifico stadio tumorale, adattandosi alle esigenze e preferenze del paziente.

Se da un lato le tradizionali tecniche chirurgiche invasive e radioterapiche hanno offerto per anni un valido strumento per la gestione della malattia e trovino ancora spazio in specifici casi, le importanti ripercussioni in termini di effetti avversi e complicanze, come emorragie, dolore postoperatorio, inestetismi, incontinenza urinaria e talvolta fecale e la disfunzioni sessuali, hanno rappresentato un importante limite operativo con conseguente impatto negativo sulla qualità di vita globale del paziente.

Recentemente, per far fronte al progressivo aumento dell’età media e del benessere psico-fisico della popolazione maschile, con la conseguente richiesta di minori effetti avversi che influenzino negativamente la qualità di vita del paziente, è aumentato l’interesse per le tecniche mini-invasive e non invasive. Queste, grazie a risultati oncologici sovrapponibili alle metodiche classiche, uniti a minori effetti avversi come la possibile preservazione della funzione sessuale (sexual sparing) e urinaria, minor sanguinamento e dolore postoperatorio, rappresentano le tecniche di scelta in particolare in pazienti giovani e in buona salute.

La tecnica robotica si è affermata come il metodo mini-invasivo nell’asportazione della prostata e degli eventuali linfonodi patologici associati in caso di tumore avanzato. Rappresenta il trattamento di eccellenza ed ha lo scopo di trattare totalmente e definitivamente il tumore prostatico negli stadi in cui il tumore non ha diffuso agli organi circostanti e viene eseguita mediante l’utilizzo del Robot da Vinci: il gold standard di chi sceglie questa tecnica mini-invasiva, con un ridotto tasso di complicanze ed effetti avversi oltre a minori tempi di degenza postoperatori e migliori risultati estetici.

Negli ultimi anni sono emerse altre modalità terapeutiche assolutamente non invasive nei pazienti con tumore prostatico clinicamente localizzato, che permettono sia il trattamento dell’intera ghiandola che quello focale del nodulo tumorale.

Tutte queste modalità sono state sviluppate come procedure minimamente o assolutamente non invasive con l’obiettivo di fornire una sicurezza oncologica equivalente ma una tossicità ridotta e migliori risultati funzionali.

Tra questi, i risultati più ottimali sono stati forniti dall’ultrasuono focalizzato ad alta intensità (HIFU), l’ablazione crioterapica della prostata (crioterapia) e la terapia fotodinamica focale.

Malgrado si stia parlando di recenti innovazioni, già molti dati scientifici sono disponibili e supportano l’uso di queste tecniche innovative che, pur essendo completamente non invasive, si sono dimostrate sicure ed efficaci in specifici casi selezionati.

Inoltre uno sviluppo ancora più recente è rappresentato dalla terapia ablativa focale grazie alla quale l’ablazione mirata alla lesione è intrapresa in modo preciso, risparmiando l’organo e preservando quindi totalmente a funzione fisiologica della ghiandola, pur controllando in maniera adeguata il tessuto patologico, come nel caso della innovativa terapia focale a ultrasuoni focalizzati ad alta intensità (HIFU).

Articolo a cura del Dott. Andrea Cocci e del Dott. Gianmartin Cito

 

una coppia mano nella mano seduta a pruna di una barca a vela

Come si preserva l’eiaculazione in caso di intervento per ipertrofia prostatica?

Come si preserva l’eiaculazione in caso di intervento
per ipertrofia prostatica?

Il Sistema urinario: problemi e soluzioni – 11° parte

Le tecniche enucleo-resettive tradizionali, aperte o mini invasive con ansa diatermica o laser, costituiscono il pilastro del trattamento chirurgico per l’ostruzione prostatica benigna sintomatica.

Anche se questi approcci hanno un’efficacia ben documentata per quanto riguarda il sollievo dei sintomi urinari, possono essere associati tuttavia a effetti collaterali sessuali rilevanti.

La disfunzione erettile e, più frequentemente, la disfunzione eiaculatoria sotto forma di eiaculazione retrograda sono disturbi post-operatori comuni con impatto negativo sulla qualità di vita del paziente.

In considerazione dell’aumento dell’età media e del benessere psico-fisico a 360 gradi della popolazione maschile, assume sempre maggior rilevanza la conservazione della funzione sessuale e quindi le alternative chirurgiche mini invasive sexual sparing stanno guadagnando popolarità. Preservare la funzione sessuale è infatti prioritario tra i pazienti che si sottopongono a interventi chirurgici prostatici, soprattutto per gli uomini più giovani.

Negli anni è stato riportato che le tradizionali resezioni e incisioni prostatiche (TURP e TUIP) sono associate a un tasso considerevole di eiaculazione retrograda fino al 65% e 18% rispettivamente, nonché a un tasso di deficit erettile del 6,5%, a prescindere dalla quantità di tessuto asportato.

Recenti studi randomizzati hanno confrontato l’enucleazione della prostata con laser a olmio (HoLEP) con la TURP e i tassi di eiaculazione retrograda sono risultati comparabili anche se l’enucleazione con laser ad Olmio sembra migliorare la funzione sessuale in un sottogruppo di pazienti.

Recentemente però sono state descritte modifiche che risparmiano la funzione eiaculatoria per la TURP, la HoLEP e la vaporizzazione. Da un punto di vista chirurgico, queste tecniche comportano il risparmio e la conservazione del tessuto in prossimità dei dotti eiaculatori prostatici con tassi di conservazione dell’eiaculazione fino al 85% per le tecniche di vaporizzazione, senza impattare negativamente sui risultati funzionali urinari.

Negli ultimi anni, per far fronte alla sempre maggior necessità di utilizzare tecniche sexual sparing, sono emerse molteplici alternative minimamente invasive che mirano a preservare la funzione sessuale e a migliorare i disturbi urinari, preservando quindi la qualità di vita maschile in toto. Tra queste l’ablazione a getto d’acqua robotica guidata dall’immagine della prostata (Aquablation) ha riportato miglioramenti rilevanti per quanto riguarda la conservazione della funzione sessuale.

La terapia di aquablazione è una procedura unica nel suo genere. È l’unica procedura, infatti, che utilizza un getto d’acqua senza calore controllato dalla tecnologia robotica per rimuovere il tessuto prostatico senza danno sui tessuti limitrofi in particolare alle strutture nervose e ghiandolari necessarie per la corretta funzione sessuale. Inoltre, è l’unica procedura che combina la visione endoscopica con l’imaging a ultrasuoni, con conseguente maggior precisione chirurgica. Il risultato è quindi preciso, coerente, prevedibile e a lungo termine, indipendentemente dalle dimensioni della prostata.

Negli studi clinici, gli uomini che si sono sottoposti alla terapia di Aquablation hanno avuto un tasso molto basso di complicazioni irreversibili come incontinenza, disfunzione eiaculatoria, disfunzione erettile, a fronte di un miglioramento efficace, sicuro e a lungo termine della funzione urinaria.

Articolo a cura del Dott. Andrea Cocci e del Dott. Gianmartin Cito

 

immagine simbolica di un uomo in acqua

Chirurgia non invasiva ad acqua per l’ipertrofia prostatica

Chirurgia non invasiva ad acqua per l’ipertrofia prostatica

Il Sistema urinario: problemi e soluzioni – 10° parte

Tra le tecniche mini invasive per il trattamento chirurgico dell’ipertrofia prostatica, la vaporizzazione ad acqua o AQUABLATION rappresenta un’innovazione unica nel suo genere essendo una metodica ablativa sexual sparing.

A differenza delle altre tecniche di enucleo-resezione prostatica tradizionali che sfruttano fonti energetiche con sviluppo di elevate temperature e possibile danno alle strutture nervose limitrofe alla ghiandola o sintomi irritativi flogistici post-procedurali, la tecnica AQUABLATION sfrutta la pressione generata da un getto d’acqua concentrato in una piccola area tissutale, per vaporizzare il tessuto prostatico patologico senza conseguenze termiche o meccaniche per i tessuti limitrofi. Di conseguenza le tradizionali manifestazioni transitorie di disuria, tipiche delle tecniche tradizionali, risultano ridotte, così come la degenza post-operatoria e il tempo di cateterizzazione.

Analogamente quindi, a differenza delle tecniche tradizionali gravate dalla permanente perdita dell’eiaculazione, l’assenza di un danno alle strutture limitrofe consente l’ablazione accurata dell’adenoma patologico responsabile dei sintomi urinari con una drastica riduzione del rischio di eiaculazione retrograda, migliorando quindi la qualità di vita e la salute maschile in ogni suo aspetto.

La terapia è erogata tramite il sistema AQUABEAM®, un complesso robotico interamente automatizzato di navigazione computerizzata che unisce l’acquisizione di immagini in tempo reale ecograficamente guidata con la visione endoscopica diretta, generando un getto d’acqua ad alta precisione. Questo permette di ridurre le possibili complicanze legate alla tecnica chirurgica e all’errore umano così come, in particolare, ridurre le tempistiche intraoperatorie fino a pochi minuti con conseguente minor rischio anestesiologico, permettendo di estendere l’indicazione chirurgica anche a quei pazienti che per motivi clinici non potrebbero sostenere lunghi tempi anestesiologici.

L’intervento si svolge in sala operatoria, in anestesia generale o spinale, ed ha una durata inferiore ai 60 minuti a seconda dello specifico caso. Nel periodo postoperatorio verrà posizionato un catetere vescicale che verrà poi successivamente rimosso e generalmente il ricovero prevede una notte di degenza.

Il significativo miglioramento dei sintomi urinari associato a una drastica riduzione degli effetti collaterali, dei tempi operatori e delle complicanze chirurgiche determinano il miglior impatto sulla qualità di vita globale del paziente e sono l’elemento di maggior interesse nello sviluppo di questa innovativa tecnologia.

La tecnica AQUABLATION risulta quindi efficace e sicura per i pazienti affetti da ipertrofia prostatica benigna che presentano sintomi urinari ingravescenti e interessati a ridurre gli effetti collaterali e preservare l’eiaculazione o in paziente che mal tollererebbero un’anestesia prolungata.

Articolo a cura del Dott. Andrea Cocci e del Dott. Gianmartin Cito

 

intervento chirurgico in una sala operatoria

Le medicine non bastano, come si cura l’ipertrofia prostatica?

Le medicine non bastano, come si cura l’ipertrofia prostatica?

Il Sistema urinario: problemi e soluzioni – 9° parte

Nei casi in cui i pazienti non dovessero rispondere o tollerare il trattamento farmacologico e nei casi in cui si dovessero sovrapporre complicanze legate all’ostruzione causata dell’ipertrofia prostatica, alcune delle quali tali da porre a rischio la vita del paziente, lo specialista potrebbe decidere di intraprendere la strada del trattamento chirurgico allo scopo di trattare in tempi brevi e in maniera completa e persistente l’ostruzione urinaria, risolvendo quindi la sintomatologia legata ad essa.

Attualmente esistono molteplici possibilità chirurgiche per il trattamento dell’ipertrofia prostatica, alcune più invasive di altre come l’adenomectomia prostatica transvescicale (ATV); altre meno invasive tramite una chirurgia endoscopica che sfrutta la fisiologica via transuretrale così da diminuire le complicanze legate ad un intervento tradizionale (approccio mini-invasivo).

Anche le fonti di energia utilizzate possono essere molteplici, spaziando dalle tradizionali anse diatermiche per la resezione prostatica fino ai più moderni laser (i più comuni dei quali sono Olmio, Tullio e Green) o le ultime tecnologie non invasive che sfruttano l’acqua (Aquablation).

Anche le tecniche sono molteplici, potendo spaziare da resezioni, incisioni, adenomectomie o enucleazioni, lifting prostatici e vaporizzazione.

In tutti i tipi di intervento, al termine della procedura, verrà posizionato un catetere vescicale. La differenza tra le tecniche comporta diversi periodi di cateterizzazione, tasso di complicanze, effetti avversi e qualità di vita postoperatori.

Per resezione o TURP, usualmente effettuata mediante anse diatermiche taglienti che sfruttano energia elettrica ad alta frequenza trasformata in calore, si intende l’asportazione in piccole fette della porzione ostruente prostatica attraverso l’uretra senza tagli addominali; si tratta quindi di un intervento mini-invasivo.

La degenza è solitamente inferiore alla settimana, così come il periodo di cateterizzazione.

La complicanza più frequente è quella emorragica e tra i principali disturbi postoperatori vi sono transitori disturbi infiammatori e la permanente mancanza di eiaculazione.

L’incisione prostatica transuretrale (TUIP) prevede invece l’utilizzo di un elettrodo simile a quello utilizzato per la resezione ma a forma di cuneo, capace di effettuare un’incisione a livello del collo vescicale senza asportazione tissutale, con conseguente migliore dinamica minzionale.

Pur presentando vantaggi in termini di durata operatoria, complicanze e degenza, è gravata da elevata incidenza di re-interventi non presentando effetti permanenti, e non è utilizzabile in presenza di grandi volumi prostatici.

In presenza di volumi prostatici maggiori o in presenza di peculiari caratteristiche cliniche del paziente e della patologia, lo specialista potrebbe optare invece per le tecniche enucleative (adenomectomia) in cui la ghiandola viene letteralmente ripulita dal proprio nucleo centrale ingrossato, responsabile dei sintomi urinari. Queste possono essere effettuate mediante approccio chirurgico classico aperto, quindi con incisione della parete addominale prima e della parete vescicale successivamente, o mediante tecniche endoscopiche mini-invasive che sfruttano l’uretra come via d’accesso e diverse fonti energetiche (ansa diatermica o laser).

L’approccio chirurgico aperto è gravato da maggior degenza chirurgica e maggiori complicanze intra e post-operatorie, con elevato tasso di trasfusioni; l’approccio mediante laser invece oltre a ridurre la degenza chirurgica e i disturbi postoperatori immediati e tardivi, comporta il vantaggio di un minor rischio di sanguinamento.

Entrambe le tecniche tuttavia sono gravate, come nel caso della TURP, da mancanza di eiaculazione postoperatoria.

Le tecniche di vaporizzazione prevedono la completa rimozione dell’adenoma prostatico con creazione di un tunnel mediante un approccio chirurgico mini-invasivo e a basso rischio di sanguinamento; sono quindi la tecnica di scelta nei pazienti che effettuano terapie anticoagulanti impossibilitati alla loro sospensione e nei pazienti interessati a un decorso postoperatorio più breve. Le fonti utilizzabili possono essere sia laser che le più recenti tecniche ad acqua.

Infatti, nei pazienti interessati ad un approccio mini-invasivo e alla preservazione dell’eiaculazione postoperatoria, o in paziente che mal tollererebbero un’anestesia prolungata, è infine disponibile la vaporizzazione ad acqua o AQUABLATION. La tecnica prevede un approccio totalmente automatizzato che sfrutta un sistema di navigazione computerizzato in cui lo strumento è guidato dall’immagine ecografica, con conseguente abbattimento dei tempi operatori, fino a pochi minuti.

La tecnica sfrutta un getto d’acqua ad alta pressione senza necessità di produrre le forti energie termiche delle altre tecniche enucleo-resettive, limitando quindi il possibile danno alle strutture nervose limitrofe e garantendo così oltre a minori tempi operatori, periodo di cateterizzazione e degenza chirurgica, anche una minor incidenza di disturbi urinari transitori postoperatori e l’eventuale preservazione dell’eiaculazione.

Articolo a cura del Dott. Andrea Cocci e del Dott. Gianmartin Cito

 

pillole mediche

Quali sono le terapie mediche per l’ipertrofia prostatica?

Quali sono le terapie mediche per l’ipertrofia prostatica?

Il Sistema urinario: problemi e soluzioni – 8° parte

Il trattamento farmacologico dell’ipertrofia prostatica ha come scopo quello di risolvere, interamente o parzialmente, i sintomi minzionali collegati all’ostruzione urinaria e, eventualmente, rallentare l’ingrossamento della ghiandola stessa.

Non tutti i farmaci disponibili sono però equivalenti nel meccanismo d’azione né scevri di eventuali effetti avversi. Sarà quindi compito dello specialista stabilire, caso per caso, il tipo di trattamento medico da adottare in base all’eventuale beneficio di una terapia farmacologica, le singole esigenze del paziente e le caratteristiche della malattia, potendo optare tra diverse molecole e diversi tipi di associazioni (monoterapie o terapie combinate).

Tra i farmaci disponibili gli antagonisti alfa-adrenergici (o alfa-litici), usati in monoterapia o in combinazione, agiscono a livello della muscolatura liscia del collo vescicale, stroma e capsula prostatici, causando un blocco nervoso adrenergico con conseguente riduzione delle resistenze uretrali.

Le molecole disponibili sono numerose, potendo agire in maniera sottotipo selettiva o non selettiva, long o short acting. L’effetto della terapia è solitamente immediato e la somministrazione quotidiana.

Tra le principali reazioni avverse si potrà avere:

calo pressorio o ipotensione ortostatica (maggiore con le molecole non selettive), palpitazioni ed eiaculazione retrograda o anche disturbi visivi, cause frequenti di scarsa adesione alla terapia.

Per i pazienti con ipertrofia prostatica di grado moderato o elevato vengono utilizzati, allo scopo di ridurre l’ingrossamento della ghiandola, gli inibitori della 5-alfa-reduttasi, enzima deputato alla conversione del testosterone in diidrotestosterone, il nutrimento della prostata.

La riduzione di tali valori ormonali comporta quindi una soppressione della crescita prostatica, carente del proprio nutrimento e cambiamenti a livello cellulare tali da ridurre fino al 20% la crescita della ghiandola.

Le molecole disponibili prevedono somministrazione giornaliera e il loro effetto può richiedere fino a 3 mesi per essere manifesto, motivo per cui possono essere usati in associazione ai farmaci alfa-litici.

Tra i principali effetti avversi, che colpiscono fino al 19% dei pazienti in monoterapia e fino a un quarto dei pazienti in terapia combinata, spesso mal tollerati, si ha:

  • calo della libido
  • deficit erettile
  • disturbi dell’eiaculazione e disturbi mammari, legati alla riduzione dei livelli testosteronici
  • meno comuni sono effetti metabolici e allergici

Altre molecole con un ruolo nel trattamento della sintomatologia dell’ipertrofia prostatica sono poi gli inibitori della fosfodiesterasi 5 (PDE5i) come il tadalafil, comunemente usato per i disturbi sessuali associati alle patologie prostatiche e farmaci anticolinergici e antagonisti beta-adrenergici, i quali agiscono nel ridurre i sintomi urinari come l’urgenza minzionale, aggravando però eventuali sintomi ostruttivi.

Entrambe le categorie di trattamento sono però specifiche di alcune manifestazioni cliniche e non andrebbero assunte, quindi, se non sotto attento controllo da parte dello specialista di fiducia.

Trattamenti alternativi come fitoterapici hanno dimostrato una certa efficacia nel trattamento dei sintomi urinari di modesta entità. Tra questi i più utilizzati sono a base di Sabal Serrulata (Serenoa), una pianta della famiglia delle Arecaceae con azione anti-androgena, anti-flogistica, anti-edemigena e anti-estrogenica. I trattamenti fitoterapici non sono tuttavia sostitutivi della terapia medica e, se pur privi di maggiori effetti avversi segnalati, la loro adozione andrebbe sempre valutata dallo specialista.

Articolo a cura del Dott. Andrea Cocci e del Dott. Gianmartin Cito

 

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